L'ANALISI
10 Novembre 2025 - 05:10
CREMA - Uno degli obiettivi che il presidente Gianni Rossoni ha fissato per il prossimo triennio dell’Area omogenea cremasca, avviato con la sua rielezione di due settimane fa, è di ricavare, nei vari comuni, alloggi da assegnare ad affitto calmierato. Niente a che vedere con le case popolari gestite dall’Aler, ma appartamenti accessibili a chi viva solo di uno stipendio da lavoro dipendente.
Il primo passo in questa direzione è già stato mosso, come spiega lo stesso presidente: «È partito il monitoraggio per censire il patrimonio pubblico inutilizzato di cui dispongono i vari Comuni. Per poter sistemare, efficientare e riutilizzare questi immobili è possibile accedere ai finanziamenti del PNRR o del Gestore dei servizi energetici 3.0».

Rossoni spiega a chi sarebbero destinati gli alloggi una volta recuperati: “A persone che lavorano ma non possono permettersi, con il loro stipendio, di spendere 7-800 euro al mese per un affitto. Penso, ad esempio, a quando due persone divorziano: una rimane in quella che era la loro abitazione, mentre l’altra, che magari percepisce uno stipendio da 1.400-1.500 euro al mese, non può permettersi di rivolgersi al mercato libero. Nel mio paese non mancano situazioni di questo tipo da gestire. So che anche Acli e Caritas si stanno muovendo in questa direzione”.
La necessità che siano i Comuni ad occuparsi di queste situazioni, deriva dal fatto che siano molti i proprietari di appartamenti sfitti, che non li affidano in locazione se non a persone che conoscono. «In tanti — precisa Rossoni — hanno paura di non riuscire più a mandar via l’inquilino, qualora abbiano bisogno dell’alloggio».

«C’è una forte domanda di questi appartamenti ad affitto calmierato e io dico che rientra nell’attività dell’Area omogenea dare delle risposte anche a livello di politiche sociali. L’ultimo Piano casa — analizza — era stato quello ideato dal ministro Amintore Fanfani; parliamo di settant’anni fa. Io ad esempio, a Offanengo, ho sei o sette alloggi non abitati da efficientare». I fondi per sistemare il patrimonio comunale attualmente inutilizzato, come detto, potrebbero arrivare dal PNRR o dal GSE.
Il PNRR finanzia infatti interventi che contribuiscano agli obiettivi di transizione ecologica, coesione e inclusione sociale. E per gli immobili comunali inutilizzati, le linee più rilevanti sono quella della Missione 5 per la rigenerazione urbana, che prevede interventi rivolti al recupero di edifici pubblici o spazi degradati per finalità sociali, culturali o economiche. Il tutto con bandi che si rivolgono direttamente ai Comuni.

Ma potrebbe venire in aiuto anche la Missione 2, per l’efficienza energetica negli edifici pubblici, edilizia scolastica, riduzione dei consumi e delle emissioni. Il Gestore dei servizi energetici, invece, non concede contributi a fondo perduto come il Pnrr, ma offre incentivi e meccanismi di supporto per interventi relativi alle fonti rinnovabili, tra i quali contributi per la riqualificazione: sostituzione degli infissi, coibentazioni, caldaie, pompe di calore, pannelli solari termici, ma anche operazioni strutturali.
Se il recupero di un immobile prevede efficientamento o installazione di rinnovabili, il Gse può quindi essere un canale ottimo di cofinanziamento o sostegno. Rossoni riscontra una sola difficoltà in questo obiettivo che l’Area omogenea si è data: «Alcuni sindaci non vedono di buon occhio la sistemazione degli immobili, ritenendo che possano essere assegnati a inquilini di origine straniera».
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