L'ANALISI
23 Luglio 2023 - 05:15
SORESINA - Nel 1978 Leonardo Sciascia scriveva ad Anna Maria Ortese: «Uno dei più evidenti e gravi difetti della società italiana sta nella mancanza di memoria perché noi siamo la capacità di ricordare. Solo il ricordo è l’antidoto alla pochezza dell’uomo comune». Sciascia è stato definito il Rabdomante della memoria, epiteto perfetto per questo grande autore del ‘900, in grado di attingere dal passato per riscrivere, magistralmente, il suo presente. Anche Soresina, come Racalmuto, ha il suo prezioso «rabdomante». Si chiama Alberto Previ e ha trascorso gran parte della vita a scovare documenti in cui è imbrigliato il passato della nostra città, una storia sconosciuta a molti, fatta di atti ufficiali come di aneddoti popolari.
Classe 1948, ha ereditato l’amore per il collezionismo dal padre Nino. Entrambi si spostavano nelle diverse cascine del paese per acquistare cavalli ma assieme a quelli prelevavano cassapanche di ogni dimensione. Col tempo l’interesse si era rivolto alle auto d’epoca; così nella loro casa apparivano e scomparivano continuamente fanali da carrozza, lucerne, ma soprattutto componenti di vecchi motori a scoppio. Sembra che da tutto ciò sia nata in Alberto la passione morbosa per le cose del passato. La vera conversione e l’interesse per i testi antichi avviene quasi per caso, in prima superiore, all’Istituto Agrario di Cremona. In classe legge il XXVII capitolo dei Promessi Sposi e viene folgorato da quella frase «Don Ferrante passava di grand’ore nel suo studio. Tutta roba scelta…».
La biblioteca con i suoi 300 volumi così ben descritta da Manzoni diviene un mistero da svelare. Lo studioso in erba decide d’intraprendere un’indagine personale sugli autori citati nel celebre romanzo storico. Si trasforma da comune quindicenne, alunno dello Stanga, in un «topo di biblioteca» famelico, alla ricerca di libri a stampa e manoscritti. Per Alberto Previ l’Archivio di Stato di Cremona si trasforma nella sua seconda casa e lui si ritrova così gomito a gomito con esperti di diplomatica e codicologia.
Gli anni passano ma la passione non si esaurisce. All’università, per sua stessa ammissione, salta spesso le lezioni di diritto per consultare, presso l’Archivio di Stato di Milano, antichi documenti ivi conservati. Soresina e la sua storia diventano il principale oggetto delle sue indagini e i risultati non tardano ad arrivare. Gli capita tra le mani, rigorosamente celate da guanti bianchi, un documento particolarmente prezioso. Si tratta del rapporto di un magistrato, del ducato di Milano, inviato alla corte di Spagna nel 1604 per la concessione del titolo nobiliare di marchese a Camillo Barbò, feudatario di Soresina. Il citato rapporto si rivela oltremodo raro perché contiene anche una breve descrizione del nostro borgo nel diciassettesimo secolo.
A partire dagli anni ‘70 coinvolge nelle sue ricerche il professor Roberto Cabrini, preziosissimo compagno di studi, del quale si avvale per tradurre i testi in latino, spesso scritti in carattere gotico. Insieme consultano cinquecentine ed altri testi antichissimi presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano e così scoprono che la «Famiglia da Soresina» viene citata nel «Chronicon Maius», un codice di Galvano Fiamma (cronista vissuto a cavallo fra il 1200 ed il 1300).
Negli ultimi dieci anni il rabdomante ha ridotto i suoi spostamenti ed è tornato sempre più di frequente nella sua prima casa, la Biblioteca Statale di Cremona, settore emeroteca. Ora si sente pressoché a riposo e sfoglia vecchi periodici o consulta le tonnellate di fotocopie accumulate negli anni. Dallo stesso Alberto Previ, che ha raccontato la sua storia, una nota di rammarico: «Sono sempre stato un pessimo studente, confesso che abbandonai gli studi per gettarmi a capofitto in quelle ricerche senza poi nulla concludere sia nelle ricerche che negli studi». Di studi ne ha ultimati veramente molti e le ricerche fortunatamente non le ha mai concluse. Come diceva Sciascia: «Noi siamo la capacità di ricordare. Solo il ricordo è l’antidoto alla pochezza dell’uomo comune».
E Alberto, appunto, non è affatto un uomo comune.
Uno dei documenti più curiosi che Alberto Previ ha portato alla luce, rivela che anche Soresina, agli inizi del XIX secolo, ha avuto la sua Bocca di Rosa che «si tirò addosso l’ira funesta delle cagnette a cui aveva sottratto l’osso». Il testo riporta quanto segue: «Soresina 14 maggio 1829. L’amministrazione comunale manda a processo verbale Maria Bossi di anni 35 nativa di Castiglione Lodigiano, residente in questo comune presso i fratelli Tizzini, nubile e senza conosciuto mestiere, tiene una condotta scandalosa dandosi a carnale commercio… sentiti i vari reclami contro la condotta della suddetta…è diffidata ed invitata a sortire entro tre giorni dal comune (di Soresina) recandosi nel luogo di sua nascita sotto comminatoria e d’esservi accompagnata con la forza armata».
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