L'ANALISI
06 Novembre 2025 - 05:05
CREMA - Pianificavano i furti con precisione, individuando gli obiettivi — quasi esclusivamente ville isolate — attraverso sopralluoghi accurati; e con un assetto definito dagli stessi inquirenti «para-militare», perfetto nell’organizzazione e nello sviluppo, li assaltavano muovendosi su auto rubate — quasi sempre potenti Audi e Mercedes — rese ulteriormente irrintracciabili dall’applicazione di targhe razziate: ha colpito anche nel Cremasco, la banda di specialisti dello scasso incastrata dai carabinieri di Pordenone e accusata di incursioni in mezzo Nord Italia, in particolare tra Veneto, Friuli e Lombardia.
In cella, per il momento, sono finiti due albanesi di 24 e 31 anni e altri due connazionali sono ricercati: avevano base nel Milanese e sono tutti accusati di aver partecipato a 13 raid (nove a segno e quattro tentati) in abitazione tra febbraio e marzo 2024. E di quel periodo sono anche i due blitz accertati nel territorio, l’uno e l’altro nella tarda serata del 9 marzo a Pandino: nel mirino due villette, lasciate nel caos e svuotate. Tutti i gioielli rubati, nel primo caso; un prezioso anello con diamante il bottino del secondo. Nessun dubbio che su quei saccheggi ci sia la firma della gang: i militari del Nucleo Investigativo hanno riscontri certi, a partire dalle impronte digitali lasciate sulle portefinestre scassinate.
«Ma non escludiamo affatto, e anzi possiamo presumerlo, che il gruppo possa aver colpito anche in altri paesi».
Di sicuro i banditi erano già stati nel Cremasco anche in precedenza, il 7 febbraio: quella notte, a bordo di una Mercedes, erano stati intercettati dall’Arma a Dovera e ad altissima velocità avevano forzato il blocco allestito per un normale servizio di controllo del territorio. Per questo, oltre che di furto aggravato, ricettazione e riciclaggio, i due arrestati devono rispondere anche di resistenza a pubblico ufficiale.
Spregiudicati. Qui come in tutte le altre province in cui si sono mossi. Emerge chiaramente dall’inchiesta, denominata ‘Amg’, coordinata dalla Procura della Repubblica di Pordenone e iniziata dopo un colpo a San Vito al Tagliamento. Partivano dall’hinterland di Milano sapendo già perfettamente dove dirigersi, comunicavano con i walkie-talkie, scavalcavano cancelli e forzavano serramenti, capaci anche di neutralizzare gli allarmi. E svuotavano persino i salvadanai dei bambini.
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