L'ANALISI
17 Dicembre 2024 - 11:15
Eddy Polanco della Juvi e i giocatori della Vanoli sconsolati alla fine della partita
CREMONA - Ancora una volta, l’ennesima sconfitta arrivata a fil di sirena e dopo aver dilapidato un vantaggio importante ed aver sprecato tante, troppe occasioni per vincere una sfida importantissima per classifica e morale. Una battuta d’arresto dolorosissima e amarissima. Dice la locuzione latina che commettere errori è umano, ma perseverare (nell’errore) è diabolico; ecco, sebbene sia cambiato l’assetto del roster, con partenze e nuovi arrivi, e si sia passati dalla formula del 5+5 al 6+6 aumentando la disponibilità di giocatori a disposizione dello staff tecnico, la Vanoli non riesce a togliersi di dosso quella brutta scimmia che si è posata sulle spalle a inizio stagione e che pare non voglia andarsene.
A Treviso, sul +7 per i cremonesi a poco più di tre minuti dal termine, Stefan Nikolic ha sbagliato il più facile degli appoggi a canestro, fallendo il possibile +9 e dunque il colpo del probabile kappao; sul 79-82 per Cremona a 1 e 45” dalla sirena, Payton Willis ha ciccato i due tiri liberi del possibile +5; e ancora, a 17 secondi dal 40° (sul punteggio di 84-84) Corey Davis in entrata ha perso la maniglia del pallone, consegnandolo agli avversari.
Impietoso poi il confronto tra quelli che dovrebbero essere i punti di riferimenti in attacco delle due squadre: Treviso è stata trascinata da Ky Bowman che ha messo a segno 4 triple, compresa quella della vittoria sulla sirena; per Cremona, invece, Payton Willis ha infilato un solo tiro dalla lunga distanza su 7 tentativi. Eppure sappiamo bene che è la sua specialità. Vanoli tradita in questa occasione anche dal suo faro Corey Davis, sostituito a lungo da un convincente Federico Zampini che però, nella fase decisiva, è stato richiamato in panchina. Eppure l’inizio di match era stato davvero positivo, tranne poi vanificare il vantaggio iniziale per intraprendere una sfida giocata sul filo del rasoio, con un grande equilibrio durato fino alla stilettata finale.
Non sono mai stato un giustizialista, un mangia-allenatori, anzi rimango dell’idea che si debba cambiare la guida tecnica solo in situazioni irrimediabili. Così come capisco le parole di Andrea Conti. Ritengo però si sia giunti ad un bivio, perché la Vanoli – due vittorie in 11 gare e penultimo posto in classifica (a fine stagione retrocedono le ultime due) – sembra non riuscire a imboccare l’uscita del tunnel. Arrivare vicino alla vittoria e poi lasciarla sistematicamente agli avversari significa che qualcosa, dal punto di vista di mentalità e serenità, non funziona a dovere.
Coach Demis Cavina, che personalmente stimo, nel post partita di Treviso ha dichiarato che «Dobbiamo concretizzare, ormai per me è un disco rotto; bisogna essere un po’ più freddi nei finali, anche se penso che l’esperienza non la si acquisti così in fretta». Eppure nel finale di gara si è affidato a giocatori che, sulla carta, danno maggiori garanzie a livello di esperienza, ma che ancora una volta lo hanno tradito. Anche le dichiarazioni del tecnico dopo le sconfitte, con tutto il rispetto, sembrano un disco rotto che ripete le stesse note (stonate).
Cavina è stato chiaro in più occasioni, di fare un passo indietro non se ne parla; anche Luca Banchi con la Virtus Bologna è stato vicino a vincere diverse volte salvo poi perdere nel finale, eppure all’ennesima sconfitta ha evidentemente preso coscienza della situazione e per il bene della sua squadra e della società ha dato le dimissioni. Quella della Vanoli, con le dovute proporzioni, pare ormai una crisi profonda (di risultati) assimilabile appunto a quella della Virtus Bologna e dunque non si può continuare ad aspettare il miracolo, visto che alle porte ora vi è la trasferta complicatissima sul campo di Trieste reduce dal colpaccio proprio a Bologna. Lo dico con profondo dolore e rammarico e non per fare il disfattista: credo sia arrivato il momento di dare una scossa all’ambiente per cercare di riacquistare quella fiducia di cui c’è enorme necessità se si vuole tagliare il traguardo finale prefissato. Tempo per rimediare ce n’è, ma non si può più attendere e lasciare che il cammino prosegua senza intervenire. Spero di cuore che Conti abbia ragione, che la sfortuna cambi obiettivo. Ma aspettando ancora, il rischio è che la criticità possa diventare irreversibile.
Riscatto si chiedeva e riscatto è stato. È stata una settimana dal doppio impegno, quella che si è appena conclusa, e che ha visto la JuVi Ferraroni imprimere un segnale forte alla propria stagione, a partire dal recupero di mercoledì a Desio contro una delle formazioni più accreditate al salto di categoria, quella Acqua San Bernardo Cantù che ha allestito un roster ‘grandi firme’, a partire dall’allenatore Nicola Brienza per arrivare a giocatori del calibro e dell’esperienza di Filippo Baldi Rossi, Riccardo Moraschini, l’azzurro Grant Basile, Andrea De Nicolao, Christian Burns, Matteo Piccoli, gli americani Tyrus McGee e Dustin Hogue. Contro quella che personalmente ritengo la formazione più forte dell’attuale campionato di serie A2, i giocatori di coach Luca Bechi – nonostante l’ennesima partenza ad handicap – hanno avuto la forza mentale di recuperare lo svantaggio iniziale e di creare non pochi grattacapi alla compagine di casa, cedendo inevitabilmente nel finale di gara.
Quanto di bello si era ammirato a Desio, è stato replicato all’ennesima potenza domenica al PalaRadi contro l’ostica Reale Mutua Torino, alla quale Lorenzo Tortù e compagni non hanno permesso minimamente solo di pensare di poter ambire al successo esterno. La JuVi Ferraroni è entrata sul parquet amico molto motivata, animata da un grande cuore, da una forza mentale e tecnica notevole, applicazione e dedizione alla causa comune; tutto quello che era mancato in gran parte la domenica precedente nel confronto casalingo perso con la Unieuro Forlì.
Quella orogranata, stavolta, è stata una bellissima cavalcata alla quale gli avversari piemontesi non sono mai riusciti a porre rimedio: 22-13 all’8°, 45-28 al 19°, 54-33 al 25°, il massimo vantaggio sul +26 (61-35) nel terzo quarto. Nell’ultimo quarto si è un po’ mollata la presa, abbastanza normale, ma quello che davvero era importante è stato conquistare il successo che permette alla JuVi Ferraroni di muovere la classifica; ora, infatti, i cremonesi sono in quindicesima posizione a quota 12, due punti sotto la stessa Torino appaiata a quota 14 a Brindisi e Pesaro, prossima avversaria della squadra cara alla famiglia Ferraroni. Lo dicevamo all’inizio, era fondamentale dare un segnale, rimediare a qualche battuta d’arresto indigesta (per come si era concretizzata), far vedere qual é il vero volto della squadra, trovare una maggiore compattezza nei singoli reparti a favore del gioco collettivo.
La JuVi Ferraroni ha dimostrato sin da inizio stagione di potersela giocare con qualunque avversaria; certo, lungo il cammino sono stati persi punti pesanti (penso in particolare alla sconfitta interna con il fanalino di cosa Assigeco Piacenza o la posta in palio gettata al vento nella trasferta di Cento), punti che avrebbero consentito di stare in una posizione migliore e di guardare al futuro con maggiore serenità. Quel che è stato è stato, certo, ora si deve pensare al tragitto ancora da percorrere, nel corso del quale la necessità impellente è trovare quella continuità di rendimento che è mancata sin qui. Contro Torino sono andati in doppia cifra ben quattro giocatori (Lorenzo Tortù 18, Eddy Polanco 17, Federico Massone 15, Isiah Brown 12), Simone Barbante si è fermato a 9 mentre Alfonso Zampogna (7 punti) ha sostituito egregiamente – ma a volte con troppa foga - l’indisponibile Gianmarco Bertetti. Lo statunitense Brown, nell’occhio del ciclone dopo la gara con Forlì, a Desio ha messo a segno 21 punti con buone percentuali, ma contro Torino è tornato a litigare con il canestro (3-9 da due e 1-5 da tre): è solo un esempio per capire il ragionamento di quanto sia importante trovare, come si diceva, continuità di rendimento, per consentire alla squadra di poter sempre contare su un apporto costante da parte dei singoli giocatori.
La conclusione dell’anno solare vedrà la JuVi Ferraroni affrontare ora due trasferte consecutive: la prima, come detto, domenica 22 alla Vitifrigo Arena di Pesaro (ore 18) per il match pre natalizio con la Carpegna Prosciutto. La domenica successiva, 29 dicembre, sarà la volta dell’impegno al cospetto dell’Avellino Basket (PalaDelMauro, ore 18), formazione allenata dall’ex coach juvino Alessandro Crotti e dell’ex play Antonino Sabatino. Due sfide difficili, su campi complicati, ma da affrontare con il vero spirito guerriero che da sempre contraddistingue le imprese juvine.
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