L'ANALISI
Stagione di prosa del teatro Ponchielli di Cemona
21 Gennaio 2015 - 15:21
I personaggi dello Zoo di vetro di Tennessee Williams, in scena martedì 20 e mercoledì 21 gennaio al Ponchielli, sono bagliori di un’oscurità che non dà respiro, sono come i riflessi di quegli animaletti di vetro in cui Laura, ragazza timida e zoppa perde la sua non esistenza, una Monica Piseddu di tenera e respingente anaffettività dolente. Sono come il luccichio del vestito di Amanda, donna abbandonata dal marito, madre che tanto vive della nostalgia di una serenità perduta e giovinezza spensierata, quanto è asfissiante nei confronti dei due figli, vittime di un’esistenza gravida di disillusioni: un’intensa, viscerale Milvia Marigliano. I personaggi dello Zoo di vetro sono come le volute della sigaretta di Tom, narratore e protagonista del dramma ‘simbolico e non realistico’, ma intimamente autobriografico di Williams che Arturo Cirillo ha realizzato con poetica raffinatezza, con una struggente poesia fatta di segni precisi, di atmosfere ben costruite e controllate, di un senso di dolore che è lì nella vita non vissuta di quella famiglia, di quella madre e moglie, figlio e figli abbandonati da un padre che è — per detta stessa del narratore — il quinto personaggio del dramma. Completa il dramma la presenza di Jim (Edoardo Ribatto) ex compagno di liceo di Laura e collega di lavoro di Tom che invitato a casa in una sera di inizio primavera rappresenta l’ennesima illusione di una vita immaginata più che vissuta, rappresenta l’amore sognato e impossibile di Laura. Arturo Cirillo costruisce il suo Zoo di vetro con il gioco scoperto della scena: gli attori sono sempre presenti, ed escono di scena affidandosi al buio, l’interno borghese: un divano, un tavolo e un armadio fluttua nel nero di quinte e fondali, la musica è agita con la fonica sul palco. Tutto ciò crea una sorta di distanza che fa da contrasto con il calore di una recitazione che sa essere di testa e di cuore al tempo stesso, in cui il mèlo e il dramma si acuiscono nella comicità che dimostra quanto non ci sia niente di più comico dell’infelicità. Arturo Cirillo sa essere personaggio e narratore, gestisce dall’interno con rigore le dinamiche relazionali che vedono Milvia Marigliano essere passione e non rassegnato dolore, Monica Piseddu uno scrigno fragile di voce e gesti, quanto i suoi simulacri di vetro, Edoardo Ribatto, ragazzone tonico, vita vera, Arturo Cirillo è un Tom che cerca la fuga, consapevole che l’unica strada forse percorribile è quella già imboccata dal padre. Si assiste a Lo zoo di vetro di Cirillo col fiato sospeso, col sorriso che lascia il posto immediatamente dopo all’amarezza.
Nicola Arrigoni
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