L'ANALISI
19 Maggio 2024 - 05:15
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Gv 15
Non è sempre facile sistemare le “cose del Vangelo” in ordine e dentro una scatola che risulti alla fine leggera, semplice, trasportabile. Il Cristianesimo eredita una teologia molto lineare, quella ebraica, che guarda caso trovava la sua piena realizzazione nell’obbedienza alla Legge, la Torah, come forma della vita buona e garanzia di alleanza con Dio. Al tempo di Gesù questa saldatura era diventata molto pervasiva, a tal punto che non sono pochi i rimproveri che Gesù stesso muove ai capi del popolo, a chi detiene le chiavi del potere religioso e dell’interpretazione ortodossa.. sino al punto di accusare alcuni di dire e non fare e di caricare sulle spalle della povera gente pesi assurdi. È il destino di ogni forma di potere, anche religioso, anche ecclesiastico, quando non sa amare, quando perde la ragione stessa del proprio esistere: il servizio alla vita e alla sua libertà.
I Vangeli ci complicano non poco l’orizzonte: è vero che Gesù parla ai piccoli, agli ultimi, con i segni potenti della liberazione e della riconciliazione che non necessitano di teoremi, ma di abbracci, non di dogmi, ma di carezze e conferme. Verissimo! Ma quelle carezze e quelle conferme, perché abbiano sapore e profumino di vita, devono venire da un po’ più in alto… devono narrare di un amore più grande che promette una vicinanza, anzi dichiara di voler salvare le sue creature. E così Gesù non è solo… ma è l’impronta del Padre. E a loro volta Gesù e il Padre corrono verso la croce, accettando di trasformare il destino della morte ingiusta in una suprema prova d’amore.
Follia? Illusione? La cosa si complica ancora di più quando questo amore, questa forza che irrompe nella storia… beh non riguarda per i Vangeli solo loro due… solo gli attori divini di una storia che potrebbe essere derubricata a mito consolante. Al contrario questo amore, questa forza diviene la promessa, la caparra, il segno donato a quanti, nella storia, avrebbero desiderato di continuare un’esistenza di dono. Ecco un ulteriore annuncio: esiste uno Spirito che lega, connette, pone in rete quanti si decidono per l’amore, quanti non trattengono il loro tempo e la fecondità della loro vita e, così facendo, cambiano misteriosamente la storia. Anche quando ci si ostina a far studiare ai ragazzi quasi solo battaglie e successi militari, conquiste e soprusi di ogni sorta, per poi concludere che questa sovraesposizione al male non immunizza nessuno, ma forse ottiene un drammatico effetto contrario: quello dell’assuefazione.
Nel Vangelo di Giovanni Gesù sceglie la storia del bene, pur sapendo che soffrirà e molto una posizione marginale. Ed assicura che un altro, un paràclito (un avvocato, un assistente) testimonierà il senso della sua vita e renderà possibili infinite variazioni dell’unica melodia che conta, quella dell’amore di Dio che si incarna nella coscienza aperta dell’umanità ed ingaggia così una battaglia tra la luce e il buio, la gioia e la tristezza. Gesù chiama questa catena di amore la verità stessa delle cose: “Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità”.
Il giorno di Pentecoste, il cinquantesimo del tempo pasquale, il suo culmine e la sua pienezza, è come un trampolino su cui siamo invitati a salire, perché il nostro slancio vitale non si interrompa e la nostra fecondità continui a scrivere pagine di vita e non di morte. Potrà capitare anche a noi, come è accaduto mille volte nella storia, che i nostri cuori si rinchiudano per la delusione nel cenacolo della nostra intimità; che si montino allarmi e si spranghino catenacci perché la sicurezza conforti la paura. Capiterà. Ed allora servirà luce. Ne avremo bisogno. Come ne hanno bisogno quanti appartengono alla parte “sbagliata” del mondo: quello delle vittime umiliate e dello sfruttamento subito, in forme tanto crudeli che a volte nemmeno riusciremmo ad immaginarle.
Le parole di Gesù sono una promessa: che il male non prevarrà e che un senso profondo l’amore fecondo lo conserva. E che questo amore è addirittura l’intimo cuore di Dio, capace di pulsare ed esondare, assumendo le forme più svariate del dono: il servizio, l’intelligenza del progresso condiviso, il perdono che riabilita, lo sguardo benedicente sulle cose rotte o sulle persone rottamate, la passione perché il mondo non ignori più quelle che Baumann chiama “vite di scarto”. Serve luce. Serve questa luce.
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