L'ANALISI
20 Luglio 2024 - 05:10
Piergiuseppe Mangiacotti
CREMONA - L’avventura cambia prospettiva nel momento in cui i pensieri e le criticità organizzative in viaggio lasciano pienamente spazio al piacere di ogni pedalata. La percezione di sfida concede posto a scoperta e incanto. Un’esperienza presenta poi una visione esclusiva quando assume finalità benefica. L’impegno porta con sé un’energia particolare che permette di andare oltre la fatica. Angolazioni capaci di definire visioni speciali anche nel caso dell’impresa di 4.600 chilometri in sella a una bicicletta realizzata da Piergiuseppe Mangiacotti. Da Cremona a Capo Nord è roba da restare a bocca aperta, da stropicciarsi gli occhi, un tragitto che pare verso l’infinito, eppure quella prima immagine eroica nella sua realizzazione si è tramutata presto in una sensazione di piacevolezza. Certo, non è stato facile, ci sono stati momenti faticosi, ma per il ciclista del Cc Cremonese non è stata più solo questione di una sfida da portare a termine in venti giorni, bensì è divenuta possibilità di gustare paesaggi, incontri, culture e situazioni differenti tra loro, nello sviluppo dell’intero tracciato tra dieci Paesi attraversati.
Non solo: impegno e fatica si sono tramutate in determinazione e spinta per riuscire nell’obiettivo benefico, nato dall’idea di Mangiacotti di collegare l’esperienza individuale a un sostegno ad Abio, l’associazione a fianco dei bambini in ospedale, sezione di Cremona. Lo ha fatto raccontando il viaggio attraverso il suo profilo Instagram con la finalità di sensibilizzare alla donazione a favore dell’organizzazione di volontariato.
Com’è nata l’idea di pedalare sino a Capo Nord?
«Lo scorso anno sono partito da Cremona e sono arrivato a Santiago di Compostela, toccando Finisterre uno dei punti più occidentali del continente: al rientro è scattata l’idea di arrivare al punto più a nord dell’Europa ed è iniziata così».
Un progetto a cui ha voluto associare una finalità benefica.
«Volevo avere un obiettivo che non fosse solo individuale. Da un’esperienza personale vissuta da piccolo, mi sono mosso contattando la sezione Abio di Cremona, a cui ho parlato del mio progetto e l’iniziativa solidale è partita».
Com’è andata?
«Prima della partenza sono state stampate magliette dedicate al progetto in collaborazione con il Cc Cremonese e c’è stato pieno coinvolgimento che ha permesso la loro vendita, grazie anche alla Fortitudo Cremona, società di calcio in cui sono dirigente. Inoltre, durante il viaggio mi sono raccontato tramite il mio profilo Instagram, proprio con la finalità di sensibilizzare alla donazione direttamente ad Abio, e c’è stata una risposta. Tutta l’iniziativa ha permesso di raccogliere circa 3.700 euro: sono molto felice di questo. Inoltre il racconto è stato salvato su Instagram per chiunque interessato a scoprire le emozioni di questo viaggio speciale e magari a donare anche un contributo all’associazione».
Ha raccontato venti giorni in bicicletta, 4.600 chilometri totali percorsi: quali sensazioni ha avuto modo di vivere?
«Il tragitto me lo sono goduto dal primo all’ultimo chilometro, anche se non sono mancate difficoltà e fatica: attraversare dieci Paesi in bicicletta è stato emozionante. Più passavano i giorni e più le sensazioni erano meravigliose, proprio perché realizzavo il fascino di essere partito da Cremona e diretto a Capo Nord. Anche via social ho voluto trasmettere tutta la bellezza del viaggio per coinvolgere e stimolare altri appassionati a farlo, perché è un’esperienza straordinaria».
Quale preparazione ha seguito per completare il viaggio?
«Non ne ho seguita una specifica, per motivi di tempo da fare coincidere con gli impegni di lavoro. Mi sono ritagliato spazio in bicicletta nel tempo libero, nei weekend, aumentando il tempo sui pedali nell’ultimo mese. Nelle due settimane precedenti la partenza sono andato a lavorare a Brescia in bicicletta. Mi sono peraltro trovato alla partenza di un viaggio di 4.600 chilometri in venti giorni con una base più o meno simile di strada percorsa, però in sei mesi: c’era qualche timore, ma alla fine ci sono riuscito».
Altro aspetto organizzativo sono stati i bagagli: ridotti ai minimi termini, tenendo presente che sarebbe andato verso un clima freddo. Cosa ha portato con sé?
«Ho portato il minimo necessario, abbigliamento tecnico di ciclismo, comprese due maglie termiche e tecniche invernali, giubbotto antipioggia invernale, e kit per riparazione della bici. In tutto erano circa trenta chili di bagaglio. Fino a Oslo ho usato materiale prettamente estivo, poi invece i gradi sono scesi a dieci e all’arrivo a Capo Nord erano sei, con conseguente adattamento di vestiario».
Come sono state organizzate le giornate?
«Il viaggio è durato venti giorni: quotidianamente programmavo duecento chilometri e arrivato in prossimità della distanza fissata iniziavo a cercare utilizzando la piattaforma digitale un luogo dove dormire nei dintorni, nell’arco di una trentina di chilometri. Non ho infatti mai prenotato in anticipo, ma di giorno in giorno in base a dove mi trovavo. In media erano dieci, dodici ore di bici al giorno di norma».
Difficoltà non sono mancate, una su tutte?
«In Svezia, la strada percorsa è stata all’interno di un bosco che la attraversa nella sua lunghezza e mi è stato difficile trovare punti per i bisogni di prima necessità come mangiare e dormire. Mi è capitato di saltare la cena, pensando di fare colazione abbondante al mattino, ma poi il giorno seguente ho dovuto fare 131 chilometri per trovare un minimarket per la spesa».
Cosa invece le è rimasto di questa esperienza?
«Tutto il viaggio mi è piaciuto, in ogni Paese ho avuto modo di vedere splendidi aspetti e devo dire che la Svezia stessa, seppure con le sue difficoltà, è stata molto particolare proprio per quel lungo percorso affrontato da solo in mezzo alla natura. Poi l’arrivo a Capo Nord, faticoso, tutto in salita, peraltro in condizioni climatiche non favorevoli, perché c’era tantissimo vento e pioveva: l’emozione è stata forte».
Come ha vissuto il lato del racconto social dell’esperienza?
«Tutto ciò che ho pubblicato è stato istantaneo e mi è piaciuto, perché mi ha permesso di occupare determinati momenti della giornata. Certo è anche capitato di non avere campo e aspettare che venisse caricato il video. Oppure di non farlo perché le condizioni atmosferiche proprio non lo permettevano. C’è stato molto coinvolgimento in chi mi ha seguito, ho ricevuto moltissimi messaggi durante il viaggio. Soprattutto però il mio obiettivo era documentare per sensibilizzare alla donazione all’associazione e sono felice ci sia stato un riscontro».
Questo viaggio è nato lo scorso anno al rientro proprio da un’esperienza in bici: ora ha già un nuovo obiettivo?
«Per adesso no, ma vorrei sempre fare un’altra esperienza a cui associare un’iniziativa sociale».
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