L'ANALISI
Studi delle Università di Pavia e Perugia
22 Agosto 2013 - 16:55
Una scena tratta dal film ''Balla coi lupi''
Grazie all’analisi del DNA, genetisti italiani dimostrano che almeno 4 migrazioni hanno portato al primo popolamento del Nuovo Mondo: gruppi distinti sono penetrati nel continente americano dalla Beringia, dall’Alaska e dalla Siberia. Si spiegano così le diversità linguistiche e culturali ancora oggi riscontrabile nei Nativi Americani.
In un articolo intitolato “Reconciling Migration Models to the Americas with the Variation of North American Native Mitogenomes” (http://www.pnas.org/site/highlights/highlights.xhtml - origin) che è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS-Proceeding National Academy of Science U.S.A. (http://www.pnas.org/), ricercatori delle Università di Pavia e Perugia gettano nuova luce sull’origine degli Indiani d’America e la loro estrema diversità linguistica e culturale dimostrando che i loro antenati arrivarono in Nord America in una serie di eventi migratori – almeno quattro - più numerosi e più scaglionati nel tempo di quanto finora ipotizzato. La prima di queste migrazioni fu di gran lunga la più rilevante e seguendo la costa del Pacifico, dalla Beringia in poche migliaia di anni raggiunse la parte meridionale del Sud America. Le altre non si spinsero così a Sud, ma ebbero un ruolo rilevante nella formazione del patrimonio genetico di una serie di popolazioni della parte settentrionale del Nord America, in particolare degli Algonchini, dei Na-Dene e degli Eschimesi.
Negli ultimi dieci anni si è risvegliato l’interesse per lo studio dell’origine delle popolazioni umane, in particolare dei Nativi Americani. Il popolamento iniziale del Nord America a partire dall’Asia nord-orientale cominciò approssimativamente 15-18 mila anni fa, nonostante le stime temporali basate sulla diversità genetica dei primi abitanti rimangano in parte controverse. I primi uomini arrivarono in Nord America dall’Asia attraverso un corridoio di terra chiamato Beringia, che connetteva la Siberia orientale e l’Alaska. Grazie a questo nuovo studio genetico si è compreso che il numero di ondate migratorie giunte in America, talvolta anche seguendo rotte diverse, è maggiore di quanto finora ipotizzato. Questi diversi flussi migratori aiutano a spiegare la grande diversità linguistico-culturale dei Nativi del Nord America.
In questo lavoro, un gruppo di ricerca coordinato dai Professori Alessandro Achilli (Università di Perugia) e Antonio Torroni (Università di Pavia) che coinvolge anche alcuni ricercatori statunitensi e canadesi, ha svolto analisi dettagliate su alcune particolare linee del genoma mitocondriale finora scarsamente studiate. Grazie alle caratteristiche di eredità uniche di questo genoma, che viene trasmesso per sola via materna, si è compreso che oltre alla ormai ben nota espansione dalla Beringia lungo la costa del Pacifico, in concomitanza o poco dopo, un secondo gruppo umano, sempre dalla Beringia, sarebbe penetrato nel Nord America attraverso il corridoio di terra che, a seguito del miglioramento delle condizioni climatiche, andava aprendosi ad est delle Montagne Rocciose tra i ghiacciai canadesi.
“Questa seconda ondata migratoria”, dice Alessandro Achilli dell'Università di Perugia, "ebbe un'espansione geografica molto più limitata e un ruolo genetico importante solo nella formazione di una serie di popolazioni native dell'Alaska, del Canada e degli Stati Uniti settentrionali, in particolare degli Algonchini e dei Na-Dene".
“Circa 5 mila anni fa”, aggiunge Antonio Torroni dell'Università di Pavia, "ci fu una terza espansione, in questo caso dall'Alaska, che contribui alla formazione degli Eschimesi e, mescolandosi con i discendenti delle due migrazioni precedenti, a modificare ulteriormente il patrimonio genetico dei Na-Dene". Infine, commenta Achilli, "altri flussi migratori ancor più recenti provenienti dall'estremità orientale della Siberia portarono ulteriori linee mitocondriali tra gli Eschimesi moderni".
Gli studiosi ritengono che il numero di genomi mitocondriali trasmigrati dall’Asia al Nord America possa in realtà essere ancora più elevato. “Ulteriori linee materne oggi sconosciute saranno identificate nei prossimi tre o quattro anni, quando l’approccio metodologico che noi abbiamo impiegato in questo studio sarà applicato sistematicamente”, dice Torroni. Solo in questo modo sarà possibile descrivere con precisione gli scenari migratori che portarono al popolamento delle Americhe e alla diversità linguistica e culturale ancora oggi riscontrabile nei Nativi Americani.
I ricercatori coinvolti nello studio provengono dall'Università di Pavia, l'Università di Perugia, la Sorenson Molecular Genealogy Foundation (Salt Lake City), University of Illinois Urbana-Champaign, Florida International University, Université de Montréal e Canadian Museum of Civilization, Gatineau, Quebec.
Questa ricerca è stata finanziata dalla Sorenson Molecular Genealogy Foundation, dalla National Science Foundation e dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (MIUR): Progetti Futuro in Ricerca 2008 e Progetti Ricerca Interesse Nazionale 2009.
BOX DI APPROFONDIMENTO
Il genoma mitocondriale: una prospettiva al femminile dell’evoluzione umana
Nella cellula umana quasi tutti i geni (circa 25.000) sono confinati nel nucleo in duplice copia e sono trasmessi in parti uguali dai genitori secondo le leggi di Mendel. I 37 geni del genoma mitocondriale (DNA mitocondriale = mtDNA) si trovano, invece, nei mitocondri, organizzati in una piccola molecola di DNA circolare (lunga circa 17.000 coppie di basi). Questa molecola è presente in ogni cellula in centinaia o migliaia di copie ed è trasmessa esclusivamente dalla madre. Il DNA mitocondriale umano è inoltre caratterizzato da un più elevato tasso evolutivo che è 10 – 20 volte quello dei geni del nucleo. Perciò, la sua variazione di sequenza si è generata lungo linee di radiazione materna esclusivamente per l’accumulo sequenziale di nuove mutazioni. Questo significa che l’mtDNA umano è un archivio molecolare della storia e delle migrazioni delle donne che lo hanno trasmesso alle generazioni successive. Poiché questo processo di differenziazione molecolare è relativamente veloce e ha avuto luogo principalmente durante e dopo il recente processo di colonizzazione e diffusione dell’Uomo moderno in diverse regioni e continenti, i diversi rami (aplogruppi) dell’albero evolutivo mitocondriale tendono a essere circoscritti a differenti aree geografiche e a differenti popolazioni umane. Quindi studiando quante e quali mutazioni caratterizzano un individuo si può risalire alla storia genetica dei suoi antenati femminili: il numero di mutazioni che separano due individui è indice della distanza temporale che li separa dall’antenata comune, mentre l’analisi degli aplogruppi permette di ricostruire gli spostamenti antichi dell’Uomo, o meglio delle Donne, attraverso i continenti e le varie regioni del mondo.
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