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12 gennaio 1999
MILANO — È morto Fabrizio De André, poeta anarchico, grande della canzone italiana. Il cantautore genovese si è spento nell'Istituto dei tumori di Milano a 59 anni «dopo avere lottato come un guerriero», come ha ricordato suo figlio Cristiano, che lo ha assistito fino all'ultimo con Dori Ghezzi, compagna di Fabrizio. I funerali, per espressa volontà della famiglia, avranno «forma rigorosamente pubblica».
Mentre destra e sinistra si erano 'litigate' Lucio Battisti, la morte di Fabrizio De André, «la voce dell'inquietudine», ha unito nel ricordo e nel lutto tutti i poli della politica, il mondo cattolico e le realtà laiche. La commozione per la scomparsa dell'autore di 'Bocca di rosa' e 'La guerra di Piero' ha unito tutti gli schieramenti politici e culturali. Dal presidente del Consiglio Massimo D'Alema al leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, da Armando Cossutta a Pier Ferdinando Casini, dal leader dei Verdi Manconi alla Radio Vaticana, insieme alla sottolineatura dell'apporto dato da De André con le sue canzoni alla nostra cultura tutti hanno manifestato emozione e dolore per la scomparsa di un uomo i cui testi sono da anni nei libri di letteratura della scuola italiana.
De André ha trascorso i suoi ultimi cinque mesi dentro e fuori l'ospedale, per sottoporsi alle terapie. Solo nelle ultime settimane è stato ricoverato e i medici gli avevano anche consentito di trascorrere a casa il giorno di Natale. Quindi era tornato all'Istituto, nella stanza del reparto "solventi". In ospedale si viene solo a sapere che la malattia era stata scoperta a fine estate e che De André ha creduto e sperato fino all'ultimo che le cure facessero effetto. Purtroppo la malattia era già in stato avanzato e non è stato possibile fermarla. Il cantautore è rimasto lucido fino a domenica mattina, quando le sue condizioni si sono aggravate e ha perso conoscenza. Quindi il decesso, nella notte.
Signore della musica. Unanime rimpianto
Il cordoglio di amici e vip dello spettacolo
Si associano politici di ogni schieramento
ROMA — Quando si muore si muore soli, faceva dire Fabrizio De André dall'aldilà al beffardo protagonista de «Il testamento». Ora De André è morto, ma intorno al suo testamento - centinaia di prodigiose poesie in forma di canzone - decine e decine di dichiarazioni, parole di dolore e di affetto anche a 'sorpresa'.
• Paolo Villaggio: «Io e Faber siamo cresciuti insieme. Eravamo tutti e due squinternati, entrambi pecore nere delle rispettive famiglie. Fra noi liti selvagge, bastonature e poi, un po' più grandi, la fama insieme, molte speranze, quasi convinti di non farcela». Villaggio non è andato a trovare l'amico in ospedale: «Non me la sono sentita di vederlo così e neppure a lui andava. Per chi non crede nel paradiso la morte è solo vuoto».
• Gigi Riva: «Se ne va un altro pezzo della mia vita».
• Fabio Fazio: «Si chiedono alle persone note parole che servano a consolare la gente ma io sono tra quei tantissimi che hanno bisogno di essere consolati».
• Renzo Arbore: De André «è uno dei pochi per cui valga la pena di spendere la parola poeta».
• Antonello Venditti «Dopo Lucio Battisti se ne va Fabrizio De André: questa fine millennio procura brutte notizie e pessime sensazioni».
• Bruno Lauzi: «Un grande signore sia della vita che della musica».
• Mogol: «Un uomo di grande gusto e talento, dotato di un timbro di voce straordinario».
• Gianna Nannini: «Un padre ispiratore».
• Giovanna Melandri: «È stato molto più di un cantautore è stato un poeta che ha segnato con le sue canzoni la vita di molte generazioni, compresa la mia».
• Alfredo Biondi: «Era libero, nel senso più elevato di questo aggettivo, e trasformò la poesia in musica e la musica in poesia»
• Radio Vaticana: «Aveva dato voce all'inquietudine esistenziale dell'uomo d'oggi. Aveva cantato il lato oscuro del mondo. Non lo dimenticheremo».
11 Gennaio 2021
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