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#DIRITTODICRITICA: 'Requiem(s)'

Nuovo appuntamento con l'iniziativa organizzata dal giornale 'La Provincia' e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli

La Provincia Redazione

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28 Marzo 2025 - 13:28

#DIRITTODICRITICA: Requiem(s)

CREMONA - Torna l'appuntamento con #DIRITTODICRITICA, l'iniziativa organizzata dal giornale La Provincia e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli, che offre agli studenti delle scuole cremonesi la possibilità di esprimere il loro giudizio motivato e argomentato sugli spettacoli in cartellone al Ponchielli. Protagonista di questo appuntamento  è 'Requiem(s)'.

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Come possiamo interpretare i sentimenti provocati dalla morte? Questa è la domanda che il coreografo francese Angelin Preljocaj si è posto per creare Requiem(s). Le tragiche esperienze vissute dal coreografo nel 2023 l’hanno ispirato ad articolare una danza contemporanea particolare, la quale si contraddistingue per diversi elementi. In questa circostanza, la sera di domenica 23 marzo, sul palcoscenico del Teatro Amilcare Ponchielli ha avuto l’occasione di esibirsi la compagnia Ballet Preljocaj, composta per l'ovvasione da 18 ballerini. Le musiche contrastanti e provenienti dal repertorio di Mozart, Bach, Ligeti ma anche dei canti medievali incorniciano l’atmosfera stimolando la riflessione e l’attenzione ai movimenti. Quando il sipario si apre la composizione formata dai tre grandi cestini fluttuanti lascia di stucco il pubblico, che diventa da subito interessato a ciò che sta per essergli sottoposto. Così i novanta minuti di corse alternate, salti, passi leggiadri e prese elevate passano in men che non si dica. È notevole la connessione che Preljocaj riesce a creare tra i ballerini e gli spettatori; questi ultimi vengono suggestionati da riflessioni su Primo Levi che spiega la sua vergogna di essere uomo a seguito dell’Olocausto. Successivamente sul sipario  scorre la traduzione di un discorso in francese improntato a trasmettere la tragedia della malattia e di una madre distrutta dal dolore. Rimane impressa nella mente la fantastica coordinazione della compagnia, la quale riesce a creare dei giochi visiti con incastri e sequenze ripetute; anche le scenografie che si pongono su vari piani del palco rendono accattivante la scena. Solo una scena ha richiesto l’uso di abiti sgargianti, con colori accesi o accessori, infatti quasi tutto il tempo i ballerini indossavano costumi semplici, abbinati tra loro e spesso che vanno a simulare la nudità. Proprio questa semplicità riesce a valorizzare il movimento e la leggerezza dei passi a due e delle composizioni a file alternate, oltre a far emergere le emozioni provate. Il tentativo del coreografo di tradurre dei sentimenti forti e toccanti è stato raggiunto tramite la danza: un linguaggio universale.

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La sera di domenica 23 Marzo, il teatro Ponchielli di Cremona è stato travolto dall’espressività del Ballet Preljocaj che ha immerso gli spettatori in un vortice di emozioni e sensazioni. Diciotto ballerini, accompagnati dalle note riarrangiate di Mozart, Bach, Messiaen e System of a Down, animano il palco con le complesse coreografie di Angelin Preljocaj imprimendo in ogni movimento una profondità assoluta. Movimenti ripetuti e specchiati tentano di rappresentare l’eterno, la fugacità della vita e l’incomprensibilità della morte; a tratti intimi e teneri, altre volte forti, decisi ma sempre insufficienti per allontanare e comprendere la morte. Straziante è la frase che descrive il lutto per un figlio: le madri soffrono infinitamente e cullano ancora un bambino invisibile nella non accettazione della perdita. Corpi molli, leggeri, mossi da forze oscure come marionette; poi corpi violenti che fanno tremare il cuore della platea. Questi, con la luce, diventano i protagonisti: ora in contrasto, ora una cosa sola, richiamano, insieme ai colori dei vestiti, le sfaccettature delle emozioni. Angelin Preljocaj attraverso Requiem(s), non solo inteso come genere musicale, esplora la complessità dei sentimenti umani di fronte alla morte e al suo annientamento; non solo il lutto, non solo la tristezza e la devastazione ma anche il caos, il ricordo e la gioia che pervade ognuno dopo una perdita. La frase finale è proprio questo: una celebrazione alla vita, a chi resta, a chi non c’è più e a chi verrà. Sulle note di System of a Down i ballerini sono liberi di muoversi, sfogarsi e liberarsi da quell'iniziale senso di prigione che li pervadeva, rinchiusi nelle gabbie. Tra suoni, atmosfere oscure, modernismo e sacralità viene evocato il concetto universale di morte e la soggettività della reazione ad essa. Particolare la voce narrante che cita Primo Levi che, accompagnando i danzatori, esprime i suoi pensieri sulla morte e il suo senso di vergogna di essere uomo dopo aver assistito allo scempio del genocidio. Infine la scenografia, semplice ma d'impatto, e gli elementi visivi amplificano la potenza della narrazione e trasformano il palco in un luogo di riflessione e confronto tra lo spettatore e l'inesorabile.

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