Signor direttore, da anni ormai quando si sente parlare di scuola si sente parlare di tagli. Tagli del personale, tagli degli stipendi, tagli degli scatti di anzianità, tagli dell’indennità di vacanza contrattuale, tagli di presidenze, tagli del fondo di istituto, tagli per le spese correnti... Gli unici aumenti sono quelli del numero di alunni per classe, che rendono invivibile e ingestibile l’ambiente scolastico a tutto danno dell’istruzione e della sicurezza. L’istruzione è solo un territorio dal quale saccheggiare fondi, per utilizzarli magari per acquistare auto blu o peggio ancora cacciabombardieri da utilizzare per andare a giocare a soldatini di piombo in giro per il mondo, dove nessuno ci vuole. La legge sull’autonomia scolastica ha ridotto l’istruzione al livello di un mercatino delle pulci. Perchè oggi le scuole sono come i supermercati; gli unici fondi che hanno per poter sopravvivere (a stento) sono quelli che pagano le famiglie degli studenti con il famoso contributo ‘volontario’. Senza questi soldi le scuole chiuderebbero. Ecco allora che lo studente si trasforma in cliente, da trattenere a tutti i costi. Anche a costo di regalargli il 6 in pagella, come voto minino, con la conseguenza che gli scrutini di fine anno si trasformano in una corsa a chi alza di più, senza pudore, senza rispetto per la professionalità dei docenti. Il risultato è quello che tra pochi anni avremo una popolazione di diplomati senza effettive capacità e questo ci renderà ancor meno competitivi di quanto non siamo ora. La scuola italiana va a rotoli e con essa il Paese. Ma di questo, a nessuno dei governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni pare importare qualcosa. Il risultato? Insegnanti ridotti alla fame, per la maggior parte sempre più delusi e depressi, e studenti sempre meno preparati. Fino a quando potrà durare? B. S. (Cremona) Ha descritto una situazione purtroppo reale e — come lei osserva — si protrae da troppo tempo. La soluzione è tutta politica; l’autonomia scolastica poteva essere un’occasione di responsabilità per dirigenti e docenti ma è non sempre è stata bene interpretata. E’ anche vero che alcune ‘isole felici’ esistono ancora, almeno dalle nostre parti. Soprattutto grazie all’impegno dei singoli docenti.