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C’è più giustizia con la matematica

Malvaldi dai Delitti del BarLume alle storie di processi veri sulle orme di E. A. Poe

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

17 Settembre 2025 - 05:15

CREMONA - Ne ‘La mia ora di libertà’, canzone finale di ‘Storia di un impiegato', Fabrizio De André fa dire al suo protagonista, vittima di un errore dei giudici, «Se fossi stato al vostro posto… Ma al vostro posto non ci so stare». Più di cento anni prima, il grande scrittore e giornalista Edgar Allan Poe, si era convinto di poterci stare al loro posto, riscrivendo completamente la narrazione di un omicidio avvenuto a New York affidando l’indagine al suo alter ego letterario Auguste Dupin. Lo fece sulla base di un rivoluzionario ragionamento logico deduttivo e impiegando la teoria delle probabilità.

CODICI POCO SEGRETI

Poe era un mago nel calcolo delle frequenze, non era per niente digiuno di statistica. Aveva scommesso con i lettori dell’Alexander Magazine che sarebbe riuscito a decifrare qualsiasi codice segreto gli avessero mandato. Arrivarono 36 lettere, ne decifrò 30 e riuscì a dimostrare che altre quattro in realtà erano una accozzaglia di parole scritte a caso. Marco Malvaldi, prolifico giallista creatore della fortunatissima serie dei Delitti del BarLume, prende in prestito dal cantautore poeta genovese un suo verso e analizza il lavoro dello scrittore americano nel suo romanzo-saggio ‘Se fossi stato al vostro posto’ che ha come sottotitolo il significativo ‘ragionevole dubbio e matematiche risoluzioni’.

NUMERI E CONSAPEVOLEZZA

Seguendo le intuizioni di Poe mostra come narrazione e calcolo statistico possano intrecciarsi per affrontare una delle decisioni più difficili, cioè stabilire la colpevolezza o l’innocenza davanti alla legge di un imputato. Ne parla con Paolo Gualandris nella videointervista ‘Tre minuti un libro’. Chimico per laurea, cantante lirico per passione, matematico per inclinazione, Malvaldi non è nuovo a incursioni extra-gialliste, che compie con prosa leggera ancorché rigorosa nei contenuti e la giusta dose di ironia, ingredienti che rendono godibili anche materie ostiche come questa. Viene da chiedersi, e chiedergli, se davvero la matematica può dare un senso al mondo e la statistica contribuisce ad aiutare le coscienze a prendere della consapevolezza.

DIVERSITÀ SPESSO INVISIBILI

«La statistica non è sicuramente un modo perfetto per capire il mondo ma - assicura - è in questo momento il modo migliore che abbiamo. Siamo 8 miliardi di persone e siamo diversi l’uno dall’altro. Quindi dobbiamo cercare in qualche modo di capire quali sono le caratteristiche che ci accomunano e quelle che ci rendono diversi. Tutti noi abbiamo due braccia, due gambe, un cuore e ci piacciono determinate cose. Le diversità molto spesso sono invisibili, annidate nel nostro codice genetico, nella nostra crescita culturale».

PERCENTUALI INSUFFICIENTI

Come fare a capire quali sono i dati importanti? «Potremmo fare due cose - spiega Malvaldi -: esperimenti sull’essere umano oppure usare la statistica. Spero che siamo tutti d’accordo sul fatto che la prima ipotesi è assolutamente deprecabile. Quindi si usa la statistica per capire a come siamo fatti, cosa funziona e cosa no, quali sono gli sbagli che compiamo maggiormente. Tutti dati non facili né da raccogliere né da leggere. E qui c’è un mito da sfatare. Molto spesso si pensa che la statistica sia solo un gioco di percentuali e che una volta data un’occhiata ai dati, si è capito tutto. Non è così. Una qualsiasi percentuale relativa a una popolazione non ha significato se non conosco come è stata raccolta, quali gruppi comprende. È solo l’inizio della storia che non porta da nessuna parte».

Tornando a questo libro, la premessa è che ogni decisione parte da una narrazione dei fatti: un resoconto, quasi sempre in più versioni, che può contenere errori, omissioni, dimenticanze o contraddizioni. Non di rado, nell’ascoltare il testimone di un crimine, gli investigatori lo interrogano ‘al contrario’, chiedendogli cioè di ricostruire la storia a ritroso: in questo modo, le incongruenze delle storie inventate emergono con maggior facilità. È quello che fa anche Poe nel 1842: rilegge gli atti e i resoconti dei giornali riguardo all’assassinio di Mary Cecilia Rogers, con l’intenzione di indicare il possibile assassino. Malvaldi, seguendone le intuizioni e in un continuo alternarsi di esempi e paradossi che hanno soprattutto a vedere con investigazioni, processi e sentenze, arriva a far comprendere perché due linguaggi tanto diversi siano entrambi indispensabili per confrontare tra loro le molteplici versioni di una storia, valutare l’attendibilità delle prove e, in base a queste, prendere una decisione. Dal caso base di Mary Cecilia Rogers si ‘vola’ sul processo per omicidio contro O.J. Simpson, passando per il lavoro di maestri del thriller come Michael Connelly e Agatha Christye, o il calcolo probabilistico (rivelatosi straordinariamente corretto) di Enrico Fermi sugli accordatori di pianoforte a Roma.

SORRPESA FINALE

Alla fine, tra mille altri gustosissimi casi risolti (o ‘toppati’, ci sono anche quelli, con dovizia di particolari) con la matematica, si scoprirà tra l’altro che i motivi per cui Poe ha scritto ‘Il mistero di Marie Rogêt’ non erano esattamente quelli che sembravano. Ma qui è meglio non dirli per non rovinare la sorpresa al lettore.

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