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LA GIORNATA DELLA LEGALITA'

«La ’ndrangheta si mimetizza qui e fa affari d’oro»

Alessandra Dolci, coordinatrice della Dda di Milano: «Così colonizza l’economia legale»

Riccardo Maruti

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rmaruti@laprovinciacr.it

19 Luglio 2025 - 05:25

«La ’ndrangheta si mimetizza qui e fa affari d’oro»

Alessandra Dolci

CREMA - Soresinese di nascita, milanese d’adozione, Alessandra Dolci è una delle figure più autorevoli della magistratura antimafia italiana. Coordinatrice della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, ha fatto della lotta alle mafie un impegno senza tregua, pagato anche con la vita sotto scorta. Oggi, in occasione della Giornata nazionale della legalità, Dolci rilascia un’intervista che suona come un monito, ma anche come una lezione di realismo civile. Per lei, il territorio cremasco è più che una terra di passaggio: è una zona di confine dove le ’ndrine calabresi si insinuano approfittando della scarsa percezione del rischio mafioso. Un’area che, pur segnata da numeri apparentemente modesti, rivela un’insidiosa sottotraccia criminale alimentata dalla complicità tacita di una parte di imprenditoria incline al compromesso. Con lucidità disarmante, Dolci smaschera le dinamiche di un potere che ha rinunciato alla violenza visibile per colonizzare l’economia legale: edilizia, ristorazione, logistica, gioco d’azzardo, cooperative di servizi. Un ‘capitalismo mafioso’ che, se non fermato, inquina il mercato e la società. La risposta? Colpire i patrimoni, rifiutare la neutralità, scegliere — senza ambiguità — da che parte stare.


Il territorio cremasco può essere definito un avamposto per le ’ndrine crotonesi?
«Le indagini sul territorio cremonese e cremasco rientrano nella competenza della Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia. Per quello che è il mio punto d’osservazione, posso affermare che il territorio cremasco è terra di confine con l’area metropolitana milanese, dove è più facile mimetizzarsi. Sono presenti soggetti legati alle ‘famiglie’ calabresi che, passato il ponte di Spino d’Adda, si sentono più al sicuro, un po’ come i calabresi che dalla provincia comasca passano in Svizzera. Il silenzio, la sottovalutazione, la mancanza di riscontri giudiziari hanno fatto sì che la soglia di attenzione all’infiltrazione mafiosa e la percezione stessa della presenza mafiosa siano molto basse».

Secondo il rapporto dell’Osservatorio Cross di Università degli studi di Milano e Cgil Lombardia, l’indice di presenza mafiosa in provincia di Cremona è stabilmente medio-alto.
«Non posso che concordare con le valutazioni dell’Osservatorio Cross che si fondano su dati empirici. È la ’ndrangheta ad aver colonizzato il Nord Italia, come testimoniano le ultime grandi indagini, ultima in ordine di tempo Aemilia, che ha toccato il territorio cremonese. Gli ’ndraghetisti, a differenza degli uomini di Cosa nostra, hanno un forte fattore identitario che li porta ad anteporre al proprio interesse il bene superiore dell’organizzazione che implica valutazioni di opportunità, per esempio seguendo politiche che non pregiudichino ma, anzi favoriscano l’accettazione sociale. Ho trovato iconica questa frase: ‘Siamo cattivi solo quando serve. Altrimenti siamo persone normali’. Se loro si devono rapportare a un operatore economico, si presentano con un atteggiamento normale, compiacente: ‘Hai problemi? Sono in grado di risolverli’. Questo li rende attrattivi per un certo mondo. Certo, il ricorso al metodo mafioso è sempre latente, ma la violenza è l’extrema ratio».

Su quali ambiti si focalizzano le dinamiche economiche mafiose?
«I settori interessati, oltre a quello storico dell’edilizia con connessi investimenti nel settore immobiliare, sono quelli del traffico di rifiuti, della logistica e della ristorazione, che è importante e strategico perché consente di fare rete con quello del gioco d’azzardo, con macchinette e videopoker nei bar. Si tratta di tutti quei settori che al momento garantiscono lauti guadagni, a fronte di un rischio di sanzione penale limitato. Attenzione particolare dovrebbe essere prestato al settore delle cooperative di servizi, molto presenti anche nel Cremasco, che a volte sono meri contenitori di manodopera ed evasori totali. Oggi la ’ndrangheta, ma più in generale le mafie presenti in Lombardia, quindi anche Cosa nostra e camorra, sono in grado di rispondere alla domanda di evasione fiscale del nostro mondo imprenditoriale creando articolati sistemi societari che fanno fatture fittizie e creano e commercializzano crediti d’imposta fittizi».

Le segnalazioni sospette di estorsioni, incendi dolosi ai cantieri e riciclaggio sono cresciute tra il 2010 e il 2021 (da 4 a 19 casi per estorsioni). Un trend di crescita costante?
«Aumentano le segnalazioni di operazioni sospette da parte degli intermediari finanziari legate ai reati economici, mentre il numero delle denunzie per estorsione/usura aumenta ma è sempre modesto, segno che la gente non denuncia».

Il tessuto imprenditoriale locale può essere considerato incline a collaborazioni con la ’ndrangheta? Viene sfruttato per riciclaggio e accaparramento di appalti e lavori pubblici?
«Posso fare una riflessione di carattere generale. Posso affermare che una parte dei nostri imprenditori è guidata dalla logica della convenienza, cerca i servizi offerti dalla ’ndrangheta: dal semplice finanziamento, alla ‘protezione’ dalla concorrenza, anche quando è vittima pensa al proprio interesse, chiede la fiscalizzazione dell’imposizione mafiosa della serie: ‘Ti pago la tangente, ma fammi la fattura’».

Come può essere contrastata quella criminalità sistemica che ha superato la fase ‘militare’ per insediarsi stabilmente nei settori legali, anche sfruttando modelli quasi imprenditoriali?
«I patrimoni frutto della strategia mafiosa che abbiamo descritto rappresentano forme di inquinamento economico, alterano i meccanismi di funzionamento di un sistema concorrenziale e devono essere espunti dal mercato. È quindi fondamentale l’aggressione ai patrimoni mafiosi attraverso i sequestri e le confische. I beni confiscati alle mafie sono acquisiti al patrimonio dello Stato e devono avere una destinazione sociale/istituzionale e possono essere trasferiti sempre per le medesime finalità al patrimonio del Comune in cui si trovano. In provincia di Cremona ci sono oltre cento immobili confiscati ed è di fondamentale importanza che siano tutti assegnati. Purtroppo ho avuto modo di constatare che un Comune dell’area cremasca non ha mostrato interesse all’assegnazione dell’immobile confiscato. Per un ente territoriale gestire un bene confiscato alle mafie è una precisa scelta di campo, significa schierarsi ed è di monito e di esempio anche per tutti i propri concittadini. Dico sempre che nella lotta alle mafia bisogna scegliere da che parte stare».

In un recente incontro alla tenuta confiscata a Spino d’Adda, Nando Dalla Chiesa ha detto: «La ’ndrangheta studia i politici e amministratori, gli imprenditori e i giornalisti. Dobbiamo fare altrettanto altrimenti vinceranno loro».
«Sono d’accordo con Nando, anche perché bisogna conoscere le mafie per saperle riconoscere».

Da tempo vive sotto scorta. Proprio come – tra gli altri – Roberto Saviano: come ha reagito di fronte alle lacrime liberatorie del giornalista dopo la sentenza di condanna di Bidognetti?
«Capisco il suo stato d’animo».

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