Altre notizie da questa sezione
Più letti
Il calciatore Re Cecconi ucciso da un gioielliere
L'amore per il Po e l'amicizia di Leonida Bissolati
Caucaso rosso
Mosca invia undicimila uomini
Delia Scala, addio regina del varietà
L'obiettivo ha visto nel mondo...
Mucca pazza, primo caso sospetto in Italia
Blog
di Nicola Arrigoni
Andrea Cigni alla guida del Ponchielli: "Onorato di essere qui"
di luca puerari
Adios Diego, campione unico e capo popolo appassionato
di Fabio Guerreschi
Luppolo in Rock, Katatonia e Moonspell ultimi colpi
LA MORTE DI MARADONA
Ciao Diego. Se dovessi parlare del calciatore dovrei dire che mi hai preso in contropiede. Non è da te. Ero lì che mi rallegravo per l’operazione alla testa andata bene, dicevo fra me e me finalmente un po' di fortuna per Diego. E invece no. Sei fuggito. Ho raccontato i tuoi gol più belli, il superbello a Città del Messico, il 22 giugno dell’86, quando hai fregato gli inglesi delle Falkland non con la mano de Diòs ma con quell’incontenibile slalom-gol – fors’anche in contropiede – che ancora vien cantato come un inno da Munoz a Radio Rivadavia. E tu alla fine, raggiante, cantavi (ero con te, io potevo, a scrivere insieme il pezzo del giorno che ti pagavo alla grande) “Las Malvinas son Argentinas”.
Ciao Diego. Se dovessi parlare del calciatore vitaiolo mi farei una bella risata – e tu la tua – dicendoti che Pelè stavolta ti ha fregato. Lui ha fatto gli ottanta l’altro giorno, un po' decadente, come me, Diego, che ho i suoi anni: ma è lì, impavido, e all’anagrafe di Très Coraçoès cantano “Pelè è meglio ‘e Maradona”. Tu sessanta, subito rovinati dal cervello ferito, dal ricovero, dalla paura che quest’anno di m…ti portasse via. Hai avuto un rinvio.
Con te, Diego, ho avuto una fortuna che adesso pago il doppio, perchè in realtà del calcio chissenefrega, di Pelè tantomeno, perdio ho perso un amico; peggio, un amico ritrovato. Perchè dopo quella storia della droga avevamo rotto: tu mi davi dell’ipocrita perchè avrei dovuto rimproverare anche quel mitico industriale del Nord che tirava di coca e io no, io ti dicevo che quello non era un ambasciatore dell’Unicef come te. Dopo due giorni sparivano i cartelli pubblicitari della nobile società benefica. E sparivi anche tu. In Argentina, dove ci odiavano perchè – dicevano – noi Italiani ti avevamo rovinato. Mica Gentile, mordendoti i garretti al Sarrià, no: noi italiani che ti avevamo consentito tutto. Anche di distruggerti. Chiudemmo ogni rapporto, negli Usa, nel ’94, quando quell’infermiera ti portò fuori dal campo e tu sparavi al mondo due occhiacci da far paura. E io ti dissi ch’eri Pinocchio imbrogliato dal Gatto e la Volpe. Mi tirasti una scarpa, feci la fine del grillo parlante. Tacqui per 12 anni. Poi una sera, a Monaco di Baviera, alla vigilia di Italia-Germania, un collega della Rai mi dice che sei al “Calabrone”, il ristorante del mio albergo. “Vieni a dargli un saluto…Poi una bella intervista…”. “Non ci parliamo da anni…”. “Uno deve cedere…provaci tu…”. Era passata la mezzanotte. Entrai, ti vidi a capotavola, c’era anche Batigol. Mi fermai sulla porta, pronto a ritirarmi, poi sentii la tua voce, una cantatina sfottente e amica insieme: ”Forsa Bolonia”, proprio come il Petisso, ricordi? Ti sei alzato, mi sei venuto incontro con un bel sorriso, ci siamo abbracciati e ci siam messi a piangere come due ubriachi. Ti abbraccio anche oggi, e piango, Diego mio. Ma poi sorrido. Sarai vivo per sempre.
Italo Cucci
25 Novembre 2020
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Direttore responsabile: Marco Bencivenga
Lascia il tuo commento A discrezione della redazione il tuo commento potrá essere pubblicato sull´edizione cartacea del quotidiano.
Condividi le tue opinioni su La Provincia