L'ANALISI
18 Marzo 2024 - 05:15
SPINADESCO - Le pietre del vecchio mulino di Spinadesco, lungo la strada che porta al cimitero, hanno più di seicento anni di storia. E si vede. Stanno perdendo tanti, troppi pezzi che fanno suonare ovviamente l’allarme. Il cammino di decadenza sembra ormai inarrestabile e se la proprietà di oggi (l’Asst che l’ha ereditata dall’Ospedale Maggiore di Cremona) non interviene con un corposo programma di restauri, si cancellerà una pagina di storia cremonese che, secondo gli atti dell’archivio di Stato, hanno cominciato a scrivere agli inizi del 1400, epoca in cui il marchese Antonio Cavalcabò (correva l’anno 1405) nel testamento lo lasciò in eredità alle figlie Francesca, Ginevra e Isabella.
Fino agli anni Sessanta le macine hanno funzionato grazie a due turbine, poi i motori li hanno spenti e non si sono più riaccesi. Nel frattempo l’azione delle intemperie ha fatto cadere una porzione importante di muri ed è crollata anche una buona parte del tetto della cascina. Eppure macine, turbine, tramogge, cinghie e pulegge, vale a dire le ‘anime’ che hanno fatto sentire vivo il mulino e che si vedono ancora, non vogliono arrendersi alla prospettiva amara della dismissione e dunque di finire nel dimenticatoio.
Il Comune ha le mani legate, ma si è già mosso e ha fatto la sua parte per smuovere le acque: «L’amministrazione – spiega il sindaco Roberto Lazzari - ha ben presente lo stato di degrado del vecchio mulino e rileva con preoccupazione il decadimento delle sue strutture; tuttavia, nei limiti delle proprie competenze, non essendo il mulino di sua proprietà, non sta a guardare, ma ha avviato un confronto con i soggetti che, a vario titolo nel corso degli anni, hanno avuto un ruolo nel cercare di salvaguardare questo bene di grande interesse storico e culturale. D’intesa con il Comune, l’ospedale si è prontamente fatto carico della pulizia dell’area infestata da rovi ed essenze spontanee. Il Comune ha quindi acquisito dalla provincia di Cremona una copia del progetto di recupero che l’ente aveva commissionato anni or sono all’architetto Marco Ermentini ed ha incontrato il professionista per comprendere la logica che aveva ispirato il progetto e valutare se la destinazione prevista potesse essere ancora attuale, o quali potessero essere le alternative per un uso futuro. Nel frattempo si sta valutando anche se esistano canali privilegiati di finanziamento per il recupero di beni storici, anche se le casse del Comune sono in ottima salute e consentono di guardare al futuro con ottimismo».
«È evidente – prosegue il primo cittadino - che il lavoro più urgente da fare è il rifacimento della copertura della parte molitoria che consentirebbe di mettere in sicurezza e di salvaguardare gli apparati antichi più interessanti come le macine, le turbine, le tramogge, le cinghie in pelle di cammello, mentre i rustici e gli stabulari per piccoli animali, meno interessanti dal punto di vista storico, possono essere oggetto di interventi successivi. Colgo l’occasione per ringraziare sia i cittadini che hanno segnalato alla stampa le criticità strutturali del mulino, aggravate e rese particolarmente evidenti dalle ultime precipitazioni atmosferiche, che i professionisti e i privati che sono intervenuti nel dibattito che ne è seguito e che hanno sottolineato l’importanza di questo bene e della sua salvaguardia».
In una nota ufficiale l’Asst di Cremona precisa di ‘Conoscere il problema’. «La nuova direzione – si legge nel comunicato - insediata a gennaio di quest’anno, ha già fatto una mappatura degli edifici di proprietà. Rispetto alle condizioni strutturali del mulino di Spinadesco si sta valutando un sistema di messa in sicurezza. Le possibili strade da percorrere sono l’alienazione del bene o la concessione ad uso gratuito per un numero di anni ad un ente terzo attraverso una pubblica manifestazione di interesse».
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