L'ANALISI
11 febbraio 1986
11 Febbraio 2019 - 07:00
Assassinato l'ex sindaco di Firenze Lando Conti
L'esponente del PRI stava recandosi in consiglio comunale
FIRENZE, 10. — L'ex sindaco repubblicano di Firenze, Landò Conti, di 52 anni, è stato ucciso oggi pomeriggio con numerosi colpi d'arma da fuoco calibro 7,65 in un agguato avvenuto alla periferia mentre si recava in consiglio comunale. L'attentato è stato rivendicato dalle Brigate Rosse con una copia di una loro «risoluzione strategica» (la n. 20) abbandonata vicino alla «Opel Corsa» dove si trovava la vittima, e, successivamente, con una telefonata fatta alla redazione milanese del quotidiano «La Repubblica».
Secondo la prima ricostruzione degli inquirenti l'auto nella quale Lando Conti viaggiava da solo è stata affiancata da una «Fiat Uno» di colore rosso, da bordo della quale sono stati sparati 15 o 16 colpi con una o più armi (potrebbero essere pistole ma anche mitra). L'ex sindaco di Firenze è morto all'istante, lasciando la moglie e 4 figli.
Gli assassini sono fuggiti gettando chiodi sulla strada per ostacolare un eventuale inseguimento. «L'ipotesi di un attentato delle Brigate Rosse —ha detto il procuratore aggiunto della Repubblica Bellitto — sembra la più attendibile ». Il consiglio comunale ed i lavori della giunta regionale che erano in corso sono stati sospesi in segno di lutto. Per domani è già stato promosso il solito sciopero cittadino con manifestazione contro il terrorismo. Lando Conti, sposato e padre di quattro figli, era titolare di una concessionaria della «General Motors» e possedeva tra l'altro una piccola partecipazione azionaria della SMA (segnalazioni marittime aeree), una società che costruisce radar ed apparecchiature elettroniche militari.
Presidente nazionale dell'associazione cooperative (AGCI) e consigliere nazionale dell'ANCI, era considerato molto vicino al ministro Spadolini.
Nella scorsa legislatura era stato sindaco di Firenze, a capo di una giunta DC, PSI, PSDI, PRI e PLI succedendo allo scomparso Alessandro Bonsanti, anch'egli repubblicano. Attualmente era segretario provinciale del partito e consigliere comunale.
L'agguato, secondo una prima ricostruzione fatta da Digos e carabinieri, è avvenuto tra le 17,15 e le 17,30 in via Togliatti, alla periferia Nord. Si tratta di una strada che scende dalle colline, costeggiando il torrente Mugnone, che Conti percorreva abitualmente per andare e venire da casa, situata in località Olmo.
Iniziato il processo alla mafia
Palermo e la Sicilia attendono giustizia
Un centinaio erano i mafiosi ammanettati che erano presenti nell'aula bunker dell'Ucciardone - Luciano Liggio ha revocato la fiducia ai suoi legali - L'udienza dedicata per la maggior parte all'elenco degli imputati e alla nomina dei difensori
PALERMO, 10. — Il processo del secolo alla mafia è iniziato stamane nell'aula bunker dell’Ucciardone di Palermo. Un avvenimento contrassegnato da una attesa spasmodica e non privo di alcuni colpi di scena come l'improvviso «dietro front» dell'unico pentito presente in aula, Salvatore Di Marco. Già alle prime luci dell'alba, sotto una pioggia insistente, si era formata una lunga fila davanti ai cancelli di ingresso. Oltre 300 fra giornalisti, fotografi e cineoperatori provenienti da tutto il mondo. Rigidissimi i controlli per poter accedere all'interno dell'aula - bunker. Agenti in assetto da guerra invitano ad esibire i «pass» del tribunale. Un secondo «filtro» è davanti ai cancelli dell'aula controllati da un imponente servizio di sicurezza composto da oltre 500 uomini tra polizia, carabinieri e guardie di finanza. L'ultima barriera prima di entrare all'interno dell'enorme emiciclo è costituita da un vetro blindato. Dopo avere consegnato un documento di riconoscimento il possessore viene fotografato e «schedato».
In aula i primi imputati — quelli presenti in tutto sono un centinaio — fanno il loro ingresso alle 8. Tra i nomi di spicco Luciano Liggio, il boss di Corleone indicato da Tommaso Buscetta come il vero «cervello» di cosa nostra e Pippo Calò, il cassiere della mafia che vantava solidi legami con Licio Gelli.
Alle 9 fanno il loro ingresso in aula — sottolineato da un brusio — i tre figli di Carlo Alberto Dalla Chiesa, Nando, Rita e Simona, con loro anche il fratello del generale, Romolo. Subito dopo entra anche la madre di Emanuela Setti Carrara, la moglie del generale Dalla Chiesa uccisa con lui nell'agguato di via Isidoro Carini. In aula anche altri parenti di vittime della mafia come la moglie del commissario, Boris Giuliano e del professore Giaccone. Presente anche il sindaco di Palermo Leoluca Orlando per la costituzione di parte civile del comune. Alle 9,40 in punto fa il suo ingresso nell'aula la Corte. II presidente Alfonso Giordano, il giudice a latere Pietro Grasso, ed i giudici popolari, tre uomini e tre donne, sui quali è stato mantenuto il più stretto riserbo. Nemmeno ai fotografi è stato consentito di riprenderli.
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