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L’INTERVISTA

Simone Raineri: «Se potessi ricomincerei. Sogno come un ragazzo»

A 25 anni dall’oro olimpico nel canottaggio l’ex campione casalasco si racconta. «La felicità? L’ho vista negli occhi dei miei genitori quando ho vinto a Sydney»

Felice Staboli

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fstaboli@laprovinciacr.it

02 Aprile 2025 - 05:30

Simone Raineri: «Se potessi ricomincerei. Sogno come un ragazzo»

Simone Raineri con la moglie Elena

CASALMAGGIORE - Venticinque non è soltanto un numero. Vuol dire anche un quarto di secolo, significa soprattutto una bella fetta di vita. Da allora, dal 2000, sono cambiate tante cose: dopo aver vinto l’oro a Sydney, l’argento a Pechino nel 2008 sempre nel 4 di coppia, e aver conquistato tanti traguardi, è arrivato inesorabile anche il momento di chiudere la carriera da atleta, fare un po’ l’allenatore. Si è tenuto addosso la divisa delle Fiamme Gialle, ha una moglie e vive sempre nella sua Casalmaggiore. L’unica cosa che non è cambiata, per sua stessa ammissione, è la testa: lo racconta lui stesso, si sente sempre quel ragazzo che faceva l’atleta. E sognava, sognava.

ranieri


Simone Raineri, ma cosa sogna oggi?
«Immagino di riuscire ancora a fare grandi cose, ma solo con la fantasia, questo è il punto».


Di cosa si occupa?
«Alleno i ragazzi dell’Interflumina, squadra lanci».


Non è esattamente il canottaggio. Come mai?
«Me lo ha chiesto il presidente Carlo Stassano cinque anni fa. Era il periodo del Covid. Tutto era fermo. Cerco di trasmettere ai ragazzi quel che ho vissuto, di farli appassionare a uno sport, di farli staccare dalla routine del telefonino o del pc».


È ancora possibile?
«Ho belle sensazioni, spero di essere utile a loro, a me serve di sicuro questo contatto. Abbiamo anche discreti risultati nei lanci. Allenavo alla Baldesio, sono stato anche in nazionale under 23. Il Covid ha stravolto tutto. Stassano mi ha coinvolto, non era il mio settore, ma mi ha detto: prova. Ci ho provato, lo ringrazio molto per questa possibilità».


E, sport a parte, cosa fa oggi Raineri?
«Il finanziere. Da atleta delle Fiamme Gialle ho avuto questa possibilità anche a fine carriera. Porto una divisa».


Dove lavora?
«A Parma. Ogni mattina comincio alle 7, finisco tra le 15 e le 16».


Di cosa si occupa?
«Soprattutto accertamenti patrimoniali».


Le piace?
«Il lavoro è lavoro. Sono stato fortunato, la Guardia di Finanza mi ha dato molto prima e anche adesso».


Quando allena?
«Il pomeriggio, quando torno. Tolgo la divisa e mi dedico allo sport. Per la felicità, si fa per dire, di mia moglie Elena».


Perché? Non condivide?
«Ma no, in realtà anche a lei piace lo sport. Tolgo molto tempo a lei e a noi, però lei sa perfettamente che per me è importante. Lei lavora a Viadana. In realtà poi anche a lei piace molto fare sport. Condividiamo tanti hobby, abbiamo anche due cani che ci occupano molto tempo».


Come ha convissuto con il peso dell’oro di Sydney?
«Peso non direi, anzi. Mi sarebbe piaciuto non smettere mai di fare sport, lo penso ogni giorno: ci sono momenti in cui sogno ancora di fare qualcosa, di essere in gara, come una volta. Certo, poi la vita va avanti e con il canottaggio non è che si facciano tanti soldi».


Cosa intende dire?
«Che è uno sport cosiddetto minore, non ti offre grandi possibilità di guadagno e in qualche modo poi devi vivere. Ma è stato tutto bello lo stesso e mi rendo conto oggi che se non avessi vinto quell’oro la mia vita sarebbe stata molto diversa».


Qualcosa ha lasciato, dunque.
«Sì, la medaglia mi ha aiutato in tante cose. È stato uno snodo cruciale della carriera e della mia vita. Molte cose non le avrei mai fatte, non sarei mai stato preso in considerazione in mille occasioni come invece è avvenuto. E tutto questo non lo dimentico: ho fatto tanti sacrifici, ma ne è valsa la pena».


Rimpianti? Nostalgia?
«No, più che nostalgia c’è la consapevolezza che quei momenti appartengono al passato. Provo quello che succede un po’ a tutti quando si fa una cosa a cui si tiene molto e al tempo stesso richiede molto impegno: allora, si cercava di allontanarsi dalle gare cruciali, dai momenti di massimo stress, quasi quasi si vedeva l’ora che finissero, che si arrivasse oltre».


E adesso?
«Ora che tutto è passato, di quei momenti si sente la mancanza, li rivivi nella mente, li sogni ancora con la fantasia, a me succede questo. Credo che sia normale. Ho cominciato col canottaggio a 10 anni, ho smesso a 40. In mezzo c’è tutta una vita. Eppure...».


Cosa...
«Mi rimetterei in gioco subito come atleta, se potessi lo farei davvero. Me lo ripeto ogni mattina. Ecco, la nostalgia è verso tutto ciò che il canottaggio mi ha dato, questo sì».


Si sente ancora con gli ex compagni di nazionale?
«Con qualcuno sì, ogni tanto, non con tutti. Però quando ci si incontra da qualche parte, in qualche occasione, è sempre molto bello».


Ha realizzato tutti i suoi sogni che aveva?
«Sì. Ho visto la felicità nei miei famigliari, nei MIEI genitori, in mio papà, in Viti il mio allenatore. A loro devo dire grazie per aver creduto in me. La felicità che ho visto nei loro occhi quando ho vinto l’oro è la vera bellezza».

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