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IL PUNTO

Neonazista o jihadista, la violenza è seduttiva

Gli estremismi emanano un fascino perverso capace di ammaliare le menti più deboli, soprattutto se giovani e in via di formazione. Serve che scuola, famiglia, società civile e politica promuovano responsabilità collettiva e resilienza democratica

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

03 Agosto 2025 - 05:00

Neonazista o jihadista, la violenza è seduttiva

Parte del materiale sequestrato dalla Digos nel corso delle perquisizioni in case di ragazzini sedotti dalla propaganda sul web

Che siano di ispirazione suprematista, neonazista, accelerazionista, antagonista o jihadista, le sirene di movimenti e opinioni estremisti emanano un fascino perverso capace di sedurre le menti più deboli, soprattutto se giovani e in via di formazione. Quelle in cerca di una guida, di un motivo per esistere, di un obiettivo che non riescono a darsi da sole. È il potere di seduzione della violenza, di quella fine a se stessa che non necessita di sovrastrutture ideologiche e si sostituisce a una più matura e consapevole spinta al cambiamento.

Una nuova aggressività dalla potenza distruttiva che prende il posto di quelle rivolte sociali, naturalmente non violente ma nemmeno arrendevoli e acquiescenti, che spesso sono state capaci di cambiare il mondo. Quella dell’uomo come unico animale che dice no al clima che lo circonda ma, allo stesso tempo, si batte per una condizione nuova e diversa tanto amato dallo scrittore e filosofo Albert Camus, quella di chi si rifiuta di essere addomesticato dal potere cara all’ex presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky.

Invece, con la complicità della Rete sempre più senza regole, i messaggi violenti moltiplicano la loro forza di seduzione, generando un clima per molti versi drammatico. Ne abbiamo avuto recente conferma dalla lunga serie di indagini della Polizia di Stato che hanno portato a 22 perquisizioni nei confronti di giovanissimi italiani e stranieri precipitati in contesti estremisti. Una anche in provincia di Cremona, solo sfiorata dal fenomeno, ma non significa che ci si possa voltare dall’altra parte. Serve l’alleanza tra scuola, famiglia, società civile e politica che superi le logiche emergenziali e promuova una cultura di prevenzione, responsabilità collettiva e resilienza democratica.

La Digos di Cremona ha trovato nello smartphone di un 17enne residente nel Cremasco fotografie e chat di propaganda fascista. La perquisizione è del novembre scorso e il relativo rapporto è finito nel dossier di una inchiesta più ampia che ha coinvolto l’Italia intera. La Polizia di Stato ha eseguito 22 perquisizioni delegate dalle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i Minorenni territorialmente competenti nei confronti di giovani tra i 13 (non è un errore: proprio 13) e i 17 anni, emersi in contesti estremisti di matrice suprematista, accelerazionista, antagonista e jihadista. In tutto questo c’è un termine nuovo, sconosciuto al grande pubblico: accelerazionismo.

Nato come corrente filosofica tra le pagine più oscure del web, ad oggi l’accelerazionismo detta l’agenda di movimenti politici rivoluzionari, così come alcune distopiche propagande di governo. È stato definito una eresia politica in quanto riconfigura in maniera radicale il pensiero della rivoluzione comunista reinventandolo alla luce degli sviluppi del capitalismo all’inizio del XXI secolo. In poche parole, il caos come arma per sovvertire il sistema. Ma torniamo a noi.

L’attività di prevenzione e le acquisizioni d’intelligence, condivise in sede di Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo, riscontrate dagli sviluppi investigativi di indagini svolte nei confronti di minori perquisiti o tratti in arresto o evidenziatisi in contesti estremisti, hanno fatto emergere un progressivo innalzamento del coinvolgimento di minorenni in contesti di devianza e criminalità in ambiti di eversione e terrorismo interno e internazionale. Non si tratta di un fenomeno nuovo e neppure prettamente di casa nostra.

Dalle indagini degli ultimi anni in Italia si registra un boom della diffusione di contenuti estremisti e violenti sui social da parte di ragazzini. I dati della Polizia dicono che da gennaio 2023 a oggi, sono 12 i minori sottoposti a misura cautelare (uno nel 2023, cinque nel 2024 e sei nella prima metà del 2025) e altri 107 oggetto di approfondimenti investigativi, come perquisizioni personali, domiciliari e informatiche (9 nel 2023, 46 nel 2024, 52 nella prima metà del 2025): come si vede, si tratta di un aumento esponenziale.

Se Sparta piange, Atene non ride. Il fenomeno della deriva violenta dei giovanissimi riguarda tutti. Un esempio: la Spagna. il recente rapporto del Centro Memoriale per le Vittime del terrorismo, dipendente dal ministero dell’Interno di Madrid, ha rivelato che nel 2024 sono stati fermati 15 minorenni per sospetta implicazione in atti terroristici, un dato che supera il totale degli arresti di giovanissimi registrati tra il 2017 e il 2022. Altri 7 minori sono stati fermati nel primo semestre dell’anno.

Questo fenomeno, già definito «jihadismo TikTok» da Lorenzo Vidino, direttore del Programma sull’Estremismo dell’Università George Washington, si alimenta attraverso le piattaforme social, sfruttando in particolare l’intelligenza artificiale per creare contenuti sempre più specifici e persuasivi. L’allerta, lanciata a livello europeo dai servizi di sicurezza, sottolinea come l’isolamento sociale, problemi di salute mentale e la dipendenza digitale siano fattori che rendono i minori più vulnerabili al proselitismo.

Non si può non essere d’accordo con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per il quale la radicalizzazione online non è solo una minaccia alla sicurezza, ma una sfida culturale profonda: «Non parliamo di giovani criminali ma di ragazzi disorientati, che nel web cercano ciò che la società ha smesso di offrire: senso, identità, ascolto. Serve sì fermezza, ma soprattutto un cambio di passo educativo e relazionale. Dobbiamo saper costruire un’alternativa concreta, capace di riportare i giovani alla vita reale: una vita fatta di legami autentici, emozioni vere e presenze significative».

Il Coordinamento nazionale dei docenti della disciplina Diritti Umani rilancia: «Se oggi vediamo adolescenti capaci di costruire ordigni, aderire a ideologie distruttive e partecipare a reti transnazionali del terrore, non possiamo limitarci a una risposta securitaria. La repressione, per quanto necessaria, arriva troppo tardi se prima non si è agito sull’humus che rende fertile la violenza». La cultura della prevenzione passa da un’alleanza tra famiglie e società civile, in cui la scuola riveste un ruolo fondamentale. Non può più essere concepita come luogo neutro di mera trasmissione di saperi, ma come spazio attivo di costruzione della coscienza civile e di cultura della legalità.

Molti istituti superiori (in prima linea il liceo Manin di Cremona) sono già fortemente impegnati in questo senso. I discorsi di principio vanno poi messi a terra di fronte alle nuove emergenze.

Cambiando scenario, un buon esempio viene dal contesto cremasco, attualmente alle prese con emergenza dell’inalazione da parte dei giovani e giovanissimi di protossido d’azoto, la cosiddetta droga del palloncino. Paola Orini, dirigente scolastica del Galilei di Crema, polo per gli istituti superiori nel progetto regionale ‘Scuola in ascolto’, ha sposato immediatamente la proposta del medico e presidente del consiglio comunale Attilio Galmozzi di creare una task force per far fronte al nuovo allarme. Capire i fenomeni critici e reagire presto e senza paura è la ricetta.

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