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CREMONA, 12-13 MARZO

Macbeth

Nella versione registica di Andrea De Rosa

Nicola Arrigoni

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bfaustinelli@laprovinciadicremona.it

12 Marzo 2013 - 12:55

macbeth
CREMONA — Sono paura e sterilità le parole chiave del Macbeth di William Shakespeare nella versione registica di Andrea De Rosa, martedì 12 e mercoledì 13 marzo in scena al Ponchielli (ore 20,30) per la stagione di prosa 2012/2013. La più cupa tragedia dell’autore inglese diventa per il regista — di cui il Ponchielli cinque anni fa con il Circuito Lirico Lombardo produsse il Macbeth di Giuseppe Verdi — viene trasposta in un contesto domestico.
Macbeth e Lady Macbeth sono due piccoli borghesi perennemente in scena ed hanno le fattezze di Giuseppe Battiston, attore apprezzato per la sua folgorante carriera cinematografica e Frédérique Loilée, attrice feticcio di Andrea De Rosa, già apprezzata nella Fedra di Hugo von Hofmannsthal. Il regista — nella sua lettura del dramma tradotto da Nadia Fusini con cui ha condiviso l’interpretazione del testo — propende per la banalità del male e annega tutta la vicenda in un salotto di casa dove oltre all’utilizzo dell’alcool a profusione i due appaiono piuttosto che aspiranti geni del male, due piccoli borghesi, una coppia sterile in cui a dominare è la paura, una paura annichilente e che spinge a procedere in una violenza cieca, tanto quanto insensata e assurda e per questo efferata, proprio come Olindo e Rosa, paragone azzardato dallo stesso regista e che ha finito col caratterizzare l’approccio degli spettatori e non solo alla messinscena, prodotta dallo Stabile di Torino e da quello del Veneto.
In questa discesa nella banalità del male Andrea De Rosa mette in secondo piano la vicenda storica, la narrazione per concentrarsi sulla relazione di coppia. «I due sono sempre in scena, inscindibili nel loro percorso verso l’abisso», ha dichiarato il regista. In tutto ciò che accade in scena, nella salita al potere dei coniugi Macbeth, nella frequentazione della violenza per la violenza nel raggiungere il proprio scopo c’è insistente un clima di paura soffocante, una paura che spinge ad agire, quasi che il fare potesse edulcorare quel senso si paura che provoca angoscia.
E fanno paura se non ribrezzo i neonati, i bambolotti che prendono il posto delle streghe, bambini in fasce che sono lì a segnare la sterilità di quella coppia, «sulla loro sterilità, sul fatto che non avendo figli i coniugi Macbeth incoronati nel sangue non potranno perpetrare o avere discendenza regale — ha spiegato Andrea De Rosa —.A fronte di un richiamo costante all’infanzia nei discorsi dei due protagonisti, ad una presenza forte di bambini nel testo si contrappone la sterilità di tutto quel desiderio di potere, destinato a non avere seguito, di quella conquista della corona senza possibilità di discendenza».
Insomma ciò che attende lo spettatore stasera e domani è un Macbeth fuori dell’ordinario, riletto con piglio contemporaneo, con attenzione alle relazioni più che al disegno della storia, quella fatta di re e regine ed intrighi politici.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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