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Fra varietà e tv, Greggio a tutto campo

Sociale tutto esaurito per il comico di Drive In e Striscia. Al termine in fila per i selfie ricordo

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

10 Marzo 2025 - 09:15

Fra varietà e tv, Greggio a tutto campo

SORESINA - E alla fine Ezio Greggio sfodera il cellulare, dà le spalle alla platea e chiede al Sociale un grande applauso e tutti in coro: «Has… Fidanken», o ancora «Sarà vero, sarà falso… Sarah Ferguson». Poi tutti in fila per fare il selfie con Greggio che con pazienza si presta a soddisfare il desiderio di souvenir del suo pubblico. Una festa questo è stato lo spettacolo ‘Una vita sullo schermo. 40 anni di Tv cinema e storia italiana’ di Ezio Greggio, Marco Salvati e Armando Vertorano sabato sera in un Sociale tutto esaurito.

«Bruno, qui non se ne va nessuno», osserva con divertita assonanza Greggio, chiamando il direttore artistico Tiberi. Ma sarebbe riduttivo, si crede, raccontare del recital limitandosi a riportarne le battute e a evidenziare un certo tono nostalgico per i bei tempi antichi… ovvero i mitici anni Ottanta. Si crede che nel lavoro di Greggio, in questa sua pulsione ad antologizzarsi, ci possa essere di più, c’è la tradizione di una comicità che dal varietà è passata attraverso i grandi show del sabato sera di mamma Rai, a iniziare da Canzonissima di Walter Chiari per approdare alle tv private con Drive In, Paperissima e ovviamente Striscia la notizia di Antonio Ricci.

La scena è quella di un ingresso hollywoodiano in un grande cinema o teatro con tanto di possibile red carpet. Uno schermo alle spalle e Greggio in abito nero che racconta di sé, ironizza su vizi e poche virtù del nostro tempo e inserisce qua e là spezzoni di film, foto dei colleghi di una vita: Gianfranco D’Angelo, Enrico Beruschi e ovviamente Enzo Iacchetti che chiama Enzino. Il passato è una delle coordinate dello spettacolo in cui si inseriscono la versione en travesti di Maria De Filippi con C’è posta per me e il coinvolgimento del pubblico, lo sketch dedicato a Biden incalzato da Trump e ovviamente l’Asta tosta con la chiusura dell’opera di Teomondo Scrofalo chiamato a gran voce dal pubblico, per chiudere con una sorta di buffo karaoke in playback sui grandi successi di Adriano Celentano.

Ma che cosa fa Ezio Greggio nella versione teatrale? Dimostra come la comicità leggera e d’intrattenimento - che molto fa arricciare il naso ai profumati - è in realtà una portatrice sana di intelligenza e sapere che arriva dai meccanismi unici e universali di quel moto del riso che vuole tempi, pause, tonalità giusti, altrimenti miseramente fallisce. Questo Greggio lo sa fare e lo fa con quell’aria un po’ distante, superiore e straniata che assesta, quando meno te lo aspetti, fulminanti battute e improvvisi scatti di ilarità. Ciò si riflette nel suo muoversi a scatti, nel mostrare di andare in una direzione e poi, improvvisamente, virare e cogliere con gentilezza la vittima di turno, la spalla che dal pubblico possa dargli l’occasione di costruire la sua scena.

E allora il volto sorridente di Walter Chiari non è solo un ricordo di un amico, così come quello di Gigi Proietti incanutito sono segni di un’eredità, sono immagini di un legame, di una storia del saper far ridere e sorridere in cui Greggio si inserisce a pieno titolo. E non si tratta di rileggere e rivalutare in termini restauratori una leggerezza e una futilità dell’edonismo reaganiano anni Ottanta, ma di riconoscere in quella comicità forse l’ultimo segnale di una tradizione che arriva dalla rivista dal varietà, riletti col grandangolo democratico del tubo catodico.

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