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IL PUNTO

Battaglia quotidiana tra mutuo e spesa

La decisione della Bce di alzare il costo del denaro ha messo molte famiglie e aziende cremonesi nella condizione di non riuscire a pagare le rate. Una situazione drammatica che ha costretto a ridurre i consumi

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

16 Luglio 2023 - 05:00

Battaglia quotidiana tra mutuo e spesa

Ha un bel dire il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, «che sui mutui non c’è un problema sistemico e di stabilità finanziaria derivante dall’aumento dei tassi e delle rate sui mutui variabili delle famiglie». Che «il debito delle famiglie in Italia è il più basso d’Europa» e che i contratti a tasso variabile «sono solo un terzo di quelli in essere». Vi sono misure in corso «che aiuteranno i più bisognosi», sottolinea, rilevando comunque che chi ha sottoscritto un variabile «doveva avere la percezione che un aumento era possibile: serve più informazione e disponibilità a capire il rischio». Insomma: conoscevate il rischio. Lo vada a dire alle famiglie e alle aziende cremonesi che non riescono a pagare rate cresciute fino al 75 per cento in seguito alla decisione della Bce di alzare il costo del denaro in undici mesi dallo zero a oltre il 4 per cento, con la prospettiva di nuovi rimbalzi a breve (il 27 luglio la Banca Centrale Europea deciderà l’ennesimo aumento di 25 punti) e a medio termine. Lo spiega bene James Dimon, presidente e ceo di Jp Morgan Chase, la principale banca americana: «Se dovessi dare un consiglio, direi: preparatevi a tassi del 6 per cento o del 7 per scadenze di medio e breve termine». Un’altra sassata su una situazione a già difficile se è vero che i crediti deteriorati delle famiglie italiane sono arrivati, nel marzo scorso, a 14,9 miliardi. Secondo l’analisi della Fabi, il sindacato dei bancari, in provincia di Cremona fra sofferenze, vale a dire credito che la clientela non rimborserà più, inadempienze probabili e rate scadute, si arriva a 59,5 milioni di euro.

Una situazione drammatica che ha costretto, anche a Cremona e provincia, molte famiglie a cancellare le vacanze, a ridurre i consumi e alleggerire il carrello della spesa mettendoci dentro solo l’indispensabile per fare fronte al caro mutui dopo aver già ‘lottato’ con super bollette e inflazione. In questo quadro, a detta di molti analisti, la politica rialzista della Bce porterà con molta probabilità a una contrazione economica rilevante, se non a una recessione conclamata. Secondo i dati di Bankitalia, a maggio i tassi di interesse sui prestiti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni comprensivi delle spese accessorie (Tasso annuale effettivo globale, Taeg) si sono collocati al 4,58 per cento. Più che raddoppiati rispetto al maggio 2022, quando il Taeg era a 2,27; rispetto poi a due anni prima, quando erano 1,76, sono aumentati di 2,6 volte, +160 per cento. Conti alla mano, significa che la rata, per chi ha sottoscritto ora un mutuo a tasso variabile, cresce, rispetto a un anno fa, da 603 a 773 euro, con un rincaro pari a 170 euro al mese, più 28,2 per cento. Una stangata annua pari a 2.040 euro. Rispetto a due anni fa, la mazzata è di 204 euro al mese, cioè 2.448 euro all’anno. Se le famiglie piangono, le imprese non ridono.

Secondo l’analisi mensile di Confindustria, il continuo rialzo dei tassi da parte della Bce per combattere l’inflazione sta sempre più frenando il credito bancario, indebolendo l’economia italiana e le imprese. Sulla stessa linea il Governo, che giudica l’aumento dei tassi più dannoso dell’inflazione e un percorso verso la recessione. Analoghe preoccupazioni arrivano dagli operatori del settore. Dall’analisi di Studio Temporary Manager, le recenti comunicazioni «poco tranquillizzanti» della presidente Christine Lagarde si traducono per le imprese lombarde in quasi 13,8 miliardi euro di interessi, oltre 8 miliardi in più rispetto al 2022, a cui vanno aggiunti gli interessi sulle locazioni finanziarie. Lo scorso giugno il tasso di riferimento Bce ha raggiunto il 4% per arrivare, dopo gli annunciati aumenti in arrivo, a un tasso per le aziende tra il 5,5 per cento e il 7 a seconda del rating, con picchi superiori all’8 per le aziende meno virtuose, per le quali lo spread applicato raggiunge il 4 per cento. Tale aumento significa che gli imprenditori italiani si troveranno nel 2024 a dover pagare interessi per finanziamenti e mutui per un valore totale di quasi 50 miliardi all’anno, quasi 30 miliardi in più rispetto allo scorso anno. Le regioni più penalizzate da questo aumento dei tassi saranno quelle dove sono maggiormente concentrate le attività produttive che si avvalgono dell’aiuto degli istituti di credito. Vale a dire anzitutto la Lombardia, con interessi totali di 13,8 miliardi, 8 in più sul 2022.

La responsabilità della stretta viene addebitata alla lotta all’inflazione, che è in realtà in forte calo con un dato al 6,4% a giugno (-1,2% sul mese precedente), come ricorda afferma Roberto La Caria, ad di Studio Temporary Manager. Che sottolinea: «Gli incentivi per la cosiddetta industria 4.0 hanno sicuramente stimolato la crescita e l’innovazione, ma hanno spinto le aziende ad indebitarsi favorite anche dai tassi vicini allo zero. Altrettanto la facilità di ricorso al debito determinata dai ‘prestiti Covid’ che ha fatto aumentare significativamente la massa debitoria delle aziende. Ora, l’aumento dei tassi, e quindi del debito, sta mettendo in discussione la sostenibilità delle imprese, dato che ha un impatto importante a livello finanziario». Un quadro confermato dalla recente Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita a firma di Bankitalia. Si legge: «I giudizi sulla situazione economica generale restano complessivamente sfavorevoli... anche le aspettative delle imprese sulle condizioni operative per il prossimo trimestre sono in peggioramento», in particolare per l’industria manifatturiera. Con questi numeri risulta ormai impossibile per famiglie e imprese sostenere i continui aumenti.

In Parlamento giacciono diverse proposte di intervento, l’estate non diventi un alibi per congelare scelte che devono essere veloci ed efficaci. L’Abi segnala che il titolare del mutuo può: concordare con la propria banca l’allungamento della durata del proprio mutuo; chiedere una revisione di altre condizioni contrattuali; effettuare la cosiddetta portabilità/surroga dei mutui, cioè la possibilità di trasferire senza spese e costi il proprio mutuo ipotecario presso un’altra banca, modificandone le relative condizioni contrattuali; ricorrere al Fondo di solidarietà per i mutui prima casa cosiddetto Fondo Gasparrini che permette di sospendere il pagamento della rata del mutuo ipotecario per l’acquisto dell’abitazione principale, fino a 18 mesi, allungando il piano di ammortamento per il periodo della sospensione, in caso di eventi quali, ad esempio, la perdita del posto di lavoro, la riduzione dell’orario di lavoro (cosiddetta cassa integrazione) o la riduzione del fatturato per i lavoratori autonomi; trasformare il mutuo da tasso variabile a tasso fisso.

La legge di bilancio per il 2023 ha disposto che le banche siano obbligate alla trasformazione, in caso di richiesta del mutuatario che non sia in ritardo nei rimborsi, per i mutui di importo fino a 200.000 euro e con l’Isee del mutuatario che non deve superare i 35.000 euro. A parte tutto ciò, il sistema creditizio - si pensi soprattutto alle banche locali - mandi segnali forti. La linea guida potrebbe essere quella tracciata dalla Banca Etica, che ha deciso di destinare una cifra vicina al 10% dell’utile maturato nel 2022 a un pacchetto di misure di sostegno a favore di soci e clienti che hanno un mutuo prima casa a tasso variabile e stanno fronteggiando le conseguenze dell’incremento progressivo e continuo del costo del denaro.

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