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7 agosto 2016

Lgh-A2A l’esproprio politico e’ servito

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emanzini@laprovinciacr.it

08 Agosto 2016 - 10:47

Si dirà che nel mercato globale le vecchie aziende municipalizzate non hanno più ragione d’esistere per mancanza di margini economici che consentano loro di operare in modo autonomo. Si dirà che nel campo della fornitura dei servizi energetici e ambientali presto esisteranno solo le grosse aggregazioni aziendali. E’ tutto vero. Ma non si può dire che la vendita, anzi la svendita, di Lgh ad A2A sia un affare. Lo sarà, forse, per Milano e Brescia che hanno comprato. Non lo è per tutti gli altri. I giudizi negativi stridono con i sorrisi compiaciuti e l’euforia di tutti i contraenti. Le riserve scaturiscono da una serie di valutazioni che meritano l’attenzione anche di chi ancora oggi non ha ben chiaro che cosa sia e e che cosa faccia Lgh. Linea Group Holding è nata dalla flusione di Aem Cremona, Cogeme Rovato, Scs Crema, Asm Pavia e Astem Lodi e dalla felice intuizione delle cinque amministrazioni locali che concepirono e realizzarono il progetto di una conglomerata pubblica del sud Lombardia. Oggi ci dicono che le dimensioni di Lgh sono insufficienti a garantire economie di scala. Benissimo. Ma forse si potevano trovare alternative alla cessione al colosso bresciano-milanese. Bisognava preservare un’autonomia che dal 4 agosto scorso è e resterà una chimera. Oltretutto la compravendita è avvenuta a un prezzo giudicato risibile: 113 milioni di euro pagati per il 58% in denaro e per la quota restante in azioni di A2A. Forse il paragone è improprio, ma è meno di quanto la Juventus pretenda dal Manchester United per la cessione di Pogba (120 milioni) e non molto più di quanto i bianconeri hanno dato al Napoli (90 milioni) per Higuain.
Sorvoliamo sulle obiezioni sollevate dal Garante della concorrenza e del mercato che hanno dilatato i tempi di definizione dell’accordo, raggiunto lo scorso marzo. Guardiamo invece alle prospettive. A2A e Lgh enfatizzano la valenza strategica della partnership e gli ipotetici benefici di natura industriale e finanziaria che a loro dire ne deriveranno.

Prevedono maggiore efficienza operativa e l’innalzamento degli standard di qualità. Vedremo. Gli utenti saranno giudici attenti e severi. Spetta a loro l’ultima parola, anche se avranno sempre meno voce in capitolo. L’Aem era la casa dei cremonesi e quell’acronimo è noto e caro a tutti. Lo stesso non si può dire di Lgh. Adesso che il centro decisionale si allontana definitivamente da qua, sarà molto più difficile se non impossibile che le singole istanze trovino ascolto. E se il futuro è la Borsa, gli amministratori della società saranno molto più attenti agli interessi degli azionisti, cioè del capitale, che a quelli del territorio, cioè della gente. I Comuni perdono il controllo diretto delle aziende e della gestione dei servizi essenziali. E’ un esproprio legalizzato. Ed è tutto da verificare l’impegno, assicurato da A2A a Lgh, al rispetto dell’identità delle società esistenti a beneficio dei territori e dei cittadini. Non poteva mancare la spartizione delle poltrone, consueta ma inaccettabile per un gruppo industriale che si muove sul mercato e che dovrebbe privilegiare le professionalità. Prevale, come sempre, l’appartenenza ai partiti e il manuale Cencelli resta il breviario di ogni politico. La nuova Lgh sarà guidata da Antonio Vivenzi, vicesegretario del Pd bresciano e consigliere politico alla presidenza del Consiglio dei ministri. Per la serie, se oggi non sei renziano non vai da nessuna parte. Lo attornieranno ben 13 consiglieri, con buona pace delle indicazioni che aveva dato Carlo Cottarelli sulla cura dimagrante necessaria per le società partecipate. Come se non bastasse, i 6 di Lgh sono tutti targati, mentre A2A ha indicato solo tecnici. Il che la dice lunga sulle intenzioni operative di chi vende: saranno i milanesi e i bresciani a decidere e i nostri obbediranno. La sede dovrebbe restare a Cremona, ma la pretende Rovato, che scalpita e fa pesare i 100 milioni di debiti dell’Aem, frutto delle scellerate scelte politiche cremonesi. Il sindaco di Cremona esulta, al solito, per una fusione che giudica epocale e, colto da amnesia, dimentica l’impegno preso in campagna elettorale di spegnere l’inceneritore. La dismissione è improponibile, visto che il termovalorizzatore è considerato un bene strategico del nuovo gruppo. Serve a fare soldi. E i soldi contano più di tutto il resto. Salvo poi trovarsi all’improvviso senza spiccioli e con l'acqua alla gola com’è accaduto con l’Aem.

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