I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te ilbambinoe suamadre,fuggiin Egittoerestalà finchènontiavvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto p e r m e z z o d e l p r o f e t a : « Da l l’Egitto ho chiamato mio figlio». Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quandovennea saperechenella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura d’andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perchè si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».
Figlio del suo popolo, Israele, Gesù torna in Egitto, paese dal quale, circa mille e ottocento anni prima, secondo il racconto del libro dell’Esodo, gli ebrei, guidati da Mosè, erano usciti, per comando di Dio. Un nuovo faraone, oggi, Erode, insidia la vita del Bambino. Giuseppe, avvertito nuovamente da un angelo in sogno, prende Maria e Gesù e fugge in Egitto, perché la vita del piccolo sia preservata. Raccolgo, immediatamente, la prima considerazione, in questa festa della Santa Famiglia di Nazareth. È una festa segnata dalla persecuzione, dallo spostamento e dal disagio, velata dalla mobilità. La famiglia di Gesù è profuga in Egitto e, al suo ritorno, invece di stabilirsi in Giudea, va in Galilea, a Nazareth; soffre una violenza che altri spirano contro di essa, ma non è segnata dalla paura. Giuseppe è un uomo che ascolta perché credente. I sogni, cioè le parole di Dio a lui comunicate, sono la sua bussola. Si lascia condurre come è bello che ancora, i genitori, continuamente, si facciano aiutare, guidare, condurre dal loro cuore, dalla loro esperienza. Sono ancora più convinto che oggi, in ogni casa, in ogni famiglia, là dove è sbocciata la vita, dove due persone vivono insieme, se c’è fede, se c’è l’umiltà di affidarsi ad una parola che traccia per noi il viaggio della vita verso la salvezza, se facciamo posto al Signore che ci fa viaggiare con lui, allora la vita, pur nelle tribolazioni, non è una vita immersa nella paura. È una vita che, pur nelle difficoltà e ristrettezze, è felice perché sa amare ed essere amata. Questo tempo natalizio riporta, davanti ai nostri occhi, l’immagine di un Gesù che ha bisogno. Ha avuto bisogno del grembo di Maria, della protezione paterna di Giuseppe, di una mangiatoia dove essere deposto, di angeli e pastori che annunziassero il suo arrivo. Oggi ha bisogno di noi. Vuol essere, ancora, il Dio della vita ed è per questo che chiede alle nostre famiglie, tutte quante, che in esse si possa ancora amare, aiutarsi, perdonarsi, parlarsi, accompagnarsi. Ed è il secondo spunto che ricavo dal vangelo. La vita di Giuseppe e di Maria è in funzione di quel Bambino. Non sono suoi schiavi, come a volte capita tra genitori e figli. Giuseppe e Maria sono i servi di Gesù, cioè la loro esistenza e la loro vocazione è per quel figlio, dato loro come dono. Gesù è accolto, protetto, custodito dai suoi genitori, ma non segregato o rapito dal loro amore. Al contrario, Giuseppe ascolta la voce dell’angelo e ne segue i dettagli. Per questo la parola dei profeti si compie. Proprio perché il falegname e la ragazza di Nazareth rinunciano alla loro volontà, per compiere quella di Dio. Educhiamo i ragazzi e i più giovani, come genitori, insegnanti e adulti ad ascoltare una voce che non sia esclusivamente la nostra. Da credenti sappiamo che ciascuno, con libertà, può compiere, anche nelle tribolazioni, il cammino che Dio propone. Le nostre famiglie siano aperte alla vita, luoghi dove ci si custodisce a vicenda, si cresce nella pace e con verità. Perché ancora, il bambino di Betlemme, sia accolto e protetto. Il nuovo anno, non con retorica, ma nella fede, sia per tutti tempo per crescere e volersi bene. Se ci sono famiglie che si amano, la società e la Chiesa saranno più belle. In questa luce tipicamente natalizia, a ciascuno, Buon Anno! don Marco D'Agostino