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Brooklyn

Betty Faustinelli

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bfaustinelli@laprovinciadicremona.it

28 Gennaio 2016 - 12:59

Joy

Eillis sta per partire per l'America, in Irlanda sembra non avere un futuro e la famiglia, aiutata dal prete, la spedisce nel nuovo mondo in nave. Sono gli anni '50. A New York si ambienta a fatica e combatte con un'insopprimibile nostalgia fino a che non conosce un ragazzo italoamericano. Quando la morte dell'unica sorella, rimasta in patria a badare alla madre, la costringerà a ritornare brevemente a casa si accorgerà di quanto di sè ha lasciato in quei luoghi e di quanto il fascino di una vita lì, in quel mondo che ora le sembra lontano da quello moderno ma poco elegante e poco composto dell'America, sia ancora forte in lei.
Non vuole inventare niente Nick Hornby, che adatta per lo schermo la storia di un'emigrante che lotta prima contro la nostalgia e in seguito per affermare il proprio diritto a una vita indipendente. Semmai vuole ripercorrere orme più grandi, lasciate da molti prima di lui. Forse proprio per la ragionevole umiltà artistica, unita alla consueta arroganza intellettuale dei suoi testi Brooklyn suona così riuscito. Del melodramma questo film ha tutto, dalle malattie alle angherie fino al doppio amore e all'insopprimibile dilaniamento dell'animo, ma è anche evidente che questa celebrazione dell'America come mondo nuovo, cela il desiderio di avere una scusa per scrivere il più dolce degli animi femminili. Un film quindi di ammirazione per un animo mite e distinto, funestato dai sentimenti.

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