L'ANALISI
13 Novembre 2020 - 07:00
La motivazione
«Il Lions Club Cremona ha deliberato di assegnare il “Premio Sant'Omobono 1963” all'Istituto Maria Ausiliatrice fondato in Cremona nel 1913 col nome di “Piccole derelitte” dal venerato sacerdote don Emanuele Rossi preoccupato di salvare le giovani bisognose non solo di affetto domestico, ma altresì di morale sostegno.
«Per cinquant’anni, tra incomprensioni e sacrifici d'ogni genere, quest'opera cremonese, peregrinando da via Gonzaga a via Colletta, da via Robolotti a via Milazzo, sino a via Ruggero Manna, ha saputo riscattare tante giovani vite ed altresì, con la raccolta delle bimbe orfane ed abbandonate, ridare il sorriso a tante piccole esistenze, superando grazie alle valorose suore Adoratrici i drammi della guerra e del dopo-guerra con una così alta e nobile dedizione da ben meritare oggi l'encomio pubblico della città di Sant'Ombono».
«Essere solidali con il prossimo mediante l'aiuto ai deboli, i soccorsi ai bisognosi, la simpatia per i sofferenti». Questo comma del «Codice d’onore» dei Lions Clubs è stato, sin dall’inizio della fondazione del Club a Cremona, tenuto presente dai soci del benemerito sodalizio: la nascita del «Premio Sant’Omobono» ha infatti voluto significare sin dal 1957, la testimonianza di una solidarietà concreta verso enti ed istituti di maggior merito nel campo assistenziale.
Il Premio del Lions Club è stato infatti ideato come «il simbolo della fraterna presenza del Club nei casi di particolare bisogno della comunità cremonese». Come dice il bando del Premio, questo «è intitolato al Patrono della città, a colui cioè che nel dodicesimo secolo seppe così meravigliosamente rappresentare la carità cristiana propria della classe mercantilistica cremonese». Un Premio, dunque di civica solidarietà che è anche una segnalazione per sollecitare la generosità dei cittadini nell'opera di aiuto per tante imprese di bene troppo sovente povere e prive di mezzi adeguati.
Molta acqua è passata sotto i ponti da quando don Emanuela Rossi, assistente spirituale dell'ospedale, studiò la maniera di salvare e di redimere le giovani l'esistenza delle quali non era certo un modello di virtù: ideando appunto la realizzazione di una casa famiglia presso la quale avessero a trovare comprensione e affetto. O dal primitivo trasloco da via Robolotti a via Milazzo e da qui — al tempo della prima guerra mondiale — all’attuale sede di via Manna.
Da allora molti eventi sono trascorsi, e non certo tutti lieti: ma un'opera buona come questa non poteva perire. La difficoltà più grande è sempre stata quella di sbarcare il lunario con cento centoventi bocche da sfamare, alcune delle quali dotate da madre natura di invidiabile appetito. È dal '14 che alle derelitte come venivano chiamate queste giovani sbandate, si sono aggiunte le bimbe bisognose di tutto, la maggior parte in tenerissima età: molte di esse orfane o misconosciute da genitori tali divenuti, a loro dire, per errore di calcolo. Bocche da sfamare e piccoli cuori bisognosi d’amore: innocenze da preservare, nutrire, un compito impossibile ad assolversi se non sentito e vissuto come missione.
E le buone suore Adoratrici a questa missione dedicano le energie migliori della loro esistenza e provvedono a fare di loro delle donne complete e responsabili. Ci siamo accorti che all’istituto Maria Ausiliatrice una giusta severità di vita si accompagna a una apertura mentale che sia al passo con i tempi. Le ragazze più grandi studiano, frequentano la scuola interna di taglio e di cucito (e provvedono così al loro guardaroba personale, che conta capi di gusto e fattura deliziosi), ma guardano la televisione — per quei che si può vedere — e leggono, poniamo, «Annabella» . È cura delle brave suore di inserire le ragazze, fatte donne, nella vita di oggi evitando loro ogni disorientamento e ogni trauma psicologico; quali potrebbero determinarsi se alle ospiti dell'Istituto venisse imposto un modus vivendi di spirito e di impronta monastici.
I risultati sono buoni, nettamente migliori di quelli ottenuti con i vecchi sistemi pedagogici. Tra qualche mese, come abbiam detto sarà funzionante la nuova sede di via Sesto: vorrà dire (se non più agi) più agio per tutti, più spazio, più sole. E i sonni nella madre superiora saranno ancora per un po’ di tempo difficili, perchè vorrà anche dire maggiori esigenze e maggiori bisogni. Ma la fiducia nella Provvidenza è almeno pari alla fiducia negli uomini.
Cremona che ha teso la mano ai bisognosi dell’Alto Piave non mancherà di tenderla anche a questa opera d'amore, ne siamo certi. Bene ha fatto il Lions Club Cremona a premiare le «Piccole Derelitte», 50 anni dopo la fondazione della prima Casa.
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