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IL PUNTO DEL DIRETTORE

Tutta l'Italia su quelle fortissime, fragili spalle

Non resta che augurare buon lavoro e lunga vita a Mattarella: farsi carico di questo Paese e questa classe politica è una fatica degna di Sansone

Marco Bencivenga

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mbencivenga@laprovinciacr.it

30 Gennaio 2022 - 05:00

Tutta l'Italia su quelle fortissime, fragili spalle

I comici, si sa, quando vogliono imitare un personaggio pubblico (un politico, un cantante o un imprenditore di successo) ne individuano una caratteristica distintiva e la amplificano a dismisura. In genere, scelgono un difetto fisico - un tic, una cantilena - e lo enfatizzano. Così facendo, in un sol colpo rendono immediatamente riconoscibile il protagonista dell’imitazione e perpetuano la più antica forma di sberleffo: la caricatura. Nel caso di Sergio Mattarella - il nuovo, vecchio, Presidente della Repubblica - la gran parte dei comici ha sempre puntato su un tratto inconfondibile: l’incassatura delle spalle, una strana postura dovuta al collo corto e a un principio di schiena curva (niente a che vedere con la leggendaria gobba di Giulio Andreotti, ma comunque un’occasione di lavoro per un bravo osteopata). Al termine di una settimana di schermaglie, mosse tattiche e veti incrociati, i 1.009 grandi elettori del Presidente della Repubblica hanno caricato proprio su quelle fragili spalle il peso di un intero Paese e di tutta la loro incapacità.

Pur avendo sette anni di tempo per preparare la successione al Presidente uscente, deputati, senatori e rappresentanti delle Regioni sono arrivati all’appuntamento impreparati: senza un nome, senza una strategia, senza un metodo di lavoro. Così, inevitabilmente, si sono azzuffati, hanno perso tempo, hanno esposto a pubblica bocciatura tre alte cariche dello Stato (la presidente del Senato Casellati, l’ex presidente della Camera Casini e l’ex presidente della Corte Costituzionale Cartabia), hanno rischiato un clamoroso autogol istituzionale (la «promozione» a Presidente della Repubblica della numero 1 dei servizi segreti Belloni, depositaria di tutti i dossier più scottanti del Paese) e alla fine non hanno saputo far altro che richiamare in servizio il Presidente decaduto.

Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico durante lo spoglio

Come in un assurdo gioco dell’oca, i partiti di maggioranza e di opposizione sono tornati al punto di partenza, senza neppure passare dal via. Fuori ruolo Draghi, divisivi Frattini, Nordio, Tremonti e Di Matteo, inadeguati tutti gli

 Fino a ieri Mattarella era l’unico italiano su 60 milioni a essersi ufficialmente dichiarato «indisponibile»

altri candidati saliti alla ribalta e bruciati in poche ore, non è rimasta che la mossa della disperazione: richiamare in servizio il mite politico siciliano che, prima di salire al Colle, era noto soprattutto per essere il fratello di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione Sicilia che fu brutalmente ucciso dalla mafia nel 1980. Problema risolto? Apparentemente sì, non fosse che l’uomo con le spalle incassate - pur appartenendo a una famiglia di servitori dello Stato (anche il padre Bernardo fu cinque volte ministro e due volte deputato fra il 1946 e il 1966) - fino a ieri era l’unico italiano su 60 milioni a essersi ufficialmente dichiarato «indisponibile» a ricoprire l’incarico per i prossimi sette anni. È toccato a Mario Draghi fargli cambiare idea.

Il contenuto del loro colloquio non è stato reso noto, ma è facile immaginare che il presidente del Consiglio gli abbia detto qualcosa di simile: «Caro Mattarella, un anno fa proprio tu mi hai chiesto di restituire una guida sicura all’Italia in un momento di grande emergenza e adesso le parti si rovesciano: stavolta tocca a te fare uno sforzo. Non mi puoi dire di no». Difatti, Mattarella ha detto sì, superando il disagio di dover tornare sui suoi passi dopo aver trascorso gli ultimi sei mesi fra saluti di congedo, traslochi e addii vari. Il via libera del diretto interessato ha impresso la svolta decisiva alla ricerca di un candidato condiviso: tutti contenti, eccezion fatta per Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia che erano e restano l’unica forza di opposizione. A questo punto, è chiaro, la tanto sbandierata compattezza del centrodestra non esiste più: la Lega (con qualche scricchiolio al suo interno), Forza Italia (con Silvio Berlusconi ormai definitivamente avviato sul viale del tramonto) e Fdi hanno giocato partite diverse e non possono più essere considerati alleati.

Una veduta esterna del Palazzo del Quirinale

Sul campo, però, restano anche altre macerie: in casa del M5S la spaccatura fra Conte e Di Maio è ormai palese e la voce di Grillo è diventata irrilevante, i leader dei partiti minori (da Toti a Calenda) hanno confermato di avere più visibilità mediatica

 Farsi carico di quest’Italia e questa classe politica è una fatica degna di Sansone

che potere in Parlamento e neppure il Pd - che puntava su Draghi al Quirinale - può cantare vittoria. Fra i protagonisti della partita anche Matteo Renzi ha dovuto ammainare bandiera (in alternativa a SuperMario, spingeva Casini), ma per quasi una settimana ha mostrato la stoffa del politico di razza in mezzo a tanti nani dall’ombra lunga. Peccato sia il peggior nemico di se stesso: non appena torna a galla, ne combina una che lo riporta a fondo. Talento sprecato. Ora non resta che augurare buon lavoro e lunga vita a Sergio Mattarella: farsi carico di quest’Italia e questa classe politica è una fatica degna di Sansone. Per fortuna, il bi-Presidente ha spalle incassate, sì, ma molto larghe e resistenti. L’unico rimpianto, forse, è aver perso l’occasione per compiere la più grande delle rivoluzioni: eleggere alla Presidenza della Repubblica una donna, infrangendo l’invisibile tetto di cristallo che garantisce la parità di genere sì, ma solo fino a un certo punto, non di più. L’idea era buona, ma è stata appoggiata sulle spalle sbagliate (sempre lì si ritorna…). La speranza è che la lezione sia servita: per raggiungere il traguardo, la prossima volta, anziché andare allo sbaraglio converrà organizzarsi e muoversi per tempo.

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