L'ANALISI
23 Gennaio 2025 - 13:50
Franco Mussida
CREMONA - Un viaggio nella musica e nel tempo, a metà strada fra romanzo, filosofia e autobiografia. Franco Mussida - storico ex membro e fondatore della PFM, formatore e creatore del Centro Professione Musica, all’unanimità considerato fra i più raffinati chitarristi italiani - è stato protagonista allo Spoon di vicolo Bordigallo di una serata-presentazione del suo ultimo libro Il Bimbo del Carillon, un volume edito da Salani. Un appuntamento che, similmente al libro, ha mescolato ricordi, poesia e pensieri di chi della musica ha fatto la propria ragione di vita.
“Faccio un balzo indietro di 50 anni - ha spiegato Mussida, spendendo anche parole di apprezzamento per il locale cremonese dedito alla musica dal vivo e gremito di pubblico di ogni età -. La musica l’ho fatta in tanti luoghi, in grandi teatri e in giro per il mondo. Ho fatto cose emozionanti, ho fatto il busker, a volte porto la musica nelle carceri e nelle comunità di recupero. A un certo punto sono uscito dal mondo dello spettacolo. Perché la musica è uno spettacolo, ma fare spettacolo non penso sia compito della musica. Ho provato a osservare la musica da un altro punto di vista. Io oggi mi sento più un rappresentante degli ascoltatori che un musicista. Un musicista è prima di tutto un ascoltatore privilegiato. Gli stessi dubbi che tutti voi nutrite per la comunicazione musicale oggi, sono anche i miei”.
Di tanto in tanto Mussida imbraccia la sua chitarra, per regalare alcuni brani, schizzi di partiture, tappeti sonori e melodie delicate, mentre alle spalle del piccolo palco si proietta qualche video. Tutto è funzionale alla narrazione del musicista, sempre in sospeso fra memoria e poesia.
“Oggi il mondo dello spettacolo segue alcune regole, io ho deciso di raccontare, di parlare solo di musica. Mi piace non restare ingabbiato all’interno di una regola fissa, di una modalità che si ripete sempre. L’esperienza di questa sera, per esempio, per me è nuova. Oggi sempre di più il mondo della musica è considerato una merce, ma mai come oggi si è perso il senso e il ruolo della musica stessa”. Il Bimbo del Carillon ci porta alla fine degli anni Quaranta, nella periferia di Milano. La scena è quella di un bambino che gattona sul pavimento, attirato da un oggetto sconosciuto. Si tratta di una scatola di legno che libera nell'aria una serie di suoni cristallini, gioiosi. Con i suoi occhi grandi, illuminati di ingenuità, il bambino insegue quella sorgente di magia, sentendo esplodere nel cuore un’emozione nuova e travolgente. Non lo sa ancora, ma ha appena incontrato quella che per tutta la vita sarà la sua compagna fedele, la musica. “Avevo una famiglia che si divertiva una volta alla settimana - ricorda l’autore di Impressioni di Settembre -. Papà lavorava alle poste, mia mamma era casalinga. Era una vita segnata da difficoltà economiche, ma il giovedì sera ci si vedeva con gli amici per suonare insieme. Questi giovedì erano una meraviglia del cielo. Lì ho iniziato a osservare quel buco nero sotto le corde della chitarra di mio padre, senza capire da dove provenisse quel suono, pensando che dentro quel buco ci fosse qualcosa”.
Molto tempo dopo, quel bambino ormai più che settantenne sale in macchina per un viaggio in solitaria verso l’Oasi di Ninfa, nella pianura Pontina, un luogo speciale dove scavare dentro di sé e trasformare in musica intuizioni, immagini, frammenti di memoria. È l’inizio di un percorso spirituale sulle tracce di un ragazzo schivo che negli anni Sessanta e Settanta si trova a calcare i palcoscenici di mezzo mondo, di un compositore e chitarrista formidabile che fonda, con un gruppo di altri visionari, la PFM, pietra miliare del rock progressivo italiano. Un maestro che ha messo la propria arte al servizio dei giovani allievi della sua scuola di musica, e di migliaia di persone in comunità e istituti di pena. “Davanti alla musica dobbiamo fermarci - continua Mussida parlando a ruota libera allo Spoon -. E' una cosa talmente grande che va osservata davvero. Provo a farlo nel mio libro, partendo dalla fine”.
Mussida non è mai stanco di indagare il suono, inteso come strumento per conoscere la propria anima. Con innata schiettezza e con l’imprevedibile creatività che è il suo marchio di fabbrica, risale all’origine del suo amore per le sette note, “quella misteriosa grammatica universale che ci permette di entrare in contatto con la poesia del mondo”.
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