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INSIDIE E OPPORTUNITÀ DEL DIGITALE

I cyberattacchi dilagano: in quattro anni +45,5%

Nel mirino anche imprese e cittadini cremonesi. Vitali: «La causa è l’interconnessione»

Claudio Barcellari

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redazione@laprovinciacr.it

21 Agosto 2025 - 05:25

I cyberattacchi dilagano: in quattro anni +45,5%

CREMONA - La rete è un campo di battaglia che non fa rumore: senza scassinamenti, vetri rotti, armi da fuoco. Eppure, anche a Cremona i cyberattacchi in tutte le salse sono sempre più frequenti: negli ultimi 4 anni, in Lombardia i crimini online ai danni delle imprese sono aumentati del 45,5%, come rileva lo studio di Confartigianato. Numeri perfettamente in linea con il quadro della provincia, come spiega il delegato provinciale di Federprivacy Roberto Vitali, secondo cui il fenomeno va di pari passo con una crescente interconnessione tra utenti, anche privati.

«Più si va avanti — afferma — più la connessione è diffusa. È chiaro, dunque, che l’esposizione al crimine informatico sia sempre maggiore. Nel ‘nuovo mondo’ in cui siamo immersi, la condivisione dei dati è alla base del funzionamento di qualsiasi device, compresi oggetti di uso quotidiano come auto, frigoriferi, caldaie. Le imprese raccolgono dati per ottimizzare prodotti e processi in modo perfettamente legale: non si tratta, chiaramente, dei dati personali, ma dei cosiddetti ‘big data’, che hanno più opportunità di risultare utili all’imprenditore».

Roberto Vitali

Ecco perché occorre stare in guardia: «Il criminale della rete trae vantaggio da questi processi — continua Vitali — la domotica e l’interconnessione ci agevolano in tutto e per tutto, ma al contempo ci espongono». Ad essere bersagliati sono cittadini e imprese; in questo secondo caso, l’incremento dei reati dietro lo schermo è spaventoso in tutta Italia, con il primato della Toscana (88,3%) e del Veneto (+63,7%). Dall’altra parte dello schermo, le intenzioni possono essere diverse.

«Ci sono organizzazioni più inclini al furto, altre alla manomissione, altre alla visibilità, altre alla politica. Anche soltanto modificando dei dati o facendo trasmettendo informazioni in modo indebito è comunque possibile guadagnare». L’aumento impressionante degli ultimi quattro anni sarebbe dunque la logica conseguenza dell’interconnessione raggiunta dopo il Covid: «Anche prima era possibile essere raggirati e circuiti — prosegue Vitali — semplicemente siamo passati da una criminalità fisica ad una virtuale, che è aumentata a rotta di collo».

Anche i dati nazionali lo confermano: Confartigianato rivela che i reati informatici, nel loro insieme, costituiscono il 35,5% dei delitti commessi ai danni delle aziende italiane. Il 15,8% delle imprese, a fronte del 21,5% della media Ue, ha registrato almeno un incidente informatico con conseguenze come l’indisponibilità dei servizi Ict, la distruzione o la divulgazione di dati.


Tuttavia, allerta Vitali, reagire con il panico o la paranoia non sarebbe di alcun aiuto, né tantomeno ragionevole: «Il cittadino e l’impresa non devono scadere nella diffidenza, ma ‘armarsi’ per prendere decisioni consapevoli. Banche e assicurazioni mettono in guardia da tempo sull’uso dei dati personali in senso stretto, come il codice Iban».


«Tornare indietro non è più possibile — conclude Vitali — e non è vero che le cose andavano meglio. La condivisione dei dati è semplicemente un rischio, come molti ce ne sono nella vita: l’obiettivo è minimizzarlo». Una direzione che le imprese italiane hanno preso sul serio: l’analisi di Confartigianato dimostra che la necessità di proteggere il patrimonio dei propri dati è ben nota alle aziende, l’83,1% delle quali attribuisce un’alta importanza alla cybersicurezza (percentuale che supera la media dell’Unione Europea, pari al 71,1%).

Nel 2024, il 42,6% delle aziende ha investito in sicurezza informatica, in qualche caso approfittando dell’ausilio dell’ intelligenza artificiale. Tuttavia, allerta Confartigianato, il problema è trovare le risorse umane in grado di soddisfare questa esigenza. Soltanto il 32,2% degli imprenditori adotta almeno 7 delle 11 misure di sicurezza monitorate dall’Istat, un dato inferiore al 38,5% della media Ue.

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