L'ANALISI
09 Novembre 2022 - 05:25
CREMONA - «Mi interessava sovvertire il luogo comune secondo cui un lettore forte è per forza di cose una brava persona. Nel 99,9% dei casi probabilmente lo è, però c’è quello 0,1% che invece la prende in un altro modo». Insomma, i libri possono anche essere pericolosi se maneggiati malamente. Con il suo nuovo romanzo «Taddeo in rivolta», Stefano Amato, che tra i libri ci ha passato tutta la sua vita, lancia una provocazione. Ne parla con Paolo Gualandris nella videointervista per la rubrica «Tre minuti un libro» online da oggi su www.laprovinciacr.it.
Taddeo, il protagonista, è grasso, introverso, il suo autore preferito è Camus e a Cirasa, paese della Sicilia più profonda, si sente solo contro tutti, perché ignoranza, prepotenza e sciatteria regnano sovrani. A 32 anni, è quasi tentato di farla finita. Una sera, mentre cena in una piazza con la madre poliziotta, assiste all’ennesima scena di violenza. Un energumeno prende a pugni in faccia un ragazzino inerme, colpevole, ai suoi occhi, di essere omosessuale. Il bullo è ben noto alle Forze dell’ordine: si chiama Gioacchino Spagna, entra ed esce di galera, ma di fatto viene lasciato libero di spadroneggiare per la città. È per colpa di gente come lui che il mondo cola a picco, Taddeo ne è convinto. D’un tratto, non sopporta più l’idea che nessuno lo fermi. E allora dice basta, riprende in mano la sua vita e progetta il delitto perfetto.
All’interno di un gruppo di famiglia divisa (il padre, separato, è un avvocato con il pelo sullo stomaco), si trasforma da professore infelice in giustiziere. Felice giustiziere. «Succede tutto in una notte - racconta Amato -. Taddeo si trova al minimo storico per quanto riguarda la sua salute mentale, emotiva, si trova a un bivio, deve decidere se lasciare perdere tutto perché la sua depressione è arrivata al massimo, oppure se reagire. Tutto quello che gli serve è uno scopo, sa di averne bisogno. E lo trova. Le istituzioni di cui fa parte anche sua madre non riescono a debellare la mina vagante rappresentata dal bullo e quella notte è la sua epifania». E, come detto, in questo suo percorso è etero-guidato dai libri dei quali si nutre compulsivamente, che diventano per lui una guida negativa.
«Con questo libro volevo cambiare un po’ quanto avevo illustrato nel romanzo precedente, Stupidistan, nel quale al contrario i libri rappresentavano la salvezza». Il suo slogan è diventato una frase che ha letto: «Viviamo in un mondo assurdo, un mondo talmente assurdo che l’unico modo per viverci e comportarsi in maniera assurda». Lui prende questa lezione per il verso sbagliato. «Effettivamente Taddeo prende spunto dalla lettura di Albert Camus che vedeva in realtà nell’assurdo qualcosa di salvifico per l’uomo, come spiega la frase con la quale chiude il Mito di Sisifo: dobbiamo immaginarlo felice».
Il suo cambiamento determinato dalla lettura distorta dei libri lo porta a essere un uomo nuovo, da fallito che era a sicuro di sé a curarci fisicamente, diventa perfino attraente per le donne. Quindi il male che attira. «Qui ho scherzato un po’ col fuoco - ammette Amato -. Diciamo perché mi interessava molto creare una sorta di di vertigine nel lettore. Magari all’inizio è spinto a identificarsi con Taddeo, però più va avanti la storia più ne prende le distanze. Questo è comunque uno dei temi del romanzo: qual è il confine tra giusto e sbagliato? È lecito fare il male per sconfiggere un altro male apparentemente incurabile? Taddeo capisce presto di aver avuto una buona idea perché solo grazie ad essa, piano piano, esce da quel pantano emotivo in cui si trova. Ogni racconto che si rispetti vede i protagonisti cambiare nell’arco della storia».
Anche questo romanzo, però, in fondo è un inno alla lettura. «Ho sempre avuto a che fare con i libri. Prima dal lettore, ora da autore; come libraio li ho venduti e promossi per 10 anni. Quello della conoscenza è uno dei temi che mi stanno più a cuore anche perché, nonostante Taddeo, credo ancora nel loro potere salvifico. Mi piange il cuore vedere che il libro sta passando piano piano in secondo piano della scala gerarchica dei prodotti di intrattenimento». Diciamo che la filosofia giusta è quella della protagonista di Stupidistan, che non si arrende: chiusa in un manicomio sa che i libri la rendono invincibile e possono darle la pazienza e il coraggio di rimediare ai disastri della stupidità».
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