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Ancorotti timoniere: rotta sul Medio Oriente

Il magnate della cosmesi: «Negli Usa export da 1,15 miliardi: resteranno destinazione chiave»

Riccardo Maruti

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rmaruti@laprovinciacr.it

30 Luglio 2025 - 19:10

Ancorotti timoniere: rotta sul Medio Oriente

CREMA - Nel pieno di un’estate segnata da tensioni commerciali e nuovi assetti geopolitici, la voce di Renato Ancorotti, imprenditore di lungo corso della cosmesi e parlamentare per Fratelli d’Italia, si alza con lucidità e una buona dose di pragmatismo. Lo fa partendo da un presupposto netto: «Sono contrario a qualsiasi tipo di dazio». Ma la realtà, come spesso accade, si muove in direzione opposta.

L’introduzione di nuovi dazi tra Stati Uniti ed Europa rischia di appesantire sensibilmente le dinamiche dell’export italiano. E il comparto cosmetico, sebbene poco sotto i riflettori, è tra i più esposti. «Sono rimasto basito dal modo in cui Usa e Ue hanno comunicato le misure. Ci sono evidenti difformità che andrebbero chiarite», afferma Ancorotti. Il vero nodo, secondo lui, è politico: «Von der Leyen ha trattato qualcosa di così rilevante per l’Europa senza confrontarsi con i singoli Paesi. In un caso del genere, servivano deleghe chiare. Era evidente che si sarebbe raggiunto un compromesso al 15%: ma perché dobbiamo acquistare dall’America per 600 miliardi? In cambio di cosa?». Un interrogativo legittimo che si porta dietro un giudizio sospeso: «La trattativa non è riuscita come avrebbe dovuto. Siamo andati col cappello in mano davanti al Trump gabelliere», osserva con amarezza, lasciando intendere che, pur comprendendo la necessità di negoziare, il posizionamento europeo è apparso troppo remissivo.

Se il vino italiano negli Stati Uniti muove un giro d’affari da 1,9 miliardi, la cosmesi arriva a quota 1,15. Eppure, di questo settore strategico si parla poco o nulla. «Ci sentiamo un po’ le Cenerentole del Made in Italy», ammette Ancorotti. Un paradosso, considerando che gli Usa sono il primo mercato per l’export cosmetico tricolore. «Cosmetica Italia, con il presidente Benedetto Lavino, sta lavorando in modo estremamente professionale per fornire agli associati una mappatura precisa delle ricadute. Il Centro Studi è al lavoro». L’impatto dei dazi sarà differenziato. L’alta gamma, come spesso accade, reggerà meglio: chi desidera un prodotto luxury non bada troppo al prezzo. Diverso il discorso per i segmenti medio-bassi: qui l’effetto rincaro sarà più evidente. «Il posizionamento dei brand farà la differenza», sintetizza Ancorotti.

Di fronte alla pressione crescente sui mercati storici, il sistema imprenditoriale guarda altrove. E non è la politica a suggerire le rotte alternative, bensì le imprese stesse. «Ci stiamo muovendo verso nuovi sbocchi, soprattutto in Medio Oriente. La Penisola arabica è già una fonte di acquisizione importante per il Made in Italy. Riad è persino più promettente di Dubai», racconta il fondatore del Gruppo Ancorotti, che proprio in quell’area sta consolidando rapporti commerciali solidi e duraturi.

Ma le opportunità non bastano, serve anche un cambio di passo sul fronte normativo. «Dobbiamo alleggerire le regole. Semplificare non significa diventare superficiali. Basta con lacci e lacciuoli: dobbiamo lavorare con più semplicità», ribadisce. Ancorotti rilancia poi un tema cruciale: le relazioni. «Favorire i rapporti con i Paesi emergenti è essenziale per rendere più fluide le transazioni. Le barriere non sono solo daziarie, ma spesso culturali e burocratiche».

Il sistema produttivo italiano è fatto di una miriade di Pmi che custodiscono know-how, creatività e qualità. Una ricchezza spesso poco valorizzata sui mercati internazionali. «La vera scommessa è prendere i prodotti eccellenti delle piccole aziende e portarli fuori dai confini. Abbiamo un Made in Italy ancora poco conosciuto, che ha margini enormi di crescita», sottolinea. In questo, il Governo può giocare un ruolo strategico: «Serve un’azione capillare, provincia per provincia, attraverso le associazioni di categoria. Capire chi vuole crescere e strutturare interventi mirati per l’internazionalizzazione». Non solo nella cosmesi, ma in tutta la galassia del Made in Italy. Dall’agroalimentare alla moda, le potenzialità sono straordinarie. E le sinergie, se ben costruite, possono fare la differenza. «Penso alle serre, per esempio: l’agricoltura può lavorare in sinergia con la cosmesi. Creiamo ecosistemi virtuosi», suggerisce.

C’è poi un tema sottile ma determinante: la psicologia del consumatore. «L’incertezza dei dazi ha condizionato il mercato e anche la testa delle persone. È un meccanismo difficile da tracciare», osserva Ancorotti. Eppure, il consumo riesce sempre a sorprendere. Il Gruppo Ancorotti sta registrando una ripresa solida, segno che il desiderio di bellezza resiste, anche in tempi incerti.

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