L'ANALISI
02 Novembre 2025 - 05:20
'Il Giudizio Universale' di Luca Signorelli nella Cappella di San Brizio nella Cattedrale di Orvieto
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa, infatti, è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
(Gv 6,37-40)
Il vangelo di Giovanni spesso si discosta dalla logica degli altri tre vangeli e apre come dei discorsi, delle proclamazioni, incastonate in dialoghi o incontri con personaggi poi diventati famosi: la Samaritana al pozzo, Nicodemo di notte… Giovanni riesce così ad addensare nelle parole riferite a Gesù i grandi insegnamenti della fede cristiana.
Il brano odierno – uno dei tre possibili della liturgia dei Morti del 2 novembre – appare da subito solenne, alto e profondo al tempo stesso. Gesù insegna alle folle di cui non sappiamo nulla, o forse tutto: è gente che potremmo definire normale, come ce n’è dappertutto, in ogni angolo del mondo, sempre alla ricerca di qualcosa di forte o per essere distratta dalla durezza della vita o per ritrovare il bandolo dell’intrico dell’esistenza.
Tutti coloro che hanno qualcosa da dire, dai politici agli uomini e donne di religione o di pensiero, rischiano questa polarità. E devono dimostrare con le loro argomentazioni e, spesso, con la loro stessa vita da che parte la loro proposta penderà: verso il crinale della demagogia a basso prezzo o verso il fondo del cuore, dove si annidano gli snodi più autentici di ciascuno di noi.
Il Gesù di Giovanni ha le idee chiare, non liscia il pelo di nessuno: egli è la potenza di Dio per gli uomini, la sua migliore garanzia di fedeltà, a tal punto che anche le vicende paradossali dei suoi ultimi giorni, dove sembra proprio che la prepotenza della politica religiosa metta a tacere il servo e il santo, in realtà sono saldamente nelle mani di Dio.
Giuda, Pilato, il Sinedrio tradiscono Gesù, se lo consegnano reciprocamente calpestando la verità e la giustizia, ma dentro questo gioco indegno è la gloria di Dio, la sua capacità di amare sino alla fine e spezzare le catene della vendetta e dell’iniquità ad avere la meglio. Giovanni lo sa: sa che cosa sta scrivendo e allora non ha paura a mettere sulle labbra di Gesù parole di vittoria e non solo di consolazione, parole di certezza che scomodano anche il cielo.
Il maestro che sta parlando non si gioca nella demagogia e non vende prodotti a basso prezzo, magari sottocosto. Alza, al contrario, l’asticella e tira in ballo la vita eterna e la fedeltà di Dio anche dopo la morte, parlando di un affidamento di tutti alla sua potenza di amore.
Questo nel giorno della commemorazione dei Defunti ricordiamo, celebriamo e teniamo vicino al nostro cuore: una fedeltà che è promessa come potere di vita e non di morte, alla cui luce anche il giudizio non appare più come un conto ragionieristico, ma come una passione di amore che brucia e attende, sino all’ultimo.
C’è per Gesù una precisa volontà di Dio, che ci consente di chiamarlo, come accade in tutta la Bibbia, dai testi più antichi a quelli più recenti, salvatore (go’el in Ebraico: colui che libera, colui che restituisce la dignità del vivere). La fede cristiana professa la risurrezione: certamente di Gesù, che le donne prima e i discepoli poi non trovano più nel sepolcro; ma anche la nostra, parlando di risurrezione della carne. Ad Orvieto, nella cappella di S. Brizio in duomo, Luca Signorelli ha raffigurato in modo assolutamente plastico e dinamico questo passaggio, dipingendo corpi richiamati alla vita, riformati attorno ai propri scheletri, capaci di rialzarsi dalla terra ed uscire alla luce. Un racconto potentissimo, impressionante per il suo effetto scenico. Un racconto simbolico, che tenta di dare appunto carne e sangue ad una promessa di vita.
Come sarà? Cosa accadrà davvero? Si tratta dell’ennesima sfida della religione alla biologia o alla fisica? No, si tratta della rappresentazione delle parole odierne di Gesù: non perderò nessuno, la vita non sarà distrutta dal nulla della morte. E la carne, ovvero la nostra storia consapevole, biografica, resa possibile dall’intrico delle relazioni, dalla forza dell’amore e dalla prepotenza della cattiveria, resterà saldamente nelle mani di Dio. Proprio come Giovanni ci dice è successo alla vita di Gesù, risorto (fatto risorgere dal Padre).
Il Vangelo sostiene così, rischiando una promessa tra le più ardite, il giorno in cui proprio tutti torniamo con cuore e memoria a quanti ci hanno autorizzato ad essere qui e sono parte preziosissima, nel bene e nel male, della nostra biografia.
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris