L'ANALISI
24 Dicembre 2025 - 07:30
CREMA - La celebrazione della nascita di Gesù, il figlio di Maria di Nazaret, che i cristiani riconoscono come Figlio di Dio, porta con sé anche la conclusione del Giubileo, inaugurato da papa Francesco nel Natale del 2024: si concluderà nelle diocesi di tutto il mondo domenica 28 dicembre, e a Roma il prossimo 6 gennaio 2026.
Anche un Anno santo ‘ordinario’ (perché celebrato nella cadenza regolare del quarto di secolo), come questo che si conclude, rimane pur sempre un evento straordinario, caratterizzato dai diversi appuntamenti vissuti in diocesi o a Roma o altrove, anche in virtù delle scelte fatte da ciascuno, o da comunità e gruppi, per partecipare della grazia del Giubileo.
L’Anno santo finisce: ma non finisce il compito, indicato a suo tempo da papa Francesco, di dare testimonianza della speranza che «non delude» (cf. Rm 5,5), speranza che non è solo una fiammata che si accende e divampa, per poi spegnersi quando si volta pagina e si passa ad altro.
La nascita di un bambino o di una bambina è portatrice di speranza: normalmente suscita una ventata di gioia e sogni di futuro per chi gli è più vicino. Ma poi la vita di un bimbo, di una bimba, dei suoi genitori, entra nella ‘normalità’, nel quotidiano: che non è altra cosa, ma un altro modo, un’altra condizione, nella quale vivere la speranza suscitata da una vita nuova.
È stato così anche per la nascita di Gesù: il canto degli angeli, lo stupore dei pastori, il mistero dei Magi venuti da lontano… queste cose, che ricorderemo nei prossimi giorni, rientrano nell’ombra, e Gesù entra nella vita ordinaria di un bambino che vive e cresce, e diventa adolescente e giovane uomo e rimane per tanti anni silenzioso e nascosto. Eppure, Egli rimane la speranza che Dio offre a tutti: lo rimane anche nell’ordinario, nel quotidiano, nel succedersi di giorni e mesi che non offrono emozioni significative, che sembrano banali...
Celebrato il Natale del Signore, portato a termine l’Anno santo, ci viene chiesto di «tenere viva la speranza» (cf. Rm 15,4) nell’esistenza quotidiana, nel filo dei giorni che si susseguono. Grazie a Dio, sono tanti gli uomini e le donne artefici del miracolo di far crescere nell’ordinario della vita la speranza che Dio dona al mondo nel suo Figlio Gesù Cristo. La vita delle famiglie, i luoghi del lavoro, la scuola, le stanze degli ammalati, lo sport, l’impegno di chi fa volontariato, di chi opera per il bene comune, persino la sofferenza di chi è straniero o emarginato, di chi cerca casa e lavoro, persino la condizione di chi sta in prigione, di chi cerca un senso della propria vita... In queste e altre situazioni simili germoglia la speranza ‘feriale’, così come la speranza venuta al mondo nella poesia di Betlemme è cresciuta silenziosamente nella vita quotidiana di Nazaret.
Auguro a tutti di contemplare la speranza nel volto del Bambino posto nella mangiatoia; e di trarne forza per essere operatori della speranza che vive nella ‘nostra’ Nazaret, nella vita di ogni giorno, trasfigurata dall’amore di Dio che si è manifestato in quel Bambino. Buon Natale!
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