Alzi la mano chi non conosce un baby pensionato. Il pubblico impiego ne ha prodotti migliaia. Ce n’erano quasi in ogni famiglia e ancora oggi sono numerosi. Allo scade- re dei fatidici 19 anni, 6 mesi e 1 giorno di servizio,nemmeno quarantenni si poteva decidere di terminare anticipatamente la carriera lavorativa. Insegnanti, ferrovieri, postelegrafonici hanno beneficiato in massa di questa opportunità che nessun altro Paese offriva ai suoi cittadini tranne la Grecia. Sembrava che il miracolo italiano consistesse anche nella capacità di garantire all’infinito l’assegno mensile a un esercito di pensionati che si gonfiava a dismisura mentre i bilanci dell’Inps erano sempre più in rosso. All’improvviso la festa è finita. Le riforme previdenziali, a cominciare da quella varata dal governo Amato, ci hanno ri- portato all’amara realtà. I pen- sionati non sono più una categoria privilegiata,esclusi i soliti noti che continuano a incassare assegni d’oro e vitalizi milionari e che nessuno osa toccare. Oggi i primi a tirare la cinghia sono proprio i soggetti non più in produzione,per dirla col gergo sindacale. Per una volta dobbiamo rico- noscere che la segreteria Spi Cgil ha pienamente ragione nel dire che la legge di stabilità è scritta sulla falsariga delle Finanziarie degli ultimi anni: taglia i fondi previdenziali e non riduce significativamente il cuneo fiscale.Così per le aziende diventa più difficile agganciare la ripresa e per i giovani trovare lavoro. E si colpiscono i pensionati che vedono eroso il loro potere d’acquisto per la mancata rivalutazione delle indennità. Nel 2014 subiranno un aggravio fiscale fra i 74 e i 144 euro.E’ indegno di un Paese civile penalizzare i più deboli e con ridotta capacità contrattuale per far quadra- re i conti dello Stato. Si taglia qua e là, ma la spending review nonèpiùiltotemdavantialqua- le tutti si inchinano. Si allenta la tensione, anche psicologica, cre- ata dalgoverno dei tecnici senza promuovereinterventiperlosvi- luppo. Non si parla più nemme- no della soppressione delle Pro- vince, che pareva indispensabile per salvare il Paese dalla ban- carotta. I l governo galleggia: non pro- muove politiche coraggiose che favoriscano una reale cre- scita economica e vara provvedi- menti inefficaci che danno poche speranze ai giovani e nessuna agli anziani, costretti ancora una volta a tirare la cinghia. Si deroga ripe- tutamente ai principi di giustizia sociale e di rado si pone rimedio agli errori commessi. E’ capitato nei giorni scorsi con l’approvazio- ne al Senato dell’emendamento al decreto Fornero che penalizzava i donatori di sangue. Chi andrà in pensione entro il 2017 senza avere compiuto 62 anni non sarà più co- stretto a lavorare tanti giorni in piùquantinehautilizzatiperiper- messi ottenuti in seguito ai prelie- vi. E in alternativa non percepirà un assegno decurtato, come la ri- forma prevedeva. La questione, sollevata a Cremona, è stata rilan- ciata e amplificata a livello nazio- nale. Si è resa giustizia a centinaia di migliaia di avisini e si tutela un servizio essenziale per il corretto funzionamento delle strutture sa- nitarie.Vengonoripristinatele re- gole in vigore prima del decreto Fornero anche per i beneficiari della legge 104 che disciplina l’as- sistenza ai disabili gravi. Il successo conseguito da una bat- taglia condotta sul piano mediati- coe suquello politico non devefar dimenticare che rimane aperta la questione,benpiùspinosa,delpie- no riconoscimento dei permessi di maternità e dei congedi parentali ai fini pensionistici. Se il governo Letta considera la valorizzazione dellamaternitàe della genitorialità una priorità, si agisca di conse- guenza. Penalizzare i donatori dal puntodivistapensionisticosignifi- cava non riconoscere l’importanza di un gesto e il valore del servizio. E’ ancora più grave non essere an- cora intervenuti per correggere la stortura del decreto Fornero che danneggia le madri in procinto d’andareinpensione.E’un’esplici- ta dimostrazione di disinteresse per la tutela della maternità. Un atteggiamento odioso in un Paese come il nostro dove solo gli immi- grati frenano il calo demografico. Il problema è difficile da risolvere perché occorrono molte più risor- se. Ma è qui che potete dimostrare quantovalete, cari parlamentari. Vittoriano Zanolli