L'ANALISI
16 Settembre 2025 - 05:05
CREMA - «È stato diverso. Non hanno bisogno di me per lavorare, ci sono persone qualificate. Ci siamo immersi nella realtà e abbiamo vissuto come si vive dall’altra parte del mondo».
Partiti direzione Imperatriz, Matilde Donarini e Alessandro Ragusa – cremaschi di 24 anni lei e 25 lui — per due settimane hanno vissuto l’esperienza missionaria accompagnati da un’altra cremasca: Madre Amelia Marchesini, suora originaria di Ricengo da circa cinquant’anni in Brasile come missionaria dell’ordine delle suore canossiane.
«Inizialmente non volevo partire, mi sentivo inutile sapendo di non poter dare effettivamente una mano e aiutare. Anzi, ero quasi a disagio al pensiero di rompere la loro quotidianità per guardarli e basta» ha raccontato Ragusa di ritorno dal Brasile. Un viaggio missionario è, prima di tutto, un’esperienza di ascolto e di immersione in una cultura che, accogliendoti, ti cambia dentro.
«Con il tempo poi ho capito il senso della mia partenza e l’esperienza è stata incredibile. Imperatriz è una città nello stato del Maranhão, la seconda regione più povera del Brasile. Ci hanno ospitati le quattro suore che gestiscono la scuola materna e l’oratorio. Informata del nostro arrivo, è arrivata a Imperatriz anche madre Amelia, una nostra concittadina cremasca da decenni missionaria in Brasile, che opera in una regione poco distante».
Una vera e propria festa, con tanto di messa celebrata in loro onore, è stata l’accoglienza riservata a Donarini e Ragusa dalla comunità locale. «Era da tempo, anni, che nessuno andava a Imperatriz per un viaggio missionario. L’accoglienza e l’aiuto che abbiamo ricevuto è stata completamente inaspettata».
I due cremaschi, 'capitanati' da madre Amelia, hanno alternato le loro giornate tra piccoli lavori di ristrutturazione dell’oratorio, pulizia degli spazi e giochi con i piccoli alunni della scuola materna prossima al loro alloggio.
«La madre superiora ogni anno prepara un elenco delle famiglie più povere della comunità e dà ai loro bambini la possibilità di frequentare la scuola» ha proseguito Ragusa. «Abbiamo visto e conosciuto i bambini vestiti a nuovo, di tutto punto, per la messa della nostra presentazione e poi per andare a scuola e all’oratorio. Solo poi abbiamo fatto un giro per le case e visto che c’era il nulla. Su un divano dormivano quattro bambini».
Al loro ritorno in Italia, Donarini e Ragusa hanno ripensato ai dubbi pre-partenza e alle motivazioni che li hanno portati a partire per un viaggio missionario. «Non per vedere o guardare, ma per osservare». Con rispetto, sensibilità, umanità. E la consapevolezza che le loro voci sono diventate amplificatori delle storie e della realtà trovata a Imperatriz.
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