L'ANALISI
31 Agosto 2025 - 09:48
Uno spettacolo di teatro danza messo in scena dalla compagnia QU.EM. quintelemento
CREMONA - La sede è nel cuore del centro storico, al piano terra di palazzo Schinchinelli Martini: tre stanze, un ingresso per il pubblico, la sala per i laboratori e la dimostrazione dei lavori, un altro spazio – privato – di studio, la biblioteca di Paolo Ascagni: «Qui c’è tutto il mio amato Hegel e tutti i miei libri di filosofia, oltre che teatro e molto altro», afferma con la complicità di Francesca Rizzi e Danio Belloni. E mentre lo dice, gli si illuminano gli occhi ed è come se parlasse dei suoi figli. È questa la sede di QU.EM. quintelemento, compagnia nata una quindicina di anni fa e, negli ultimi tre o quattro anni, una delle nuove presenze della scena cremonese che ha animato il terreno filodrammatico cittadino.
«Siamo un gruppo. Arriviamo da provenienze diverse, ma andiamo dalla stessa parte. Teatro e arti performative ci tengono uniti e vivi», dicono all’unisono Ascagni, attore e giornalista, Rizzi, attrice che si è formata presso la Comuna Baires di Milano e proveniente da diverse esperienze di teatro-danza e terzo teatro, e Belloni, attore cremonese che da alcuni anni si è specializzato nella realizzazione di video e nel video-teatro. Si occupa anche di comunicazione digitale e post-produzione video.
Compongono la compagnia, oltre ai tre fondatori: Clotilde Elena Caiazza, Filippo Cattadori, Ilaria Checchi, Sara Cuttone, Ersin Drndar, Anna Gagliardi, Barbara Generali, Enza Latella, Antonella Marrone, Eloisa Martino, Marco Mastronicola, Simona Orizio, Laura Perlasca, Nicolò Pinazzo, Valentina Rizzi, Edi Saviola, Roberta Schiavi, Beatrice Spampinato, Germano Tacconelli, Claudio Torelli, Isabella Vercelli e Alberto Vetroni.
«Quintelemento è nato dal nostro primo lavoro liberamente ispirato alla Morte di Empedocle di Hölderlin e ai quattro elementi – racconta Ascagni –. Il quinto, per certi versi, è stato l’inserimento, fin dal nostro debutto, della parte video e di un’attenzione al video-teatro come forma espressiva autonoma e non ancillare alla parola». L’attenzione alla tecnologia e agli intrecci con le arti performative sembra cozzare con la natura di un gruppo di teatro dell’espressività fisica che Francesca Rizzi porta avanti con grande rigore e attenzione al lavoro di sala e alla costruzione degli spettacoli, partendo dalle dinamiche di relazione fra le persone.
Elemento fondante del gruppo è quello dell’incontro e dell’intreccio dei linguaggi, connaturato alla natura stessa del teatro. Paradossalmente, a fronte di uno spazio limitato nelle dimensioni, la voglia di includere il mondo e cercare contatti sempre stimolanti e nuovi caratterizza il gruppo cremonese: «Il nostro orizzonte è quello del teatro – spiega Ascagni –, fin dalla prima esperienza con Cathy Marchand del Living Theatre fino al rapporto con Eugenio Barba, che ha voluto che l’associazione NexTeatro e QU.EM. entrassero a far parte della Fondazione Varley-Barba. La scorsa primavera abbiamo avuto la possibilità di portare a Cremona Barba e confrontarci con lui, oltre che offrire un laboratorio intensivo sulla voce curato da Julia Varley. Questi, per così dire, sono i nostri punti di riferimento, che si declinano nella prassi ideativa dei nostri lavori e anche nell’approccio laboratoriale. Sono appena stato a Montecarlo per il Festival Mondial du Théâtre 2025, invitato come presidente della Uilt. Anche questo è un modo per aprire la mente e concepire nuove visioni».
In merito aggiunge Francesca Rizzi: «Nel nostro laboratorio teatrale proviamo a indagare il rapporto fra il sé e il personaggio. Crediamo nel lavoro su sé stessi, nell’esperienza che ciascuno può portare dalla vita; non serve lavorare su un copione di cui non si ha esperienza. Tutto ciò che accade ed è vita, diventa interessante, perfino la finzione. Noi studiamo il lavoro su di sé, lo spazio, il movimento, la voce, gli altri – spiega –. Tutto questo per dire che ciò che mettiamo in scena è frutto spesso di un percorso condiviso, di spunti che magari partono da un testo, non necessariamente teatrale, ma che poi elaboriamo e trasformiamo in sala, tutti coautori di una voglia di ricercare l’autentico che sta in ognuno di noi».
In questo senso va letto l’aurorale lavoro L’atomo di Cesio ovvero l’ininfluenza di chiamarsi Riccardo, liberamente tratto dal Riccardo III di Shakespeare, o il più recente studio su Macbeth, presentato lo scorso 14 agosto: «che ci ha stupito per l’afflusso di pubblico – spiega Ascagni –. È vero che la nostra sala ha pochi posti, che è uno spazio più di lavoro, ma è anche vero che oramai c’è chi ci segue, apprezza quello che facciamo e non vuole mancare ai nostri lavori. Molto spesso siamo costretti ad aggiungere repliche. È accaduto anche al Museo Archeologico San Lorenzo e al Civico Ala Ponzone con Identità confuse, una forma di teatro installativo suggerita dalle opere Le teste in barattolo di Sara Cuttone, che ha visto un’ottima partecipazione di pubblico. Ci piace la possibilità di uscire da palazzo Schinchinelli e collaborare con le istituzioni della città, dal Comune alla Confcommercio».
«Da qui anche la centralità dell’appartenenza alla Uilt – specifica Ascagni – che ci permette di essere in contatto con le realtà nazionali e internazionali del libero teatro, ovvero quelle formazioni filodrammatiche e semiprofessionistiche che rappresentano l’humus del teatro, il terreno fertile su cui vive la forza generante del teatro».
Guardando alla teatrografia di QU.EM. si nota che ci sono ritorni su testi classici teatrali e letterari, versioni differenti degli stessi testi, nella consapevolezza che la ricerca sia un continuo interrogarsi, e un interrogarsi insieme. Da qui anche l’organizzazione didattico-formativa del gruppo, che offre differenti opportunità e chiede ai corsisti non solo di essere discenti, ma anche protagonisti del loro fare teatro, del loro crescere come “animali teatrali”.
«Il prossimo 28 settembre proporremo il nostro open day mostrando Macbeth Studio n. 1 e illustrando a chi vorrà venire le nostre attività – spiegano Rizzi e Ascagni –. Abbiamo diverse proposte: due laboratori annuali. Motus, laboratorio di teatro-danza che si tiene tutti i lunedì dalle 19 alle 21 e prenderà il via il 6 ottobre. C’è poi Exit, il laboratorio teatrale, che si tiene il giovedì. Entrambi i corsi partono a ottobre e si chiudono a giugno. Abbiamo proposto in questi mesi, e lo faremo anche a settembre, weekend intensivi di laboratori; a questo si affianca il Tekno Teatro, un workshop con cuffie stereo in cui le persone possono fare esperienze di spazi cittadini o museali, scoprendo un modo altro di relazionarsi con la realtà circostante.
Non da ultimo i seminari con Eugenio Barba e Julia Varley dell’Odin Teatret, quello con Cathy Marchand del Living Theatre e l’esperienza con Jordi Forcadas del Teatro dell’Oppresso: alcuni degli appuntamenti che ci hanno permesso di venire a contatto con mostri sacri del teatro della seconda metà del Novecento. Ora ci piacerebbe avere con noi Gabriele Vacis, regista e pedagogo di rara raffinatezza: stiamo lavorando a questa possibilità. Vediamo».
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