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IL PUNTO

Mio figlio sgarra. Che faccio, lo copro?

Le cronache recenti riportano molti esempi di adulti che non insegnano ai ragazzi le regole e i valori di una società civile, ma a sfangarsela alla meglio. Un esempio del nostro territorio è quello di ‘nonna Daspo’

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

03 Settembre 2023 - 05:00

Mio figlio sgarra. Che faccio, lo copro?

Ci sono domande che ogni genitore con un minimo di coscienza si è fatto almeno una volta nella vita: «Se scopro che mio figlio (o mia figlia) tiene comportamenti al di fuori delle regole, cosa faccio? Lo denuncio, per poi stargli vicino nel percorso di rinascita, o mi volto dall’altra parte e fingo di non sapere? Gli presento il conto oppure, al contrario, lo copro?». Dovendosi intendere, per azioni fuorilegge ogni tipo di comportamento borderline, dallo spaccio di stupefacenti all’ingresso in chat compromettenti, dal furtarello al supermercato ad atti di bullismo. Gli esempi sarebbero innumerevoli. Senza girarci troppo intorno, dobbiamo essere consapevoli che anche dalla risposta a questi quesiti dipende il futuro del nostro Paese.

Sì, perché chiediamoci che prospettive può dare all’Italia un politico che da giovane l’ha passata liscia nonostante tutto? O un insegnante che non ha mai pagato sulla propria pelle il senso della responsabilità per i suoi atti? E ancora, un pensatore che indica la strada agli altri senza aver mantenuto la ‘buona strada’ egli stesso? Possono sembrare domande retoriche, ma per davvero va tenuto ben presente che i giovani di oggi sono la classe dirigente di domani. Una bocciatura a scuola a volte può servire da lezione. Ma che cosa impara quel giovane che, respinto dai prof per scarsi risultati sui libri, si vede invece promosso da un giudice chiamato in causa dalla propria famiglia?

La famiglia, insieme alla scuola, è e resta il primo presidio educativo. Per i ragazzi valgono mille volte di più gli esempi dei loro cari nei piccoli e grandi comportamenti quotidiani rispetto a dotte lezioni. Un buon esempio chiarisce un concetto e conferma una regola. Può essere preso come modello positivo, ma, attenzione, anche negativo. Cosa potrà mai imparare quel ragazzo di Anagni che in occasione di una festa di compleanno in un agriturismo ha partecipato al truce divertimento di massacrare a calci una povera capretta, se sua madre parla, per sminuire il fatto, di «animale già agonizzante»? Ammesso che fosse vero, quella semmai è un’aggravante a un comportamento già di per se assurdo e incivile.

Le cronache di questi giorni riportano molti, tristi, esempi di questa mancanza di coscienza da parte di adulti che considerano loro primo compito non crescere ragazzi consapevoli di vivere in una società con regole e valori, ma insegnare loro a sfangarsela alla meglio. Uno ci riguarda da vicinissimo. È quello di ‘nonna Daspo’, la 71enne destinataria, assieme ad altri cinque genitori, del ‘Divieto di accedere alle manifestazioni sportive’ emesso dal questore di Cremona per una rissa tra genitori e parenti a bordo campo nella partita Pulcini, ragazzini di dieci anni, tra Ripaltese e Soresinese, a Pianengo lo scorso 21 maggio. Una partita di torneo oratoriale post campionato finita a cazzotti e insulti razzisti. Secondo la ricostruzione dei fatti, il parapiglia sarebbe scaturito dal litigio tra la madre 39enne di un bambino e la nonna di 71 anni di un altro baby calciatore.

Quest’ultima avrebbe addirittura spintonato il figlio dell’altra donna che, a quel punto, avrebbe reagito. Ne era nata una zuffa generale, che aveva coinvolto altri genitori. A fine gara, la nonna si sarebbe avvicinata al ragazzino della Soresinese che aveva commesso un fallo su un avversario (suo nipote) dicendogli di comportarsi meglio. «Lui mi ha insultata», afferma giustificandosi per aver scatenato la rissa. Questa la sua spiegazione. Prendiamola pure per buona. Ma è un comportamento da adulto consapevole del proprio ruolo di educatore? Davvero, a fronte di un bambino di dieci anni che sbaglia, un adulto è legittimato a sbagliare a sua volta? Imitare per i bambini è una forma di apprendimento: li aiuta a costruire il loro modo di essere.

Quando il più anziano agisce male, il più giovane impara a comportarsi male. C’è un proverbio tedesco che, tradotto, suona più o meno così: «I giovani cinguettano secondo quanto hanno sentito i vecchi cantare». La responsabilità di quel canto è grande. Fortunatamente, sempre le cronache degli ultimi sette giorni ci mettono a conoscenza di storie più edificanti. A seguito di un episodio che ha coinvolto cinque giovani siciliani che non avevano pagato il conto dopo aver cenato in un ristorante mentre erano in vacanza a Malta, il padre di uno dei giovani ha deciso di risolvere il caso inviando una donazione ad un’organizzazione non governativa di Gozo che promuove il benessere delle persone con bisogni speciali e delle loro famiglie.

È avvenuto due venerdì fa al Pasta and Co, un ristorante di Msida. Appena finito di cenare, il gruppo è fuggito dal ristorante senza pagare il conto. I proprietari del locale hanno presentato una denuncia alla polizia includendo riprese a circuito chiuso che mostravano i giovani che scappavano dal locale. La polizia ha immediatamente avviato le indagini sul caso. Appena i titolari del ristorante hanno riconosciuto l’accento siciliano, hanno contattato il Corriere di Ragusa, che ha denunciato l’accaduto. In seguito alla pubblicazione dell’articolo e delle foto relative, il padre di uno dei giovani ha identificato il figlio.

Ha poi deciso di contattare i ristoratori per saldare il conto pendente. Invece, costoro hanno chiesto una donazione per la Fondazione Arka di Gozo. Il padre si è scusato e invece di 100 euro, pari al debito, ne ha fatti avere 250 alla Ong. «Una lezione di rispetto e di educazione impartita al figlio — ha commentato all’Ansa uno dei titolari del ristorante, originario di Mazara del Vallo —. Addirittura il genitore ha dato la propria disponibilità a far lavorare il figlio gratis nel ristorante per un mese per fargli capire la gravità del suo comportamento». Quel padre, una volta accortosi che uno dei fuggitivi dal ristorante poteva essere suo figlio, lo ha affrontato, facendolo confessare e poi ha agito di conseguenza. Avremmo saputo fare altrettanto?

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