L'ANALISI
27 Ottobre 2025 - 05:15
Cercatori d’oro lungo le sponde del Serio in una foto di inizio Novecento custodita negli archivi del Centro Galmozzi. Nel riquadro, un cercatore d’oro con la batea
CREMA - La febbre dell’oro non sarà più a 40 come nel dopoguerra, quando la ricerca era una vera e propria fonte di sostentamento ma, anche se ormai in pochi individui, rimane comunque alta. Stiamo parlando della febbre dell’oro, The Gold Rush, come l’avrebbe chiamata Neil Young. E la corsa all’oro riguarda anche il fiume Serio.
C’è ancora oro nel Serio? A quanto pare sì. «Ci sono tuttora cinque o sei persone che per hobby si divertono a cercare le pagliuzze d’oro nel fiume – conferma Basilio Monaci, presidente del Parco del Serio —. Qualche anno fa era venuta un’associazione di cercatori d’oro di Pavia, che aveva anche fatto una dimostrazione».
Col passare del tempo, il numero di coloro che si dedicano a questa attività è diminuito, anche perché serve anche molta tecnica e tempo per imparare i movimenti giusti, ma c’è ancora chi tiene viva la tradizione. «Nei secoli scorsi – prosegue Monaci – la famiglia dei conti Bonzi di Ripalta Cremasca aveva ottenuto il diritto esclusivo di navigazione, pesca e estrazione dell’oro sul Serio, nel tratto che va da Mozzanica a Montodine. Coloro che cercavano oro nel fiume, dovevano pagare una gabella. Un tempo, la gente lo faceva per mangiare. Anche pochissimi grammi bastavano a sfamare un’intera famiglia. Oggi, considerato che le quantità che si trovano sono limitate, sono ormai soltanto gli appassionati a praticare la ricerca».

Questi depositi fluvioglaciali, costituiti da strati sedimentari risalenti a migliaia di anni fa, sono gelosamente custoditi nel letto e negli argini del fiume. La prova è data dalla presenza di lenti arricchite di oro nelle cave di sabbia e ghiaia dell’intero territorio lombardo. Il meccanismo di rilascio dell’oro avviene durante le piene, specialmente quelle eccezionali, quando la forza del fiume erode il fondale e trasporta a valle le componenti più leggere, formando nuove ‘punte di magra’, ricche di pagliuzze d’oro.
Anche le piene meno intense contribuiscono a destabilizzare questi sedimenti, asportando il materiale più leggero e lasciando sul fondo delle buche più profonde le particelle d’oro. Quando si verifica una piena particolarmente vigorosa, il fiume riesce a riportare in superficie l’oro accumulato nei fondali più profondi, offrendo al cercatore la possibilità di avere una giornata fortunata. Questo fenomeno è particolarmente evidente nell’alto corso del fiume Serio.
Dal punto di vista morfologico, l’oro rinvenuto nel fiume si presenta in forme diverse a seconda della zona e del processo di trasporto e deposizione. Le pagliuzze alluvionali classiche sono sottili laminette con bordi arrotondati e superficie martellata, risultato della continua azione abrasiva di pietre e sabbia durante il trasporto fluviale. Queste particelle hanno perso quasi completamente la loro forma originaria, spesso cristallina, deformate e schiacciate durante il processo.
Al contrario, nell’alto corso del Serio, l’oro si presenta generalmente più spesso, con pezzature maggiori che possono raggiungere un grammo di massa con poche centinaia di pagliuzze. Scendendo verso il basso fiume, invece, si osserva una polvere d’oro molto più sottile, frutto del progressivo sminuzzamento operato dalla corrente.
Una cosa è certa: il corso d’acqua che attraversa il Cremasco è un giacimento secondario, che trasporta pagliuzze o pepitine provenienti dalle Orobie. Oggi, ormai, non siamo più sul set di un film che racconta la febbre dell’oro in America e il Serio non è il famoso Klondike. Tuttavia, qualcuno con stivali, pala, batea (il piatto del cercatore d’oro) e setaccio, che dopo le piene si diverte a fare il cercatore d’oro, c’è ancora. Del resto, se l’associazione nazionale ‘Oro in natura’ ha scelto proprio il Serio per la quinta giornata del campionato della stagione, un motivo ci sarà.
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