L'ANALISI
21 Maggio 2025 - 12:17
CREMA - L’ombra delle cosche di Niscemi si allunga sul Cremasco. Siciliano d’origine, peraltro la regione nella quale è tornato a vivere, pur avendo mantenuto la residenza al Nord, per anni l’imprenditore al centro della vicenda è stato il gestore di fatto di un bar tabaccheria della città. Nei giorni scorsi gli investigatori della Direzione investigativa antimafia e i finanzieri della Compagnia di via Bartolino Terni, sotto la responsabilità del capitano Simona Ferrillo, gli hanno sequestrato beni per 400mila euro.
E l’hanno fatto, dando esecuzione al provvedimento emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Caltanissetta, cui erano state trasmesse le risultanze degli accertamenti svolti dalla stessa Dia e dai colleghi delle Fiamme gialle cremonesi. Perché l’imprenditore sessantenne destinatario del provvedimento, pur non essendo indagato, è considerato «vicino» alle famiglie mafiose dell’area di Caltanissetta, lasciata anni fa per stabilirsi nel Cremasco.
E giusto qui, dove dal 2010 è stato come detto il «gestore di fatto» del locale pubblico, è finito sotto la lente del personale guidato dal colonnello Massimo Dell’Anna, al vertice delle Guardia di finanza della provincia di Cremona, al lavoro sul caso con gli specialisti della Dia e in particolare, come detto, del Centro operativo della città della Leonessa. Ne è stata così ripercorsa l’intera carriera imprenditoriale, sebbene in parte ‘mascherata’ da prestanome. «Accertandone — spiegano gli stessi investigatori — la pericolosità sociale, da ricondursi alla perdurante vicinanza dello stesso a famiglie mafiose di Niscemi e comunque a contesti di criminalità organizzata operanti anche nell’ambito territoriale del Nord Italia».
Sul conto dell’imprenditore e dei familiari, ai quali sono stati estesi gli accertamenti patrimoniali, è emersa inoltre una sproporzione, definita «significativa», fra i redditi dichiarati e i beni effettivamente a disposizione. Tanto che il provvedimento di sequestro ha interessato l’intero capitale sociale e i beni strumentali di tre società. E ha interessato un appartamento nella regione d’origine, ma anche un magazzino e rapporti bancari per un valore stimato appunto di circa 400mila euro complessivi.
Ma non è tutto. Perché contestualmente al sequestro, il tribunale nisseno ha fissato udienza per decidere la proposta di applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale. L’attività — tengono a puntualizzare gli inquirenti — «si inserisce nell’ambito del contrasto alle illecite ricchezze acquisite e riconducibili, direttamente o indirettamente, a contesti delinquenziali di tipo mafioso, agendo così a tutela e salvaguardia della parte sana del tessuto economico nazionale».
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