L'ANALISI
12 Settembre 2025 - 05:20
CREMA - Crema, terra di studenti ‘prof’ della lingua del Belpaese. Almeno così raccontano i numeri, che restituiscono l’immagine di un territorio sorprendentemente virtuoso quando si parla di padronanza dell’italiano. Se Crema fosse capoluogo di provincia, infatti, figurerebbe al sesto posto in Italia per capacità linguistiche: appena l’8,89% degli studenti di terza media mostra apprendimenti del tutto inadeguati, secondo gli ultimi dati Invalsi rielaborati da OpenPolis. Una percentuale che, nella cornice del quadro nazionale, fa impressione: nelle grandi città italiane, anche a nord del Po, i valori sono spesso doppi o addirittura tripli.
E non è tutto. Perché a Crema non ci si limita a ‘galleggiare’ nella media. Oltre un terzo degli studenti raggiunge il livello 3 – considerato intermedio – e un lusinghiero 10,37% conquista il livello 5, il massimo possibile, la fascia che indica competenze solide, ben radicate, degne di un liceale già formato. In pratica, un’élite di giovanissimi che porta la città ben oltre i confini della provincia, candidandola a un ruolo di modello educativo.
Il confronto con i centri della cintura, però, mette in luce un mosaico complesso. A Rivolta d’Adda gli apprendimenti inadeguati salgono al 9,47%, a Montodine al 10,26%, a Sergnano al 10,42%, a Bagnolo al 10,74%. Più marcato lo scivolone a Trescore (12,12%) e a Spino (12,38%), fino ad arrivare a Offanengo, dove si tocca il 14,29%. In pratica: se Crema brilla, il comprensorio mostra zone d’ombra, con differenze sensibili anche tra comuni confinanti. È proprio in questo scarto, in questa distanza ravvicinata, che si legge il cuore del problema.
OpenPolis lo spiega con chiarezza: il basso rendimento scolastico non coincide automaticamente con la dispersione, ma ne rappresenta spesso un segnale anticipatore. Per due motivi. Il primo: raggiungere un livello di apprendimento del tutto inadeguato equivale a rientrare nella cosiddetta ‘dispersione implicita’. Non si abbandona la scuola in senso materiale, ma si arriva al titolo di studio senza competenze reali, svuotando di sostanza il percorso formativo. Il secondo: la dispersione è un fenomeno multifattoriale. Ritardi, bocciature, risultati scarsi e discontinuità formativa pesano sull’incidenza tanto quanto la scelta, più eclatante, di lasciare i banchi. Non a caso, nel 2024, il 9,8% dei giovani 18–24 anni aveva al massimo la licenza media e non seguiva alcun percorso di istruzione o formazione.
Il confronto con le grandi città italiane aiuta a capire la portata della questione. A Prato quasi uno studente su tre ha chiuso le medie con apprendimenti di livello minimo, corrispondenti grosso modo a quelli attesi in quinta elementare. A Palermo e Trapani, seconda e terza in classifica, siamo vicini a un ragazzo su quattro; a poca distanza seguono Napoli, Agrigento e Catania. Nelle prime dieci posizioni, esclusa Brescia (19,4%), compaiono quasi esclusivamente città del Mezzogiorno. Allargando la lente alle prime venti, emergono anche alcuni centri liguri e Reggio Emilia.
Ecco allora il nodo: Crema e, in parte, il Cremasco sembrano muoversi in controtendenza rispetto a un’Italia che fatica a garantire a tutti i propri studenti le competenze di base. Ma la fotografia non è uniforme. La dispersione non si manifesta soltanto nei quartieri difficili delle metropoli del Sud: si annida anche nei piccoli centri della Pianura Padana, dove percentuali sopra il 12% non sono certo irrilevanti.
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