I Nomadi nella formazione attuale con Daniele Campani, Cristiano Turato, Beppe Carletti, Cico Falzone, Sergio Reggioli e Massimo Vecchi
Genere
dal03.05.2013 - 00:00
al03.05.2013 - 00:00
Cremona - Libreria ‘Giunti al Punto’ c/o centro commerciale Cremona Po, ore 18
CREMONA — Ci sono alcune considerazioni difficili da mettere in discussione. Ci si può provare, ma spesso, alla fine, ci si ritrova con le ossa rotte e si torna sui propri passi con quella punta di saggezza che suggerisce la condivisione o meno della tesi, ma non la sua negazione. Come quella che ritiene i Nomadi un mito della musica italiana e Beppe Carletti l’inossidabile timoniere di un’avventura che dura da cinquant’anni. Un gruppo capace di unire le generazioni, capace di partire dai locali della Bassa Padana per arrivare alle classifiche nazionali, fare concerti in tutto il mondo e far entrare le proprie canzoni nella vita quotidiana delle persone. Tutto questo è concentrato nelle 191 pagine del libro Io vagabondo, 50 anni di vita con i Nomadi scritto da Carletti, fondatore e tastierista della band, uscito nelle librerie a febbraio e che venerdì 3 maggio alle 18 l’autore presenterà alla libreria ‘Giunti al Punto’ al centro commerciale Cremona Po. Non solo una lunga catena di avvenimenti, ma uno stile di vita che hanno condiviso più generazioni, soprattutto della Bassa Padana, fatto di un’infanzia semplice, ma serena, e da una vita passata negli anni ’50 e ’60 tra lavoro e balere, tra amori e amicizie, tra passioni e speranze. Uno stile di vita ancora vivo, perché lo si sente raccontare al bar del paese da quei ragazzi quando si incontrano per il ‘bianco’ o per la partita a briscola e magari travolti dalla modernità e dal tempo che passa, trovano in questi ricordi una base culturale comune in quanto esperienza di vita vissuta da tutti e condivisa da tutti.
Come le è venuta l’idea di scrivere questo libro? «Sono stato stimolato — dice Carletti — dall’amico giornalista Andrea Morandi a cui l’ho dettato. Ho semplicemente raccontato la mia storia. Credo sia bello, non banale, perché sono veramente così. Ho suonato e girato il mondo per cinquant’anni e ai più giovani potrà sembrare una fiaba, ma è il racconto di un vita vissuta. Siamo un gruppo longevo, secondo per durata solo aiRolling Stones, sono contento di quello che ho fatto e l’entusiasmo non mi ha mai abbandonato».
Tanti concerti, tanti viaggi e tante persone incontrate, come Richie Havens recentemente scomparso. «Ho visto Havens al cinema nel film su Woodstock e sono rimasto incantato dalla sua Freedom e dopo tanti anni a Praga ho condiviso il palco con lui. Quando penso a lui che canta Freedom mi viene ancora la pelle d’oca. Veramente un artista unico, di gente così non ne nasce più. Fa parte della storia della musica». Lei ha incontrato anche il Dalai Lama, che emozioni ha provato? «Fortissime e incredibili. Ci siamo incontrati nel sud dell’India dove abita. Dicono che trasmette una grande energia alle persone che gli stanno vicino. Io l’ho provato ed è vero. Sono stato seduto accanto a lui per un’ora a gambe incrociate e quando mi sono alzato mi sono sentito invaso da un’energia positiva che non avevo mai provato. Mi sembrava di camminare sollevato da terra. Può essere suggestione o qualcosa d’altro, ma a me è successo». Che eredità ha lasciato Augusto Daolio? «Un’eredità che non avrei mai voluto avere con un ultimo regalo: un fardello pieno di vita e di musica. Un cammino fatto insieme, un compagno sul palco e nella vita quotidiana che a me non sembra nemmeno morto. Lo sento vicino e sento che è d’accordo con tutte le decisioni che ho preso da 21 anni a questa parte. A volte penso ‘Mi odierà’ perché ho viaggiato molto e ad Augusto viaggiare piaceva molto. E’ banale, ma è la verità».
A proposito di scelte, rifarebbe tutto quello che ha fatto?
«Sì, rifarei tutto, errori compresi, perché dagli errori si può solo imparare. E poi sbagliare è umano. Ho fatto anche tante cose belle e inaspettate come il concerto per la mia terra ferita dal terremoto. Non avrei mai immaginato di dover organizzare una cosa del genere e pensavo di non riuscirci, ma alla fine ce l’ho fatta». La solidarietà è un altro tema molto caro ai Nomadi. «Sì, ce n’è sempre bisogno, oggi più di prima, perché ne abbiamo bisogno anche noi. Dobbiamo far in modo che le cose vadano meglio. I cinquant’anni con i Nomadi sono stati spesi bene e sono un essere umano che ha avuto la grande fortuna di trasformare la mia passione in un lavoro. La musica mi ha dato tanto e devo ringraziare Dio per questo». Un messaggio recepito anche dai fan come avviene ai vostri raduni nazionali. Il 18 maggio sarete a Casalromano.