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VIAGGIO DELLA MEMORIA 2024

A Gorizia oltre 400 studenti da tutta la provincia

Dalle scuole di Cremona, Crema e Casalmaggiore in visita ai luoghi simbolo del confine orientale: «Uno, lungo la frontiera, non è solo sé, è anche l’altro»

Giulio Solzi Gaboardi

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redazione@laprovinciacr.it

10 Aprile 2024 - 05:10

Gorizia, città di  frontiera dove si è sé e insieme l’altro

GORIZIA - «Uno, lungo la frontiera, non è solo sé, è anche l’altro». Una frase forte, emblematica, che parla di divisione e, forse, di unione. Campeggia su uno dei cartelli esposti sulle ringhiere esterne del Museo del lasciapassare. A una manciata di metri, il cartello blu, sbiadito, con le stelle ormai appena visibili che indica Gorizia, Italia. Lì c’è il confine con la Slovenia. Quasi non si vede, ma si sente. I ragazzi giocano ad attraversarlo e scherzano: «Un momento, prof: vado un attimo in Slovenia e torno».

Sono oltre quattrocento gli studenti che ieri mattina sono partiti per la ventottesima edizione del Viaggio della memoria. Nove pullman e quattordici scuole coinvolte in tutta la provincia di Cremona: Torriani, Anguissola, Aselli, Einaudi, Ghisleri, Manin, Stanga, Stradivari e Vida di Cremona, Galilei, Manziana, Racchetti-Da Vinci, Sraffa, Stanga di Crema, Polo Romani di Casalmaggiore.

viaggio

Il viaggio comincia con una sveglia puntata la mattina presto. La convocazione è per le 6,45. A Porta Venezia si raduna gran parte dei partecipanti, gli altri pullman partono da Casalmaggiore e da Crema. Ad attendere il pullman sono centinaia di ragazzi delle scuole cremonesi. Hanno i visi ancora un po’ assonnati, ma sorridenti. Si incontrano amici da diverse scuole.

Alle 7 si parte. La prima tappa è Gorizia. Città piccola. Città di confine. Un confine molto teso: impossibile tracciare una riga per dividere due popolazioni. Ancora più difficile dividere famiglie e affetti. La guida snocciola la storia della città. Le origini slave e non romane. All’alba della Prima guerra mondiale, mentre in Italia si decideva da che parte stare, i giovani goriziani vestivano più o meno volentieri un’uniforme austriaca e combattevano lontano da casa, sul micidiale fronte russo. La città passa sotto il controllo italiano nel ‘16, ma solo nel ‘18 ne fa ufficialmente parte. Poi, l’italianizzazione coatta imposta dal regime fascista. Cambiano i nomi dei palazzi e delle persone. Cambia la forma della città. Cambiano i rapporti tra gli italiani e la minoranza slava. Cambia tutto.

gorizia

Cade il fascismo e la città è occupata dagli Alleati, fino alla spartizione. Quattro quinti della città vanno all’Italia, il resto alla Jugoslavia, che da quella piccola parte rimasta fonda Nova Gorica. Tre quarti del restante territorio rurale, però, vanno alla Jugoslavia.

Il grande gruppo di quattrocento studenti si divide a piazza Sant’Ignazio, ex convento di Barnabiti squarciato in epoca napoleonica. I vari gruppi si ricongiungeranno solo a fine giornata, in piazza Transalpina. Da un angolo di strada si intravedono le due cupole a cipolla della chiesa di Sant’Ignazio, si percorre una via spenta che ricorda Cremona. Pacifica, rimasta fuori dal tempo. Qualche vetrina è rimasta vuota. Gli infissi in legno, le insegne d’epoca. Dentro nulla. A Gorizia, la presenza dei quattrocento ragazzi che invadono piazze e strade si nota vistosamente. Il giro della città permette di scoprire le perle della ‘Nizza austriaca’, la città di villeggiatura per eccellenza dell’Impero austroungarico. Le tracce di questo passato felice oggi sono meno visibili, ma la città resta un gioiello. Molte strade sono divelte, i palazzi in restauro: Gorizia è inondata di lavori pubblici e di ristrutturazioni. Si sta facendo bella perché la coppia Gorizia/Nova Gorica sarà città europea della cultura 2025. Un appuntamento fondamentale proprio perché pone al centro del dibattito culturale il tema del limes, della frontiera, della divisione. La visita si conclude in piazza Transalpina, circondata dai cantieri. In quella piazza, fino al 2004, si trovava la barriera che separava Italia e Slovenia, un muro crollato vent’anni fa con l’ingresso della Slovenia in Unione Europea. Viene posta una corona di fiori, con foglie verdi e garofani rossi e bianchi, sul cerchio che ricorda quel confine. 

Tutti gli studenti applaudono visibilmente emozionati. Basta allungare il piede, tendere la mano, per scavalcare un confine. Il primo giorno del Viaggio della Memoria è un’emozione unica, c’è un senso di autentica gioia. I prossimi giorni, però, affronteranno temi molto più duri: l’occupazione fascista della Jugoslavia, con la visita, oggi, di Lubiana, e, domani, del campo di concentramento di Gonars.

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Commenti all'articolo

  • fatacco_cr

    10 Aprile 2024 - 19:02

    Questa gita è stata chiamata Viaggio della Memoria per ricordare i crimini fascisti in quella parte della ex Jugoslavia. Giusto come principio ma si è notato una certa politicizzazione nella preparazione, sarebbe il caso che gli studenti facciano pure un Viaggio del Ricordo per visitare le foibe dove si perpetrarono i crimini dei titini contro gli Italiani, anche se l'ANPI lo sminuisce sempre!

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