L'ANALISI
28 Settembre 2025 - 05:20
CREMA - Far emergere i casi di sfruttamento delle vittime della tratta di esseri umani, per offrire a queste persone una via di uscita. Un fenomeno che, purtroppo, non risparmia la città e l’intero distretto cremasco. Il Comune si schiera in prima linea finanziando con 7.000 euro il lavoro dell’associazione Lule e della Fondazione Somaschi, quest’ultima impegnata proprio sulla città. Adesso riparte un nuovo progetto, grazie alla convenzione tra il Comune e i due enti no profit, che prevede ulteriore lavoro sul campo e non solo, sino alla fine del 2026.
«Vogliamo proseguire – chiarisce l’assessora al Welfare Anastasie Musumary – nella definizione e messa in atto di politiche e interventi a favore delle persone vittime di tratta con un approccio che tenga conto della complessità di tali fenomeni e preveda interventi rivolti alle persone, lavoro di rete con le diverse agenzie territoriali, sensibilizzazione e responsabilizzazione delle comunità locali. Rinnoviamo questa convenzione anche con l’obiettivo di formare gli operatori, in modo che abbiano gli strumenti per rilevare e intercettare questi fenomeni e capire se gli utenti possono essere vittime di tratta. Spesso queste persone non dichiarano apertamente di vivere questo dramma. Chiaro che con personale formato ci sia maggiore possibilità di intercettare e far emergere questi fenomeni».
Problemi che continuano a rappresentare una realtà drammatica anche nel territorio cremasco. Tra il 2023 e la fine dello scorso anno, gli operatori avevano contattato 160 stranieri potenziali vittime di tratta. Gli incaricati di Lule si occupano di individuare le persone potenziali vittime di tratta o grave sfruttamento sessuale, lavorativo, accattonaggio, economie illegali e matrimoni forzati/combinati, con particolare attenzione ai richiedenti protezione internazionale e ai titolari di protezione internazionale. Un lavoro che viene svolto su più fronti, sia in strada sia scandagliando il web e non solo. Vengono anche messe in campo attività di informazione, orientamento e consulenza legale. Senza dimenticare la formazione, degli stessi operatori della cooperativa, ma anche di chi lavora negli enti locali e nelle forze dell’ordine sulle possibili connessioni tra il sistema della tratta e quello richiedenti protezione internazionale.
Nell’ultimo rapporto Lule onlus sottolinea come «nell’ambito della prostituzione outdoor si osservi una presenza significativa di donne dell’Est Europa, transessuali latinoamericane e, in alcune zone, donne nigeriane. Si registra che le donne albanesi e rumene sono soggette a stretto controllo da parte di racket organizzati, con ronde e telefonate frequenti. Un racket transnazionale coinvolge persone transessuali peruviane, spesso sfruttate attraverso reti che collegano Italia, Spagna e il Sud America. Il turnover è elevato, in particolare tra le donne transessuali, che, oltre alla prostituzione, spesso praticano furti ai danni dei clienti. La Paullese è storicamente un luogo di presenza di donne rumene e nigeriane, alcune delle quali continuano a pagare organizzazioni criminali, nonostante abbiano estinto i debiti iniziali contratti prima della partenza dal paese. Nei contesti di prostituzione indoor lo sfruttamento coinvolge principalmente donne latinoamericane, cinesi e dell’Est Europa. Il controllo delle vittime spesso avviene attraverso figure di connessione, come la ‘cafetinia’ o la ‘mama’, che gestiscono il debito contratto per il trasferimento in Europa. Si osserva che i centri massaggi orientali sono luoghi chiave dello sfruttamento della prostituzione, con lavoratrici orientali soggette ad elevata mobilità forzata».
ECONOMIE ILLEGALI E ACCATTONAGGIO
Oltre alla prostituzione, lo sfruttamento lavorativo, l’accattonaggio e le economie illegali, sono gli altri ambiti dove è più frequente la presenza di vittime di tratta di esseri umani.
«Il primo – chiariscono gli operatori di Lule – avviene impiegando i migranti privi di contratti regolari, con coercizione economica e trattenute abusive sui salari. Nel territorio di Mantova e Cremona, emerge una forte incidenza di grave sfruttamento lavorativo, in particolare tra i lavoratori subsahariani e bengalesi» spesso impiegati «nella ristorazione e in altri lavori del settore dei servizi».
E ancora: «Numerose sono anche le truffe legate ai decreti flussi, che colpiscono lavoratori indiani, marocchini e pakistani. A Lodi e Bergamo, il fenomeno è evidente nel settore della ristorazione». Ovviamente le persone incontrate sono spesso senza regolari permessi di soggiorno. Questa situazione permette agli sfruttatori di tenerle il pugno con il ricatto. Quasi sempre, inoltre, non conoscono la lingua e dunque faticano a chiedere aiuto proprio per le difficoltà a comunicare.
«Fragilità documentale e abitativa sono trasversali allo sfruttamento dell'accattonaggio e delle economie illegali, come più in generale a tutti i tipi di sfruttamento – concludono dalla cooperativa –: un aspetto trasversale alle diverse province è il controllo esercitato dai racket, sia locali che transnazionali, che regolano l’attività delle vittime e limitano le loro possibilità di denuncia».
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris