L'ANALISI
25 Settembre 2017 - 04:00
L'arcobaleno racchiude i monumenti di Pandino
Signor direttore,
lo spettacolo di un arcobaleno comparso nei giorni scorsi sopra piazza Vittorio Emanuele III a fare da sfondo alla restaurata statua del monumento ai Caduti (‘Il Fredo'), alla chiesa del XIV secolo di Santa Marta e al Castello visconteo.
Decine di pandinesi hanno ammirato i colori dell’iride stagliarsi nel cielo grigio durante la fase finale di uno dei tanti temporali che hanno colpito la zona. Qualcuno l’ha anche fotografato. Un’immagine davvero suggestiva che vale la pena di condividere con tutti i lettori.
A. G.
(Pandino)
Casalmaggiore
Ponte sul Po chiuso. E' possibile riaprirlo solo per le automobili
Signor direttore,
io sono utente del ponte sul fiume Po, e abito a Casalmaggiore, attualmente con la chiusura improvvisa di questa importantissima via di comunicazione mi trovo come tutti a fare dei percorsi alternativi che comportano tempo e strada in più per andare nel parmense. Io avendo lavorato in imprese di costruzioni e infrastrutture molto importanti a livello nazionale per parecchi anni, volevo proporre una cosa molto concreta e fattibile per aprire di nuovo il ponte in tempi brevi.
Basterebbe eseguire in questa fase di verifiche, il collaudo delle portate delle singole campate utilizzando un sistema abbastanza semplice, cioè riempire delle sacche in gomma poste sulle campate con acqua del Po mediante pompe idrauliche, e in base alla quantità di acqua che si può mettere, si stabilisce la portata massima che può sostenere la campata stessa (1 litro di acqua pesa 1 chilo).
Sulla base di questo controllo viene stabilito il peso massimo che il ponte o la campata può sostenere, dopo si potrà stabilire quale tipo di veicoli possono attraversare il ponte. Io mi limito a fare una considerazione abbastanza semplice: se prima dell’interruzione passavano sul ponte carichi speciali, autocarri pieni di barbabietole o pomodori e il ponte ha mai fatto niente, non capisco come ora non sia possibile fare passare solo le automobili. Basta mettere i blocchi in cemento agli ingressi opportunamente distanziati, eventualmente anche un semaforo per diminuire il carico e il problema parzialmente verrebbe risolto, in attesa poi di fare le cose necessarie per rendere il ponte utilizzabile a tutti. Mi piacerebbe avere una risposta dai tecnici interessati alla struttura, se la mia proposta è fattibile; oppure loro cosa propongono in alternativa.
Riccardo Martini
(Casalmaggiore)
Non sono un tecnico e quindi non so valutare la sua idea, che giro agli esperti, in questi giorni impegnati proprio nelle nuove verifiche ‘invasive’ su travi e campate della struttura. L’auspicio di tutti è che il ponte sia in grado di sopportare almeno il traffico leggero e che l’intervento di ripristino si possa fare, il più presto possibile, senza troppo prolungati periodi di chiusura. Pendolari e attività economiche del Casalasco sono allo stremo.
PUNTI DI VISTA
Omaggio ai 'ripetenti', veri maestri di vita
I primi giorni di scuola sono l’occasione per rendere omaggio a una categoria ormai estinta. I Ripetenti. Dall’iniziale maiuscola avrai capito che non mi riferisco ai ripetenti occasionali, quelli che sono tornati alla casella di partenza una volta nella vita, per un infortunio un inceppo un inghippo, per poi rimettersi in corsa. No, io mi inchino alla memoria del ripetente seriale. Il ripetente di ruolo, il ripetente a tempo indeterminato, il ripetente di carriera.
Quello che se avesse avuto tempo da perdere avrebbe scritto la dichiarazione d’indipendenza dalla scuola. Impermeabile alle nozioni, indenne da studio, renitente all’interrogazione, invulnerabile dalle insufficienze. L’inconsapevole pioniere delle più moderne metodologie didattiche, applicando l’alternanza scuola-bar. L’istintivo Bakunin della lotta di classe. Quello che inalberava i simboli dell’età da fuori corso come i pirati issavano sull'albero di maestra la bandiera nera col teschio e le tibie incrociate. Quello che con aria beffarda guardava dritto negli occhi il belzebù della bocciatura, e non era mai il primo ad abbassare lo sguardo. Tanto da indurre al patteggiamento fin dal primo giorno anche la prof più severa con noialtri cavie dell’alfabetizzazione di massa, intimiditi dall’ombra del sei meno, terrorizzati dallo spettro del compito in classe. Io ho avuto la fortuna (e guarda che lo dico senza un filo di ironia, tanto meno di sarcasmo) di incontrarne addirittura due, in un anno determinante. La prima media. Formidabile, quell’anno. Per merito loro.
Non so adesso, ma allora in prima media il preadolescente medio ci arrivava in piena eruzione non solo cutanea, insieme ai foruncoli spuntavano domande bisognose di urgentissima risposta, dilagavano problemi in pressante attesa di soluzione. Era la tempesta ormonale perfetta, e ti ci ritrovavi dentro senza avere a bordo un nostromo che ti insegnasse come si cavalcano quei cavalloni emozionali. Ti si spalancava davanti tutto un universo, con la forza di attrazione irresistibile e misteriosa di un buco nero, tu non vedevi l’ora di tuffartici dentro ma avevi un bisogno matto e disperatissimo di istruzioni per l’uso. E lì in classe, immancabilmente all’ultimo banco, ti ritrovavi l’Enciclopedia in due volumi dove si trovavano tutte le risposte a quello che dovevi trovare il coraggio di chiedere superando l’orgoglio che imponeva di fare finta di sapere.
Che cosa volevano dire quelle parolacce che pronunciavi con gusto perché suonavano come roba ‘da grandi’, ma a cosa si riferissero davvero restava equivoco. Cominciavi a stufarti di guardare il mondo degli adulti dal buco della serratura, ma dove fosse la chiave era un allettante mistero.
E a proposito di misteri, a cosa servivano di preciso le ragazze, e come funzionavano? Domanda di strettissima attualità, dato che la sorte ama avvicinare fiammiferi e benzina e quindi proprio allora per la prima volta ti ritrovavi in una classe mista, divisa a metà fra maschi e femmine, e con la metà più interessante imballata in grembiuli neri che non facevano che aizzare la curiosità. Mentre loro, i ripetenti, le squadravano con l’aria competente del professionista del ramo, ed esercitavano il proprio magnetismo sulle ragazze con divertita consapevolezza fissandole come se avessero avuto sul naso quegli occhiali a raggi X che secondo la pubblicità ti facevano vedere sotto i vestiti. In modo che la signorina Celhosoloio Giuseppina del primo banco, che te quando l’avevi invitata al cinema ti aveva guardato con compatimento, sotto i loro occhi avvampava come Giovanna d’Arco.
Così in classe c'erano due cattedre. Quella di fronte, sulla pedana, dove si alternavano i domatori da tenere buoni facendo intendere che avevi un’idea di come si indovina il volume della piramide tronca e di chi era Tullo Ostilio. E quella in fondo, ultimi banchi, dove due liberissimi docenti tenevano lezioni private delle materie davvero interessanti, dizionario etimologico delle parolacce, anatomia femminile (con esauriente corredo iconografico), aritmetica applicata (allo scopone), microeconomia delle paghette che dalle tue tasche in qualche modo finivano nelle loro; senza nessun rimpianto, era il prezzo della cultura. E perfino consulenza psicologica della vita amorosa, quando alla prima cotta ti sei rivolto a loro per consigli e conforto che non ti hanno fatto mancare, anche se ti è rimasto qualche dubbio che ti stessero un po’ prendendo in giro.
Perché loro ci si divertivano un mondo, sapevano benissimo che pendevi dalle loro labbra e giocavano allo jojò con quello che loro sapevano e tu no, facendotelo balenare e sparire di sotto il naso in un amen.
E ce ne hai messo, di tempo e di merendine, prima di scoprire che quei palloncini di plastica che tenevano in tasca non servivano solo a fare dei gavettoni professionali. Però gli stavi simpatico perché imbranato com’eri non rappresentavi un rivale, quindi ti ammettevano nel loro territorio senza aggredirti, perfino quando si giocava a kulamula ti planavano sulle reni senza fare troppo i materiali.
Poi fatalmente è arrivato il distacco, tu sei andato in seconda loro naturalmente no, sono rimasti lì ad aspettare il prossimo turno di pulcini da svezzare. Ma la gratitudine è rimasta, allora non ho avuto occasione di dire grazie anche perché sembrava poco dignitoso e alla dignità ci tiene soprattutto chi ne ha poca. Rimedio adesso.
Giovanni Ratti
Del ministro senza laurea
Smartphone a scuola. Trovata elettorale
Signor direttore,
la buona scuola tanto strombazzata da una certa classe politica ha colpito ancora. Demenziale al limite della follia è stata la geniale idea di non più bocciare alle elementari nonché alle medie, allucinante invece l’idea di poter portare il cellulare in classe per motivi didattici, dicono. Diceva bene un nostro lettore «tra alcuni anni sarà permesso perfino fumare la marijuana durante le lezioni» perché diranno i soloni, che stimola l’intelligenza.
Non tutti sanno che gli studenti italiani, come livello di preparazione, sono penultimi in Europa nonostante un esercito di maestri e professori. Con l’introduzione della non bocciatura il livello scenderà sempre più in basso. Alcune malelingue affermano che questa trovata sia stata escogitata per favorire le migliaia di scolari e studenti stranieri che a malapena parlano la nostra lingua e che fanno fatica ad integrarsi. Infine l’assurda trovata ripeto, di poter portare il cellulare in classe. La scaltra ministra senza laurea Fedeli sa per certo di avere il plauso di quasi tutti gli studenti che ormai vivono in simbiosi con il proprio smartphone, un’autentica trovata elettorale. Povera Italia.
Andrea Zecchini
(Camisano)
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