L'ANALISI
06 Agosto 2022 - 13:10
FOGGIA - Subito dopo essere scampato miracolosamente all’agguato, Antonello Francavilla, ritenuto al
vertice dell’omonimo clan Foggiano, dichiarò agli inquirenti che quella mattina del 2 marzo scorso era al telefono quando sentì bussare alla porta. Dall’altra parte un uomo si qualificò come poliziotto, ma quando gli aprì la porta venne travolto da una pioggia di proiettili. Si nascose in camera per ripararsi. Il boss ha raccontato agli inquirenti di aver urlato al figlio di nascondersi. Ciò nonostante quest’ultimo, di appena 15 anni, rimase gravemente ferito. Una ricostruzione che all’epoca dei fatti non convinse gli agenti di polizia.
A seguito delle indagini che hanno portato al fermo di Antonio Fratianni, l’imprenditore edile di 56 anni accusato di essere l’autore materiale del duplice tentato omicidio, i poliziotti hanno ricostruito con esattezza la dinamica dell’agguato. Quella mattina Fratianni si recò a casa a Nettuno di Francavilla, dove quest’ultimo stava scontando i domiciliari. Mentre lo stesso Francavilla stava preparando un caffè, Fratianni avrebbe estratto la pistola e fatto fuoco colpendo accidentalmente anche il figlio, che è stato dimesso dopo diverse settimane di ricovero in ospedale ma le cui condizioni di salute restano preoccupanti. Il giorno seguente all’agguato, il 3 marzo scorso, l’imprenditore si è recato presso la sede della Dia di Foggia, dichiarando di essere vittima da anni di estorsioni da parte di Antonello Francavilla.
L’accusa si poggia principalmente sulle dichiarazioni rese da Domenico Sollazzo, dipendete «infedele» di Fratianni, colui il quale nella pianificazione dell’agguato allo stesso imprenditore (che si sarebbe dovuto consumare il 26 giugno scorso), ha ammesso di essere stato costretto da Emiliano Francavilla e Michele Ragno a piazzare un gps sotto l’auto di Fratianni. Inoltre le analisi dei tabulati telefonici
dimostrerebbero la presenza di Fratianni sul luogo del duplice tentato omicidio. (ANSA)
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