Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

L'INTERVISTA

«Recitare Cechov al Ponchielli, non vedo l’ora»

Francesca Mazza, attrice cremonese, ha debuttato al festival di Spoleto nel «Gabbiano», diretta dal regista Lidi

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

21 Luglio 2022 - 05:10

«Recitare Cechov al Ponchielli, non vedo l’ora»

Francesca Mazza, attrice cremonese,

CREMONA - «Sono felice. Leonardo Lidi mi ha fatto un grande regalo chiamandomi a interpretare il ruolo di Irina Arkadina nel Gabbiano di Anton Cechov. Recitare Cechov per attrici della mia generazione vuol dire fare i conti con Stanislavskij, con la  tradizione di studio e rinnovamento del mestiere dell’attore e le teoriche con cui ho nutrito la mia passione d’attrice. Quando me l’ha proposto ero fuori dalla grazia di Dio per la felicità», racconta Francesca Mazza, attrice cremonese, con alle spalle due Premi Ubu, l’oscar del teatro italiano, fresca di debutto al Festival dei Due Mondi di Spoleto, il festival italiano per eccellenza.

Con Leonardo Lidi, giovane regista piacentino e più che una promessa della scena italiana, è nato un bel sodalizio…
«È un piacere lavorare con Leonardo, è un regista giovane, ma con grande sapienza d’attore e una solidità di lettura dei testi sa mettere a proprio agio chi lavora con lui. Il gabbiano è il terzo spettacolo che interpreto, dopo La casa di Bernarda Alba di Lorca e Il misantropo di Molière».

Ma Cechov è Cechov, sembra di intuire dalle sue parole.
«E in più Il gabbiano, in cui io sono Irina Arkadina, la grande attrice, madre di Kostia. Il gabbiano è un testo in cui si riflette su forme nuove e vecchie del teatro e non solo, ovviamente. E' un testo che parla di noi attori, della nostra arte, della voglia di rinnovare e innovare e della resistenza della tradizione».

Ed infatti Irina Arkadina è la grande attrice della tradizione, è colei con cui si misura il figlio Kostantin che va in cerca di nuove forme, in contrapposizione con il modello scenico incarnato dalla madre. In tutto questo Francesca Mazza come ha lavorato?
«Ho lavorato su Arkadina tenendo conto, ovviamente, della lettura di Leonardo Lidi che ha affidato a noi attori il suo Gabbiano. In scena non c’è nulla. Noi attori possiamo contare solo su noi stessi, sulle parole che diciamo. Ci sono una panca e due sedie, nient’altro. Lidi ci ha fatto lavorare sulla recitazione e sulla consapevolezza nei confronti del testo, soppesando ogni parola, ogni tono e cercando autenticità e verità. Ed ogni sera che abbiamo fatto lo spettacolo lo stupore si rinnovava per la bellezza del testo e l'intensità delle parole di Cechov. Ho la fortuna di lavorare con un cast di grandi interpreti come Giuliana Vigogna, Christian La Rosa, Massimo Speziani, Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Angela Malfitano, Orietta Notari, Tino Rossi. Siamo un gruppo affiatato con cui Leonardo Lidi ha costruito un Gabbiano fatto di parole e di toni, di sfumature recitative e di una grande verità, o meglio di una tensione continua a costruire verità in scena».

Proprio in questo contesto il suo personaggio appare doppiamente difficile…
«Irina Arkadina è sempre sovraesposta, è sempre attrice, ostentatamente attrice. Mi è stato chiesto di lavorare con equilibrio su questa apparente contraddizione in termini: naturalezza e artificio cercando una verità di fondo che per il mio personaggio si compie nell’essere sempre in scena, in posa e inautentica, forse».

Dopo Spoleto dove si potrà vedere Il gabbiano?
«Faremo una tournée nei teatri italiani a iniziare dal prossimo autunno. Fra le piazze c’è anche il Ponchielli di Cremona. Torno a casa. Sarà la prima volta che reciterò nella mia città e farlo con Il gabbiano di Cechov avrà qualcosa di speciale. Al Ponchielli ho avuto il mio primo incontro col teatro, poterci recitare sarà un’emozione fortissima e poi mi immagino che potrò incontrare amici del liceo Aselli che non vedo da una vita. Malgrado viva da anni altrove, sono legata a Cremona».

Quali sono i prossimi impegni?
«Sto partendo per Roma dove inizierò le prove della Fedra di Seneca, diretta da Elena Sofia Ricci. Io ed Elena abbiamo cominciato insieme, eravamo le due sorelle nel Bugiardo di Goldoni con Paola Gassman e Ugo Pagliai. Dopo quello spettacolo le nostre strade si sono separate, eravamo amicissime, ma il teatro vive di queste intense relazioni, destinate a interrompersi improvvisamente, ma non necessariamente a inaridirsi. E così, in maniera del tutto inaspettata, è capitato che un giorno Elena mi ha chiamata al telefono e mi ha detto diretta, diretta: Sono Elena Sofia Ricci e sono 39 anni che non ci sentiamo, mi piacerebbe averti nella mia Fedra. E così ora sono in partenza per le prove, per iniziare questa bella avventura con una mia cara amica che non incontro da quarant’anni. Il bello di questo mestiere è anche questo».

Un mestiere che la porta ad accettare sfide come quelle del Faust per la regia di Giovanni Ortoleva, uno nei metteur en scène più interessanti dell’ultima generazione…
«La proposta è arrivata tanto inattesa, quanto gradita. Non capita tutti i giorni di poter vestire i panni del Faust di Marlowe e la proposta di Ortoleva mi è parsa subito interessante: immaginare un Faust donna. Poi alla fine, facendo lo spettacolo, il regista mi ha confessato che dopo avermi visto in Casa di Bernarda Alba si era detto che voleva semplicemente lavorare con me e si è inventato un pensiero sul Faust al femminile per avermi in compagnia. Ciò mi ha fatto piacere. Per un’attrice come me poter contare sullo sguardo dei giovani è importante, poter lavorare con nuove sensibilità è determinante per continuare a nutrire la passione per la scena».

E così Ortoleva e  Lidi sono solo gli ultimi giovani adulti del teatro italiano che sono stati sedotti da Francesca Mazza. Vengono in mente i Fanny & Alexander di Luigi De Angelis e Chiara Lagani che l’hanno portata all’Ubu…
«L’incontro con De Angelis e Lagani è stato magico e a tratti buffo perché avevano una sorta di timidezza educata nel relazionarsi con me, attrice che arrivo dall’esperienza del teatro di Leo De Berardinis. Mi trattavano, all’inizio, come una vecchia signora, una sorta di Irina Arkadina…. (ride). Poi pian piano siamo entrati in confidenza ed è ed è stato un rapporto creativo molto bello e intenso. Sì, mi piace potermi affidare a giovani personalità creative del nostro teatro, mi piace che mi vengano a cercare, vuol dire che immaginano che io abbia qualcosa da dire, anche alla loro generazione. È una grande soddisfazione che, con Il gabbiano di Lidi, si nutre di un capolavoro assoluto e di uno sguardo registico fresco e che sono contenta possa arrivare anche a Cremona».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400