L'ANALISI
02 Novembre 2025 - 16:50
La ventitreenne cremonese Caterina Madini
CREMONA - Dall’Orchestra giovanile Mousikè di Cremona alla Filarmonica di Liegi. Caterina Madini ha appena festeggiato il suo ventitreesimo compleanno. Certamente un compleanno che ricorderà: il primo compleanno da primo fagotto nella Orchestre Philharmonique Royal de Liège.
La notizia arriva a settembre «ma — racconta lei — non ci speravo molto». In quei mesi, si stava guardando attorno parecchio, provando qui e là qualche concorso. «Cremona mi ha dato tantissimo — continua — e sono molto grata di essere cresciuta in un polmone musicale che mi ha offerto, durante la mia infanzia, una serie di esperienze che mi hanno fatto capire cosa avrei voluto fare nella vita: musica».
È cremonese purosangue e, da quando ha memoria, ama la musica. Prima i corsi di chitarra, poi la fascinazione per uno strumento forse poco usuale. In un mondo di violinisti (e nella città del violino), Madini sceglie il fagotto. Tra gli strumenti a fiato, forse, il più strano. Per forma, per suono. Ci si potrebbe chiedere perché scegliere uno strumento così. Forse semplicemente perché le cose accadono, perché gli innamoramenti nati sotto il segno della musica non hanno bisogno di spiegazioni. In effetti, poco cambia che sia un fagotto, un oboe sommerso o un flauto: c’è qualcosa di mistico, di poetico in questi strumenti.
La scuola media Vida e i primi corsi di chitarra, l’Orchestra giovanile Mousikè e la scelta del fagotto: per Caterina, Cremona non è solo casa, ma anche l’origine di una passione, prima ancora che una professione. Poi il conservatorio a Mantova, presso cui si diploma con lode e menzione. Vince la sua prima audizione, per il Comunale di Bologna. La musica la porta poi a Basilea, per un master che le offre molteplici esperienze memorabili: suona in Oman con i Solisti Veneti, poi all’Opera di Roma con il maestro Michele Mariotti, e anche al San Carlo di Roma. Arriva a Losanna, dove conquista uno dei pochi e contesissimi posti del master da solista con Carlo Colombo: «Al mio maestro devo veramente tutto», dice non senza commozione.
Lo scorso giugno, la prima collaborazione con Liegi per i concerti del premio Queen Elisabeth. Poi i tre round di audizioni: «Ogni volta che passavo uno step — racconta — non riuscivo a crederci». La sentiamo suonare a Pesaro, nelle file dell’orchestra del teatro Comunale di Bologna, che durante le settimane del Rossini Opera Festival presta il proprio servigio nella splendida cittadina marchigiana. Si trova alle prese prima con il titolo che apre la rassegna, Zelmira, ben diretta da Giacomo Sagripanti. Opera musicalmente assai complicata. Poi in una coloratissima Italiana in Algeri, dove la direzione risulta più confusionaria. Eppure il suono del fagotto è sempre ben chiaro, vellutato, incisivo. Buttando un occhio in buca la si vede spesso sorridere e scherzare coi colleghi, perché far musica è ciò che le dà in assoluto più gioia. E se la sera non suona, va a teatro e sente suonare amici e colleghi.
Per le strade di Pesaro, capita di incontrare Michele Mariotti, pesarese e direttore musicale dell’Opera di Roma. Di certo una delle bacchette italiane più importanti del momento. Mariotti le ricorda le recite all’Opera di Roma, dice che non aveva mai sentito un fagotto suonare così. Tutti la richiedono, tutti la vogliono, e tra audizioni vinte qui e là (al San Carlo di Napoli) e concorsi (ad Alessandria), Madini sceglie Liegi. L’idea di lasciare la Svizzera ora la spaventa un po’, ma la aspetta una delle compagini filarmoniche più prestigiose d’Europa. Non nasconde che l’opera le mancherà: «La Filarmonica di Liegi affronta repertorio esclusivamente sinfonico», spiega. Per un po’, dunque, dovrà abbandonare il melodramma, la cifra musicale italiana, quella che l’ha portata un po’ dappertutto: Bologna, Napoli, Roma, Pesaro.
Tra le opere che le sono rimaste nel cuore c’è Lucia di Lammermoor, di Gaetano Donizetti. Nel repertorio sinfonico, invece, l’esperienza più spiazzante è recentissima, con la Sagra della Primavera di Igor Stravinskij, lo scorso 21 settembre. Una pagina immensa, complessa, un grande rito che ci ricorda quanto possa essere spiazzante ed evocativa la musica, quante infinite storie sappia raccontare. Come la storia di Caterina, appena cominciata.
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