L'ANALISI
13 Ottobre 2023 - 05:25
SORESINA - Si chiama Yoel Negrin e, ieri, ad appena 23 anni è dovuto partire in areo dall’Italia per tornare in Israele, il suo paese natale. La scalata al successo nel mondo del calcio, partita da Forlì e passata dalla Soresinese dove il bomber milita da questa estate, interrotta, almeno per ora, dalla devastante guerra di Tel-Aviv contro i terroristi. «Non potevo stare lontano dai miei cari – ha raccontato ieri a La Provincia –. Quel che si vede in televisione, per quanto cruento e già sufficientemente shockante non ha nulla a che vedere con la realtà, ancora più disturbante. Dovevo tornare».
Yoel, cosa significa scoprire dai media e da internet che le bombe stanno cadendo proprio dove sei cresciuto? Come hai reagito?
«Sono momenti estremamente difficili. Non solo per me, non solo per Israele, ma per tutto il mondo. Il mio primo pensiero è andato ai miei parenti, alle persone che conosco sin da quando ero bambino, al mio migliore amico. Chiunque abbia fatto parte dei momenti più belli e significativi della mia vita si trova là».
Stanno bene?
«Per fortuna, e per ora, sì. Sono riuscito a mettermi in contatto con tutti. Ma la situazione è drammatica».
Ora cosa farai?
«Adesso mi trovo allo scalo di Atene, perché non c’erano voli diretti. Ma tornerò a casa tra poche ore. Il mio sogno è diventare un calciatore professionista in Italia ma non è il momento giusto per pensarci. Prima devo stare vicino a chi soffre e, per quanto posso, aiutare in ogni modo loro e il mio Paese».
Cosa ti aspetti di trovare, una volta tornato a casa?
«Purtroppo, peggio di quanto ho visto trasmettere. Questo perché ho avuto testimonianze dirette. Racconti riguardo intere famiglie uscite come in un qualsiasi altro giorno dalla porta delle loro case, camminando per strada. E due bambini che giocavano lì vicino. Poi il rumore assordante. La scena che mi hanno riferito dopo, cioè quel che ne restava, è qualcosa che preferisco non riferire...».
Non hai paura?
«L’amico di una vita, una persona allegra, mi parlava al telefono con una voce strana. Ho capito che qualcosa non andava. Sono e saranno tempi difficili, questo lo so bene. Ma siamo forti e supereremo anche questo».
Parli del popolo israeliano? Cosa ne pensi della guerra con i palestinesi?
«Chi viene dal mio Paese percepisce da sempre questa profonda tensione politica e sociale. Ma, più che di palestinesi, parlerei di Hamas, dei terroristi e di tutti i fondamentalisti. Nessuno dovrebbe aver a che fare con le loro atrocità. Mi feriscono profondamente».
Cosa vedi nel futuro, tuo e del tuo Paese?
«Per Israele, come detto, spero nella fine di questa ferocia, di queste ingiustizie. Io sogno ancora di diventare un calciatore professionista, in Italia. A Soresina mi trovo molto bene, ma non potevo restare…».
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