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LA STORIA

Giovani missionarie: «Sorrisi nel cuore vivo della povertà»

Bambini senza futuro lungo le strade della dignità: l’India negli occhi di tre cremasche

Martina Carioni

29 Settembre 2025 - 05:20

Giovani missionarie: «Sorrisi nel cuore vivo della povertà»

Chiara e Benedetta Balestracci e Giorgia Patrini.

CREMA - «L’India è tosta, umanamente ed emotivamente. O la ami o la odi». Conoscerla attraverso un viaggio missionario, fa comprendere le contraddizioni sulle quali questo Paese si regge. Tre cremasche, Benedetta Balestracci, Chiara Balestracci e Giorgia Patrini, hanno percorso l’India da nord a sud, alternando scenari metropolitani alla povertà più umile, conoscendo persone che fanno del proprio meglio per provare a cambiare le cose e restituire un po’ di dignità.

«Fa molto pensare che tanti di questi bambini, che probabilmente nemmeno esistono all’anagrafe, ‘non hanno futuro’ perché la loro vita si fermerà in quel villaggio in cui sono nati» sollecita Benedetta, alla sua terza esperienza missionaria dopo Brasile e Sud Africa.

Ad accogliere e guidare le tre, un Padre cristiano che da anni collabora dall’India con il centro missionario diocesano per raccogliere donazioni e costruire una rete di adozioni a distanza. «Il religioso si illumina quando si parla di bambini. Per la sua comunità, ha costruito un sistema di adozioni a distanza per permettere alle famiglie di far studiare i figli», testimoniano.

Fondamentali, per le famiglie di queste comunità, anche le premure riservate dal Padre verso il lavoro. «Qualsiasi lavoro, che sia costruire un oratorio o riparare un tetto, viene diviso tra molte più persone del necessario per permettere a più famiglie di ricevere uno stipendio e quindi poter mangiare».

La missione delle tre cremasche era dedicata ai bambini e le ha viste destreggiarsi tra oratorio, attività ricreative, visite a scuole, lebbrosari e ospedali. «Per due settimane abbiamo seguito il Padre nella sua quotidianità. Abbiamo visitato tre scuole per portare dei regali come borracce e caramelle. L’accoglienza ricevuta ogni volta, mentre ci riempivano di braccialetti e stole colorate, era un ‘grazie per essere venute qui da noi in mezzo al nulla’» prosegue Patrini.

«Abbiamo giocato tanto con le decine e decine di bambini del villaggio. Abbiamo toccato con mano la spontaneità e la forza incredibile che hanno nonostante la povertà estrema in cui vivono. Sono bastati un pallone da calcio e qualche filastrocca per ridere e divertirci insieme. Loro non capivano l’italiano e noi non capivamo il loro dialetto, eppure riuscivamo a comunicare e capirci».

Riflessioni e confusione, hanno caratterizzato il rientro in Italia. «Il resto del mondo ha proseguito la vita di tutti i giorni e quando rientri è ancora lì come prima. Ma come si fa a essere indifferenti a quello che hai visto e vissuto? Non ci rendiamo conto di quanta bellezza c’è in giro — propone Chiara —. Alle volte, un semplice ‘ciao’ può cambiare la giornata di qualcuno».


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