L'ANALISI
06 Dicembre 2023 - 05:25
CREMONA - Per i vicini di casa Cornelius Gurlitt era solo un anziano solitario e un po’ bizzarro, privo di conto corrente bancario e di assicurazione sanitaria. Non avendo mai lavorato, era anche senza pensione. Ma quando la polizia entrò nel suo appartamento di Monaco di Baviera, la sorpresa fu enorme: dentro ha trovato, gelosamente custodite, circa 1.300 opere d’arte, tutte razziate dal nazismo, per un valore di oltre un miliardo di euro. Chagall, Picasso, Matisse, Renoir, Monet, Toulouse-Lautrec, Canaletto, Cézanne e tanti altri tra i grandi della storia dell’arte di ogni secolo. Era il 28 febbraio del 2012 e l’irruzione avvenne dopo un banalissimo controllo durante il quale Gurlitt non era riuscito a spiegare l’origine dei 9mila euro in contanti che gli furono trovati addosso. Aveva ereditato quei capolavori dal padre. Opere frutto della razzia messa in atto dai nazisti durante la seconda guerra mondiale nei Paesi occupati, a danno soprattutto di famiglie di origine ebrea, ma non solo. In tutto svanirono così oltre 650mila opere.
La sua storia è diventata ora un romanzo, ‘Lo scambio’, firmato da Alessandro Zannoni. Dopo il libro il film: è il primo del progetto della nuova casa editrice OvePossibile, nato dall’idea di Gabriele Guidi, figlio di Johnny Dorelli e Catherine Spaak, di tenere insieme libro e versione cinematografica. Forte dell’esperienza di antiquario, Zannoni accende il faro su una vicenda a oggi tutt’altro che risolta: sono ancora migliaia le opere scomparse dopo la razzia che mancano all’appello. Magari sono ben chiuse in caveaux di banche svizzere, nei depositi di qualche museo o appese alle pareti di tanto misteriosi quanto illegittimi collezionisti. Mai come in questo caso è labile il confine tra realtà e finzione letteraria, tra thriller e Storia. «La Shoah è stato il culmine della tragedia della seconda guerra mondiale - afferma -, ma abbiamo verificato anche che c’è stata anche una Shoah artistica, se si può dire in questa maniera». Zannoni ne parla con Paolo Gualandris nella videointervista ‘Tre minuti in libro’.
Sceneggiatore, dialoghista, autore di testi per fumetti, allievo e poi collaboratore di Luigi Bernardi, uno dei padri del noir italiano, Zannoni ha effettuato anni di ricerche fra Italia, Germania e Francia per questo libro, che contiene anche un inserto fotografico. Attraverso una narrazione di fiction ha creato un puzzle in cui il racconto dello scambio fra un Otto Dix e un Canaletto, si intervalla con la storia di Gurlitt, erede di Hildebrand, ex direttore di museo e commerciante d’arte nazista, complice della grande razzia. Nel romanzo si intrecciano due linee narrative in cui plot e fatti reali concorrono nel restituire uno dei più affascinanti misteri della seconda guerra mondiale. Uno studio notarile di Milano riceve l’incarico da una banca elvetica di rintracciare gli eredi di Giovanni Janowitz. Nathan Giannotti comprende così di essere l’unico erede di suo nonno che, prima di essere deportato e poi morire ad Auschwitz, aveva aperto una cassetta di sicurezza in Svizzera per proteggere un’unica carta: una ricevuta datata Firenze, 1938. Il documento certifica lo scambio tra un quadro del Canaletto e un Otto Dix. Servono esperti per ricostruire la storia della vendita forzata e recuperare l’opera d’arte depredata. In parallelo emergono e sfumano le vicende di un uomo misterioso, la cui effettiva identità è stata rivelata dopo oltre sessant’anni di impenetrabile oscurità.
Un libro ben scritto con una trama intrigante da thriller che però lascia come eredità la conoscenza di un pezzo di storia che oggi si tende a dimenticare, con migliaia di persone che reclamano giustizia. «Spero di aver dato un piccolo contributo a tenere alta l’attenzione su un fatto così importante. Esorto chi leggerà il libro ad approfondire questa situazione per scoprire che notizie come questa purtroppo non sono un saggio, un romanzo, ma che le cose che scrivo sono tutte vere. Ad esempio è stata una mia lacuna grossa, della quale mi vergogno, non conoscere la storia di Rose Valland, la spia che rischiò la vita per salvare l’arte francese. Come lei, ci sono stati anche in Italia tanti personaggi che hanno messo in salvo il nostro patrimonio nazionale di cultura. Ne cito uno fondamentale, il fiorentino Rodolfo Siviero, il monument man italiano, uno 007 dell’arte che ha aiutato l’Italia a recuperare molte opere rubate durante gli anni della dell'occupazione».
Zannoni punta anche il faro sulle banche svizzere. «Nel corso delle mie ricerche ho capito una cosa fondamentale, cioè che la Germania ha veramente la ferita ancora aperta, così come ho appurato che la Svizzera è stato un bel posticino dove far passare quadri e soldi rubati agli ebrei. Ora è però, per fortuna, in vigore un’importantissima una legge che obbliga le banche a cercare gli eredi di questi ebrei e riconsegnare soldi e opere ai legittimi proprietari. L’idea del romanzo è partita da lì, da una cassetta di sicurezza e da una banca che è riuscita a trovarli. Comunque ripeto: è una storia ancora viva». Diciamo che in realtà, almeno da questo punto di vista, la seconda guerra mondiale non è ancora finita e che c’è chi la sta combattendo.
Quando i tedeschi occuparono Parigi nel 1940, monument man era Rose Valland ,volontaria al Jeu de Paume, museo parigino dedicato all’arte contemporanea straniera. Appariva come un’anonima funzionaria museale e fu proprio per questo che riuscì a lavorare per anni come spia della Resistenza senza venire notata, portando però un contributo fondamentale alla tutela del patrimonio artistico francese. Durante la Seconda guerra mondiale il Jeu de Paume era un centro di smistamento per opere d’arte rubate. Nella Francia occupata, gli invasori nazisti si dedicarono al saccheggio delle collezioni private. Ufficialmente trasferite in Germania per motivi di ricerca, le opere erano destinate ai gerarchi nazisti, quando non direttamente a Hitler per il museo che avrebbe voluto realizzare a Linz, sua città Natale. Le opere venivano fotografate e schedate al Jeu de Paume prima di essere spedite in Germania.
Molti funzionari del museo smisero di lavorare, mentre Rose Valland fu nominata responsabile da Jacques Jaujard, direttore dei Musei Nazionali di Francia, allo scopo di infiltrare una spia. Valland fu in grado di documentare in segreto quattro anni di furti compiuti dai tedeschi, costruendo un archivio segreto. Riuscì a sottrarre i negativi fotografici delle opere rubate per svilupparli di notte; passò ore a copiare ricevute e documenti ferroviari per riportarli poi la mattina successiva in ufficio. Tramite Jaujard, passò informazioni strategiche alla Resistenza per ostacolare alcuni trasferimenti di opere. Riuscì, ad esempio, a impedire la partenza del famoso treno 40044, che venne ritardata per intere settimane dai partigiani con piccole azioni di sabotaggio nell’attesa dell’arrivo dell’esercito di liberazione. Dopo un’iniziale diffidenza, passò tutte le informazioni raccolte al monuments man James Rorimer, aiutandolo a ricostruire la strada percorsa dalle opere trafugate, individuando i depositi tedeschi in cui erano state nascoste, tra cui il castello da fiaba di Neuschwanstein. Una volta liberato il suo Paese, Rose si arruolò nell’esercito e passò diversi anni in Germania per continuare a recuperare opere.
Rodolfo Siviero è stato il più esperto cacciatore di opere d’arte e beni culturali italiano. Un monument man di straordinaria abilità, cui si deve il recupero di centinaia di capolavori depredati dai nazisti in Italia dal 1938 al 1945 e dispersi o trafugati; operò dal dopoguerra fino alla morte, nel 1983. Pochi conoscono la sua storia, malgrado abbia perfino ricoperto la carica di ministro plenipotenziario e sia stato protagonista di rocamboleschi recuperi. La sua figura ha subito un offuscamento post mortem, anche a causa di un’esistenza condotta all’insegna della segretezza e della doppiezza, oltre che di una pervicace ostilità verso ogni appartenenza politica, aspetto che gli ha procurato scarse simpatie trasversali. Siviero nasce come spia: dal 1937 alla fine del ’38 il giovane toscano, allora intenzionato a fare il giornalista e sostenuto da diverse personalità del Regime fascista, è inviato dal Sim in missione segreta in Germania. La sua testimonianza su quel periodo, raccolta in alcuni diari, è vaga e contraddittoria.
Di certo, a Erfurt ha occasione di osservare le modalità della confisca di beni agli ebrei da parte dei tedeschi, un’operazione che in Italia ha inizio nel 1938, appena promulgate le leggi razziali. Una volta tornato a Firenze, la sua adesione giovanile al fascismo si esaurisce, fino a condurlo sul fronte opposto, quello per il quale passa alla storia. In tempo di guerra, Siviero a Firenze organizza e dirige un nucleo clandestino che in collaborazione con gli alleati e i partigiani svolge una rischiosa attività spionistica, grazie alla quale, subito dopo la liberazione, buona parte del patrimonio esportato ha fatto ritorno in Italia. Un’enorme quantità di opere d’arte e oggetti vari di alto valore storico – oltre che archivi, biblioteche, preziosi documenti – giacevano ancora, dopo la guerra, nei nascondigli o nelle raccolte private del Reich. Per quasi trent’anni il detective, poi divenuto funzionario dello Stato italiano con un incarico speciale, ha perseverato con successo nella sua ricerca. Senza la sua azione investigativa ostinata e spregiudicata oggi l’Italia sarebbe priva di un pezzo rilevante di storia identitaria.
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris