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«Non barò all'esame della patente», assolto

Finito nella maxi inchiesta partita da Brescia a gennaio del 2020 con 62 indagati. La prova che il suo smartphone fosse collegato al router per farsi suggerire dall’esterno le risposte dei quiz, non c’è

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

11 Settembre 2024 - 16:36

«Non barò all'esame della patente», assolto
CREMONA - Anno 2019, giovedì 13 giugno, aula della Motorizzazione civile, esame teorico per conseguire la patente. Tra i candidati c’è un 21enne, residente a Cremona. Il suo atteggiamento non è sospetto, tutto fila via liscio. Supera il test. Invece, il 21enne finirà a processo con l’accusa di aver barato, di aver indotto il pubblico ufficiale a fare un atto falso. Ma la prova che il suo smartphone fosse collegato al router per farsi suggerire dall’esterno le risposte dei quiz, non c’è. Perché, come ha evidenziato l’avvocato Luca Curatti, il telefonino aveva agganciato la cella nella via dove abitava il candidato, proprio vicino al numero civico. E, quindi, presumibilmente, il 21enne aveva lasciato a casa lo smartphone prima di recarsi alla Motorizzazione civile in via Boschetto. 
Oggi il giudice ha assolto 'perché il fatto non sussiste' l’imputato finito nella maxi inchiesta partita da Brescia a gennaio del 2020 con 62 indagati, da Treviso (i più), Bolzano, Trento, Padova, fino a Sassari, tutte posizioni stralciate e mandate alle procure di competenza. Un'indagine a ritroso: il 27 gennaio del 2020, alla Motorizzazione civile di Brescia la polizia smaschera un candidato tradito dalla ‘postura alquanto statica’. Il giovane aveva l’auricolare in un orecchio, il router nel giubbotto, il dispositivo bluetooth. Chi indaga anche per scoprire 'il suggeritore', acquisisce i tabulati telefonici, dai quali emerge che il router era stato utilizzato da 62 diverse utenze telefoniche, tra l’1 gennaio del 2019 e il 27 gennaio del 2020. 
L'avvocato Luca Curatti (a destra) con il collega collaboratore Enrico Moggia

Nel processo in abbreviato, il pm aveva chiesto di condannare l’imputato a 8 mesi di reclusione.  Ma l’avvocato Curatti ha sollevato più di un dubbio. Munito della mappa di Cremona, ha spiegato che la cella agganciata dal telefonino del suo cliente nella via di residenza, «dista a circa 3 chilometri a  piedi dalla sede della Motorizzazione civile in via Boschetto», zona dove «ci sono, tra l’altro, altre celle». Quindi, «non può dunque essere affermato con certezza che il telefono cellulare collegato al router incriminato si trovasse  proprio presso la sede della Motorizzazione civile al momento dello svolgimento dell'esame teorico, piuttosto che presso quella che risultava essere la residenza dell'imputato al momento del fatto».  
Il difensore ha poi speso un argomento in punto di diritto: ha eccepito «la radicale inutilizzabilità di ogni dato estratto dai tabulati telefonici, in violazione dell'articolo 1, comma 1-bis D.l n 132/2021, che ne sancisce l’utilizzabilità a carico dell’imputato per l’accertamento di reati puniti con l’ergastolo o con pene non inferiori, nel massimo, a 3 anni», mentre il reato contestato al suo assistito è punito con la reclusione da 3 mesi a 2 anni.  
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